– Ermanno Vichi, la vecchia volpe della politica riminese, nel corso del congresso provinciale dei diellini che si è svolto domenica 11 marzo ha detto che “la Margherita deve diventare un partito contendibile”. Parola difficile “contendibile”, ma che forse più di ogni altra rende il senso di quale destino intenda costruirsi quel pezzo di centro.
Partito contendibile, nelle parole di Vichi, sta a significare uno di quei partiti non grandi ma che, schierandosi, fa la differenza. Fa sì, cioè, che una coalizione vinca o perda le elezioni. Vichi lo ha detto chiaramente: “Noi possiamo illuderci di essere un partito grande. In realtà siamo un grande partito di medie dimensioni. Ma siamo un partito contendibile, e dovremo esserlo sempre di più”.
Un messaggio che Vichi ha mandato, con estrema chiarezza, anche ai Ds assieme ai quali, tra breve, si andrà a creare il nuovo Partito democratico. All’interno di quella nuova aggregazione gli uomini che ora sono della Margherita, ha fatto capire Vichi, dovranno continuare a contare, con un peso che non necessariamente deve rispecchiare pedissequamente il peso elettorale, proprio perché se la Margherita non ci sta rischiano di saltare tutti i progetti.
E forse non è un caso che lo stesso ragionamento l’abbia fatto anche Mauro Ioli, il nemico storico di Vichi. “Ora la Margherita ha molti suoi uomini in ruoli di responsabilità e di potere. Quando saremo nel Partito Democratico dovremo continuare ad avere ancora molti uomini in ruoli di potere”. Discorso che qualcuno ha interpretato come un “raddoppio” di cariche: tra il 2009 e il 2011 la Margherita potrebbe avere sia il sindaco di Rimini (Ravaioli) sia il presidente della Provincia (il candidato naturale è Maurizio Taormina).
Vale la pena ricordare che, proprio in vista di quello che sarà, quasi sicuramente, l’ultimo congresso Dl, Ioli e Vichi abbiano fatto (anche se obtorto collo) la pace, dando vita ad un’alleanza che ha portato a congressi unitari, con conseguenti acclamazioni dei segretari di Rimini (Enzo Fabbri) e della Provincia (il giovane Gigi Bonadonna).
Insomma la Margherita non ha nessuna intenzione, neppure a Rimini, di disperdersi dentro il Partito Democratico. Vichi, Ioli, ma anche Fabio Zavatta, il sindaco Alberto Ravaioli, lo stesso Bonadonna, tutti coloro che sono intervenuti, hanno fatto capire che i princìpi, i valori, le idee storiche del partito cattolico, erede della Dc, non andranno persi.
Ma proprio qui sta il punto: tutti gli intervenuti al congresso della Margherita hanno posto l’accento, direttamente o indirettamente, sulle poltrone e sui valori (sì alla famiglia tradizionale, no ai Dico, no alla fecondazione assistita, non all’eutanasia?), mentre molto meno si è discusso, ad esempio, di urbanistica. Segno che conta di meno, o piuttosto che su quella, sul mattone, che simboleggia quelle politiche che portano soldi e di conseguenza consenso, tutti si è d’accordo.
I pochi accenti posti sull’urbanistica sono arrivati, tra i big della Margherita, da Zavatta e da Raffaella Guidetti al congresso comunale. Entrambi hanno giudicato indispensabile la fine di politiche quantitative, sul fronte urbanistico, in favore di politiche qualitative. Ma i loro interventi sono parsi di più un modo per mettere in difficoltà il sindaco di Rimini Alberto Ravaioli in virtù di schermaglie tutte politiche e legate a futuri organigrammi, piuttosto che ad preciso e forte impegno sullo sviluppo sostenibile.
E il timore che può venir spontaneo ad un elettore, che magari si aspetta un po’ di cambiamento dal Partito Democratico, è che l’unico cambiamento stia nel nome. Mentre le politiche, quelle che davvero contano, quelle urbanistiche ed economiche, continuino a farsi col vecchio metodo. Nascoste, magari, da un bellissimo dibattito etico-morale sui Dico.
di Francesco Pagnini