Quel Piccioni in giunta – Nominata subito dopo l’esito del ballottaggio in provincia la nuova giunta comunale. Spicca il nome di Bruno Piccioni come assessore all’Urbanistica e all’Edilizia, un nome sopra le parti, indipendente e al di fuori della scena politica, ma ben radicato nella realtà riccionese per la professione che ha sempre svolto con grande serietà e preparazione. Con questa nomina Pironi ha sorpreso un po’ tutti, avrà pensato di mettere ordine in un settore che da sempre è il più delicato per i rapporti che si instaurano tra gli impresari del mattone e la classe politica; le critiche rivolte in questi ultimi anni dalla città alla precedente amministrazione, erano legate soprattutto alla gestione degli strumenti urbanistici, con politici troppo magnanimi nei confronti dei privati: ora si cambierà pagina, tra le prime cose che saranno affrontate ci sarà la nuova Piazza Unità che ha agitato molti riccionesi. Piccioni ha spalle larghe, onestà e capacità di giudizio, il suo successo sarà il successo di tutta la città.
Socialisti in giunta – Delusi i socialisti per aver perso l’assessorato all’Urbanistica; il bello è che hanno anche minacciato di non entrare in giunta, scatenando tra gli addetti ai lavori sonore sghignazzate. Oddio, non sono cascati male, Lavori Pubblici e Demanio sono sempre un bell’andare. Un premio forse inaspettato visto che con la scelta di non sostenere Vitali alla presidenza della provincia, hanno costretto gli elettori della provincia a tornare a votare per il ballottaggio; al primo turno, a Vitali sono mancati i voti dei socialisti che hanno sostenuto l’avventura di Taormina. Un partito (il Pd) con le palle, avrebbe sbattuto fuori i socialisti da tutte le giunte di centrosinistra, oppure avrebbe assegnato loro le deleghe alle varie ed eventuali e all’aria fritta, nulla di più.
Gli assenti in giunta – Mancano in giunta i sostenitori di Fabio Galli, fonti bene informate riferiscono che hanno rinunciato nell’ordine Stefano Piccioni e poi Pruccoli. Non è un bel segnale, per la giunta, per il Pd, ma neanche per la città. E’ grave quando in un partito non si riesce a fare prevalere l’interesse della collettività rispetto a quelli di bottega, significa che in parte di quella classe dirigente ancora non c’è la cultura necessaria per governare una comunità. Ci ha provato in tutti i modi il segretario del Pd, ma ha trovato porte chiuse in entrambi gli schieramenti. Peccato, così tra le due aree del partito (chiamarle fazioni ci sembra esagerato) non ha vinto nessuno, con più senso di responsabilità avrebbe tutti vinto e convinto.