IL LIBRO SENTENZA
di Enzo Cecchini
– Piergiorgio Morosini, è una di quelle persone che ti fa sentire fiero di essere italiano in questo Paese di furbastri. Ancora di più se è un cattolichino, un grande amico che abita poi a pochi passi da casa tua. E’ ancora fresco di stampa il suo libro edito dalla casa editrice Rubbettino dal titolo “Il Gotha di Cosa nostra – La mafia del dopo Provenzano nello scacchiere internazionale del crimine”. I proventi del libro verranno devoluti all’Associazione Italiana contro le leucemie (A.I.L.). Toccante la dedica del libro: “Ai magistrati caduti per non avere mai smesso di credere nella giustizia”.
Piergiorgio Morosini, 45 anni, è magistrato dal 1993. E’ giudice delle indagini preliminari presso il tribunale di Palermo. Titolare di numerosi processi a Cosa nostra, è stato estensore di sentenze relative ai capi storici della mafia (Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella). Si è occupato di infiltrazioni mafiose nella sanità, negli appalti di opere pubbliche, nella politica e nella giustizia. E’ autore di articoli e commenti in materia di giustizia penale e criminalità organizzata per le riviste “Questione giustizia”, “Diritto penale e processo”, “Foro italiano”. Ha fatto parte della Commissione ministeriale per la riforma del codice penale dal 2006 al 2008. E’ docente di Diritto penale presso l’università LUMSA di Palermo nella Facoltà di Sociologia. E’ componente del comitato direttivo e della giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati (A.N.M.).
Il libro di Morosini potrebbe essere sintetizzato così: “Intercettazioni, boss, sogni di dominio in una sentenza”. La sentenza è proprio quella di Morosini. Boss, imprenditori, politici e traffici. Passato e presente. Tante storie nello spartito di un’unica storia, quella dell’intramontabile Cosa nostra. E’ scritta nell’operazione Gotha, che decapita la direzione strategica della mafia.
Qual è il messaggio di questo libro-sentenza? “Sulle cose delicate come la criminalità mafiosa – dice Morosini -, è bene fare parlare dati, atti e prove documentate. Va capito che dietro l’apparenza di comportamenti folcloristici, gli uomini di mafia sono funzionali al sistema di potere. Un sistema dove convive un fitto intreccio tra politici, imprenditori, uomini d’affari e professionisti. La forza della mafia si avvale dell’illegalità diffusa che permea parte consistente dei comportamenti sociali. Queste infiltrazioni sono arrivate dentro le istituzioni locali e nazionali. Va capito che la mafia non è un fenomeno che non si può relegare alla Sicilia, ma è un fenomeno nazionale e internazionale di estrema gravità”.
La prefazione del libro porta la firma di Francesco Forgione, l’ex presidente della Commissione nazionale antimafia. “La sentenza del giudice Morosini porta a compimento, con un giudizio penale e centinaia di anni di reclusione, la più importante operazione del dopo-Provenzano e poi svela, grazie al lavoro degli investigatori della Squadra Mobile e della Procura di Palermo, un vero e proprio sistema di relazioni sociali, economico-imprenditoriali, politiche e istituzionali costruite nel tempo e tese a traghettare definitivamente Cosa nostra in una nuova stagione di inabissamento sociale e in una nuova dimensione internazionale”.
“La sentenza del giudice Morosini è scritta per essere letta, non solo per motivare le giuste e necessarie condanne dei protagonisti di una storia criminale. Questa sentenza non è importante solo per i suoi contenuti, per lo squarcio di verità che propone su uno spaccato importante del sistema mafia, ma anche per la sua struttura narrativa”.
Chiaro e illuminante il messaggio di Francesco Forgione: “La politica non può arrivare sempre dopo la magistratura, e arrivarci o per autodifendersi per le scelte compiute nella selezione delle proprie classi dirigenti o per attaccare la credibilità delle inchieste e dei giudici. Partiti e politica debbono ripulire se stessi”.
Emblematica la citazione riportata di Paolo Borsellino: “Politica e mafia sono due poteri che vivono sul controllo dello stesso territorio: o si fanno la guerra o si mettono d’accordo”.