– Il 12 marzo scorso Cattolica ha vissuto un evento politico-culturale straordinario: l’incontro con Marco Travaglio (presentava il suo libro “Mani sporche”, scritto con Peter Gomez e Gianni Barbacetto). Oggi è il giornalista (e scrittore) di cronaca giudiziaria più famoso, rispettato e… temuto (dalla casta politica) d’Italia. Organizzava l’Associazione Arcobaleno di Cattolica. La sala del Kursaal è stata letteralmente “assalita” da circa un migliaio di persone. Gli oltre 300 posti a sedere erano esauriti già un’ora prima dell’inizio. In tanti sono rimasti nel corridoio, e alcune centinaia sono rimasti fuori ad ascoltare, grazie alla tempestività degli organizzatori nell’allestire degli altoparlanti all’esterno. Purtroppo, nonostante tutto, alcune centinaia di persone sono dovute ritornare indietro. Appena un mese prima Travaglio era stato a Riccione: alle ore 18 lo aspettavano circa 600 persone.
Si pone una domanda: come mai tanto successo di pubblico? Certo, Travaglio è un giornalista molto conosciuto per i suoi articoli sull’Unità, La Repubblica, L’Espresso, MicroMega, ecc. e per i suoi numerosi libri… ma, come succede spesso, il termometro della notorietà è salito da quando è diventato un personaggio televisivo. Basti pensare alla trasmissione Anno Zero, condotta da Michele Santoro.
Travaglio era già stato a Cattolica il 10 giugno del 2005, sempre invitato dall’Arcobaleno, dove aveva presentato il libro “Intoccabili” scritto con Saverio Lodato. La piazzetta della Gina era gremita da oltre 400 persone.
Il successo di Travaglio, dei suoi libri, aggiunto ad altri dello stesso stampo (la denuncia delle nefandezze della classe politica), come quello di Stella e Rizzo (“La casta”), ci inducono a pensare che, nonostante tutto, c’è una gran parte di cittadini che seguono con interesse e passione queste denunce. Non è, come si vuol far credere, l’onda dell’antipolitica, ma un bisogno crescente di buona politica. L’analisi di Travaglio è spietata: “Dopo 15 anni da Tangentopoli la situazione è come prima e peggio di prima”.
“Il Berlusconismo ha infettato tutti, in particolar modo quel centrosinistra – ha detto Travaglio – che dovrebbe combatterlo”. Lo si è visto nei due anni di governo Prodi: nessuna legge vergogna e ad personam è stata abrogata; sul conflitto d’interesse l’iniziativa è stata pari a zero. In compenso quasi all’unanimità, i partiti hanno votato un indulto che aveva l’unico inconfessabile scopo di togliere dai guai, non i poveri cristi che affollano le carceri, ma gli amici degli amici dei politici che hanno rubato, corrotto e via a delinquere.
Anzi, mentre milioni di cittadini scendevano in piazza a manifestare contro Berlusconi, nel 2005 abbiamo poi saputo, grazie alle intercettazioni telefoniche (che adesso si vogliono ridimensionare), che alcuni big dei Ds, Fi e coop. rosse, con la complicità del Governatore della Banca d’Italia Antonio Fazio e dei lugubri furbetti del quartierino, tifavano per le scalate bancarie, poi risultate irregolari. Obiettivo: spartirsi banche e gruppi editoriali?
Oggi quei magistrati coraggiosi (Clementina Forleo e Luigi De Magistris) che hanno osato toccare alcuni grossi nomi della casta (dal centrosinistra al centrodestra), vengono umiliati e processati come dei delinquenti. Travaglio sottolinea l’ipocrisia dei politici quando sbraitano sul malfunzionamento della giustizia, incolpando i giudici. Ma le leggi le fanno i politici, non i giudici! Sono i politici che per salvaguardare la loro casta e i propri amici, legiferano per svilire e inceppare la macchina della giustizia. Ormai nessun processo arriva alla sentenza definitiva, perché prima arriva la prescrizione. E quando questa non basta, ecco che la casta si accorda su amnistie, indulti e condoni di ogni genere.
Ora si pone un’altra domanda. I vertici del centrosinistra è dal 1994 che ci dicono che “Berlusconi è un pericolo per la democrazia”. Bene, in tanti si sono fatti carico di questa emergenza con migliaia di iniziative, favorendo per ben due volte la conquista del governo al centrosinistra (1996 e 2006). Travaglio lo dice e lo scrive ripetutamente: non una legge, non un atto è stato fatto che abbia cercato sul piano legislativo di disinnescare quella pericolosità. Anzi, più volte Berlusconi nei suoi momenti di maggiore difficoltà è stata salvato dagli uomini dei Ds. D’Alema con la Bicamerale durante il primo governo Prodi e recentemente Veltroni inseguendo il Berlusca nel concordare riforme istituzionali, dandogli così una patente di fidato e autorevole statista. Degli affari che facevano insieme e degli innumerevoli inciuci… velo pietoso…
Con questi comportamenti incoerenti i cittadini capiscono solo una cosa: che sono proprio i vertici del centrosinistra che non credono più che Berlusconi sia un “pericolo per la democrazia”. Bella coerenza!
Dulcis in fundo l’avventura veltroniana del “corriamo da soli” e “finalmente liberi”, che va a buttare a mare il progetto del grande Ulivo e dell’Unione per tagliare in modo sprezzante i ponti a sinistra (però corteggiata nelle alleanze nei comuni, province e regioni). Come giustificherà l’esito di una probabile sconfitta? Questo porterà sventura a tutto il centrosinistra e per la stessa idea di sinistra.
Il Pd in nome di un interclassismo tutto democristiano con al centro la vecchia logica dello sviluppo, della ricchezza, della supremazia del mercato… ricorda il craxismo degli anni Ottanta. Anche Craxi tagliò i ponti con la sinistra (Pci). Poi sappiamo bene cosa divenne il Psi: il ricettacolo di arrivisti, ambiziosi e lestofanti. E poi come è andato a finire…
Siamo in clima elettorale, le promesse vengono sparate a mitraglia. Uno si chiede: ma visto che, chi prima e chi dopo, siete stati tutti al governo, perché le cose che promettete oggi non le avete fatte quando era ora? Come direbbe Marco Travaglio, cari Silvio Bellachioma (alias Berlusconi) e Uòlter (alias Veltroni), state diventando, grossomodo, le facce di una stessa medaglia: la casta.
La domanda che aleggia dopo avere ascoltato Travaglio o visto una trasmissione di Report, è questa: ma cosa possono fare i cittadini contro le malefatte della casta? Qualcosa si può fare. Trasformare l’indignazione e la rassegnazione in organizzazione, in una rete che parta dal locale, per controllare, opporsi, lottare, pretendere trasparenza, per conoscere le scelte che coinvolgono i cittadini e come vengono spesi i loro soldi nella gestione della cosa pubblica. Cittadini, partecipate, date una mano a quelli che si stanno impegnando quotidianamente. Dalla propria città, e poi su su fino al governo nazionale. Parola d’ordine: Partecipazione.
di Ecci