«La Chiesa in nessuna maniera si dovrebbe confondere con la comunità politica e non legata ad alcun sistema politico» (Gaudium et spes, 76).? L’affermazione conciliare pone fine a qualsiasi collateralismo fra comunità cristiana e partiti politici
Più che indicare quale appartenenza, è bene richiamare, come faceva Giovanni XXIII, il valore del discernimento e della prudenza per raggiungere scopi economici, sociali, culturali, politici, onesti e utili al vero bene della comunità
LA RIFLESSIONE
di Iglis Selvagno
– Forse ci siamo. Forse la chiesa si sta svegliando. E’ solo di pochi giorni fa l’intervento dell’Osservatore Romano che benediceva il PdL come la formazione politica che “è maggiormente in grado di esprimere i valori comuni della popolazione italiana, tra i quali quelli cattolici costituiscono una parte non secondaria”.
Se l’articolista desse una occhiata ai sondaggi che appaiono sui Tg-sky, che per la verità non hanno nulla di scientifico, forse cambierebbe opinione quanto ai valori cattolici espressi da chi si prende la briga di rispondere ai quesiti posti. Secondo questi sondaggi la stragrande maggioranza risponde che, sì, ha fatto male il governo ad accogliere il barcone di disperati che avevano creato tensione con Malta quanto a chi dei due Paesi dovesse accoglierli e che invece aveva fatto benissimo successivamente quando, con un atto che probabilmente qualche norma di diritto internazionale ledeva, aveva agganciato in acque internazionali un barcone di esuli, conducendolo forzosamente in quel paese, noto a tutti come campione di diritti umani e civili, che è la Libia.
Pare che il nostro leader maximo, Silvio, alle contestazioni piovute dall’Onu e da altri organismi internazionali si sia poi affrettato a dire, evidentemente disponendo di capacità divinatorie, che su quel barcone c’erano solo delinquenti e non certo richiedenti asilo politico.
Comunque, certo, Berlusconi rispecchia l’opinione di gran parte del popolo italiano viste le percentuali che gli assegnano quotidianamente i sondaggi. A proposito di questi, ricordate la matrigna di Biancaneve che poneva ogni giorno al suo specchio la medesima ossessiva domanda: “Specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?”. Vera e propria malattia ante litteram.
In realtà la chiesa da tempo avrebbe dovuto rendersi conto del divario esistente, anche in quella frangia di assidui ai sacramenti, fra la rispondenza ai principi evangelici e l’appartenenza a una cultura e a una società che di evangelico aveva ormai molto poco. Di questo avrebbe dovuto preoccuparsi e non chiudere gli occhi o comunque minimizzare un fenomeno che sta prendendo sempre più piede anche perché creato ad arte con molta disinvoltura da alcune forze politiche alla caccia di consensi elettorali, instillando paura e gridando all’untore.
Sembrava che qualcuno avesse strappato dai testi sacri pagine fondamentali: “Ricordati che sei stato forestiero in Egitto”, “Venite benedetti dal padre mio, perché ero forestiero e mi avete ospitato (Mt. 25,35)”, “Non dimenticate la philoxenia (l’amore per lo straniero); alcuni, praticandola, senza saperlo, hanno accolto degli angeli (Eb. 13,2)”.
Poche voci sentivo alzarsi da parte della mia Chiesa in difesa di questi sventurati fuggiti da fame, persecuzioni, miseria, assenza di futuro; poche voci e sempre occasionali. Poche lacrime da parte della mia chiesa su tutti quei nostri fratelli i cui cadaveri hanno fatto del Mediterraneo un grande cimitero. Certo, nessuno può scordare l’impegno delle Caritas, delle parrocchie, del volontariato ecc? Ma è anche e soprattutto sul piano del diritto e della giustizia che bisogna far sentire la propria voce e gridare con insistenza.
Ora questo momento sembra arrivato dopo il via libera della Camera al Pacchetto Sicurezza che prevede, tra l’altro, il reato di clandestinità, il prolungamento dei tempi di detenzione nei centri di accoglienza fino a 180 giorni, il carcere per chi affitta agli immigrati irregolari, il registro per i senza fissa dimora. In attesa del passaggio definitivo in Senato, per la sua trasformazione in Legge, che dovrebbe avvenire entro maggio, molte associazioni, organizzazioni (Fondazione Migrantes, Caritas Italiana, Comunità S.Egidio, Acli, Centro Astalli, Comunità Papa Giovanni XXIII) e testate cattoliche hanno reagito esprimendo forte indignazione.
Ecco alcuni passaggi dell’editoriale di Famiglia Cristiana n.21 del 24 maggio: “Lo ‘stigma’ del reato di clandestinità crea le condizioni perché i migranti vengano messi fuori dal consorzio umano. Si continua ad attizzare il fuoco della paura, tutto per una manciata di voti in più. Abbiamo trasformato il migrante in ‘diverso’, in nemico. La deriva xenofoba che sta prendendo piede in Italia dovrebbe preoccupare tutti, i cattolici in particolare”.
“Con il voto di fiducia sul pacchetto sicurezza – prosegue l’editoriale – il Parlamento è stato espropriato della libertà di coscienza su un tema molto delicato che riguarda la vita di uomini, donne e bambini”. “L’auspicio è che i senatori, nell’esaminare il testo che ora approda a Palazzo Madama – conclude il settimanale dei paolini – siano più lungimiranti dei loro colleghi di Montecitorio, e tengano presenti le osservazioni dell’Onu, togliendo il sigillo xenofobo che una minoranza politica ha imposto al Paese”.
E monsignor Giuseppe Nervo, primo direttore di Caritas italiana, così denuncia: “I diritti umani degli immigrati sono stati violati in vari punti del pacchetto sicurezza… siamo in una situazione di grande decadenza culturale, politica e morale”.
Finalmente anche la Cei è intervenuta sulla questione. Per la Cei il disegno di Legge sulla Sicurezza resta ambiguo anche dopo aver subito “significative correzioni”. I respingimenti vengono giudicati una “prassi controversa”. E comunque al di là di ogni misura politica adottata, resta fondamentale “il valore incomprimibile di ogni vita umana, la sua dignità, i suoi diritti inalienabili. Accanto a questo valore dirimente, ce ne sono altri, come la legalità, l’affrancamento dai trafficanti, la salvaguardia del diritto di asilo, la sicurezza dei cittadini, la libertà per tutti di vivere dignitosamente nel proprio Paese, ma anche la libertà di emigrare per migliorare le proprie condizioni”.