– La politica: una guerra senza spargimento di sangue. Prima ancora che fuori, la si combatte all’interno dei partiti. Un’epidemia che non risparmia nessuno: un valzer turbinoso sia nella parrocchia del centrosinistra, sia in quella del centrodestra. A livello locale, come a Bologna. Nei palazzi romani, naturalmente, per gli alti interessi, è peggio.
Questo contraddistingue la politica locale di oggi: sia nelle parrocchie del centrosinistra, sia in quelle del centrodestra. Ma come mai si è giunti a questo livello? Un tempo era meglio? C’era più correttezza? Soprattutto, come uscirne?
Il centrodestra deve ancora scegliere il candidato a presidente della Provincia di Rimini. Sergio Pizzolante, Forza Italia che battaglia con Oronzo Zilli, An. E sempre per restare in casa loro, altrettanto avviene nei Comuni del territorio: da Riccione a Misano, passando per Cattolica, San Giovanni o Morciano.
Nel centrosinistra forse è peggio. Le primarie hanno messo tutti contro tutti. Chi ha perso parla di furbate. Soprattutto chi ha vinto vuole governare senza tener conto dei compagni di casacca sconfitti. Sergio Gambini, Pd, ex parlamentare, bella mente, che si scaglia contro Maurizio Melucci, vice-sindaco di Rimini, nonché compagno di avventura politica da decenni.
Già consigliere comunale a Cattolica, Giona Di Giacomi è uno tra i massimi esponenti di Sinistra critica. La sua analisi è ad alzo zero: “I partiti di sinistra si sono trasformati in apparati. Siccome perdono voti e ci sono sempre meno posti, lo sgomitamento e lo scontro interno è aumentato. Se tornassero a pensare alla politica come servizio, litigherebbero di meno. Purtroppo non sarà così”.
Marco Lombardi è consigliere regionale eletto in Forza Italia ed ambisce ad essere candidato come presidente della provincia. In casa Pdl c’è molto caos. Oronzo Zilli, An, ha la stessa mira. Afferma Lombardi: “In casa nostra, il litigio nasce dal fatto che ci sono della candidature autorevoli ed è difficile far rinunciare qualcuno. La nostra candidatura è per conquistare la Provincia. Per raggiungere l’obiettivo bisogna allargare il Pdl alla Lega nord, all’Udc e quell’elettorato scontento di area Pd, che mal digerisce questo spostamento sempre più a sinistra. E chiunque non può intercettare quest’elettorato, perché c’è chi ha una storia e chi ne un’altra”.
“L’altra ragione di scontro – continua Lombardi – è una questione di principio. Per noi le decisioni delle candidature devono passare attraverso il direttivo del Pdl, dove siamo 70 (Forza Italia) e 30 (An). Solo che An afferma che non può essere il direttivo a decidere. Credo che il voto vada usato con intelligenza e che non può essere una prova di forza”.
Giuseppe (Peppe) Roberti è stato consigliere provinciale della Dc e dentro al potere vero. Una persona perbene. Da professore in pensione dagli orizzonti alti, argomenta: “La politica è litigiosissima perché oramai si è allontanata dalle persone. E’ uno scontro tra chi si è autonominato tenutario del potere, e che quindi è lì non per delega democratica ma per l’aver occupato parte di istituzioni. Tra la classe politica ed i cittadini manca un rapporto dialettico e democratico. Insomma, chi amministra il potere non deve dar conto a nessuno. E tra loro è un’autentica guerra di bande”.
“Il potere dei partiti di massa, Dc e Pci – continua Roberti – non è stato sostituito da forme capaci di coinvolgere il cittadino alla vita politica. Come se ne esce? Come in ogni epoca della storia: alla fine di un percorso si tocca terra e da lì si può ripartire. Solo che il fondo non lo abbiamo toccato; dobbiamo scendere ancora. Il rischio che corriamo è una involuzione autoritaria, per il fatto che l’appartenenza, il consenso, non è il frutto di scelte consapevoli e autonome, ma viene acquisito per mezzo di campagne elettorali che assomigliano alla vendita di un semplice prodotto di mercato. Ci deve essere la consapevolezza che il voto e la partecipazione sono l’unica garanzia e che la convivenza si basa su un patto sociale. Tutto questo, oggi, non esiste. La conseguenza è che ci troviamo con una politica senza etica e senza cultura”.
Massimo Masini, Pd, ex sindaco di Riccione, attuale presidente di Aeradria. “Sono contrasti – riflette Masini – più di potere-non potere che sui contenuti. Più personalismi che altro. La deideoligizzazione ha portato aspetti positivi ma anche negativi, come il potere per il potere in quanto tale. Dall’esterno capisci che emergono gruppi, posizioni, ma spesso non se ne ha il quadro chiaro.
Non sarebbe negativo se il dibattito fosse politico-culturale, invece è legato alla personalizzazione e alla forza del tale dirigente. Nel vecchio Pci, per restare in casa della sinistra, il dibattito era tutto interno e con una forte base politico-culturale, oltre che ideologica. Come non ricordare le differenze tra i seguaci di Ingrao e quelli di Amendola. Se uno chiedesse quali sono i tre aspetti che caratterizzano quel dirigente da un altro, sarebbe difficile far emergere differenze sostanziali. C’è anche una differenza culturale. Nei giovani degli anni ’70, i ruoli di partito erano superiori a quelli amministrativi. E quando Pierani venne scelto per fare il sindaco, c’era chi sosteneva che doveva fare il segretario di partito e al suo posto, quello di sindaco, sarebbe stato meglio Gualtiero Masi. Oggi, i giovani vogliono subito un impegno amministrativo”.
Gioenzo Renzi, Pdl, consigliere regionale eletto con An: “In casa del Pdl i contrasti sono dovuti a questa fase particolare, di unificazione tra Forza Italia, An ed i Popolari di Giovanardi. In questo momento siamo alle prese con i congressi; solo che fino a quando non avremo lo statuto, delle regole ben definite i contrasti continueranno. Ed anche il coordinamento provinciale ancora non è stato legittimato dagli iscritti”.
Claudio Battazza, già sindaco di Montefiore, è il segretario del Pd della Valconca. Questa è la sua chiave di lettura: “I partiti sono altro rispetto al passato. Non ci sono più gli ideali, i concetti forti, l’ideologia, che tengono insieme le persone, superando i personalismi. Oggi, questi valori sono meno sentiti. Poi c’è tutta la situazione a livello nazionale: sempre più personalizzata rispetto alle idee, ai progetti. La politica è diventata uno spettacolare spot pubblicitario; quando invece dovrebbe essere un aperto confronto sulle idee, sui programmi, su una visione di società. Insomma, si cerca di emergere anteponendo la forza della persona a quella dei contenuti”.
“Ora – prosegue nella sua analisi il segretario della Valconca – siamo ad un bivio. O tentiamo di ricostruire i partiti e si torna a discutere del modello di futuro, il modello di sviluppo, il modello di economia, oppure siamo tutti sconfitti. I temi vanno riportati al centro e su questi cercare di stare insieme. L’alternativa, è che i partiti possano diventare dei semplici comitati elettorali che si riuniscono prima delle elezioni e appoggiano tizio o caio in base ai benefici personali che ricevono”.
Riflessioni
Che fare? La democrazia senza i partiti non esiste. E’ qualcosa d’altro, qualcosa che gli rassomiglia. Per i partiti passano le civiltà di una comunità, il suo bene comune, il suo sentirsi nazione. Nel partito si elaborano idee e si seleziona la classe dirigente.
E’ uno dei punti forti del pensiero liberale. Invece, negli ultimi anni in Italia si è assistito ad una veloce disentegrazione dei partiti; con un litigio sempre più acceso, con una personalizzazione sempre più forte. I politici “fanno quello che noi gli permettiamo”.