– Tutto ebbe inizio più di 50 anni fa sul ponte del fiume Aare, che attraversa Aarburg, una splendida cittadina di 5mila abitanti in Svizzera. Allora eravamo in pochi, noi italiani, e dopo il lavoro il ponte era il nostro punto di ritrovo. Ma, giorno dopo giorno, gli arrivi dall’Italia aumentavano e presto ci ritrovammo in un migliaio, tra ragazzi e ragazze. Per lo più, noi ragazzi eravamo dipendenti della Franke, ditta metalmeccanica molto grande, e le ragazze della Weber, industria tessile altrettanto grande.
Fu in quel periodo che qualcuno pensò di mettere su una squadra di calcio, tutta formata e diretta da italiani. Di certo la “materia prima” non mancava… All’inizio eravamo quasi tutti del nord, poi incominciarono ad arrivare anche i meridionali.
II Circolo italiano “Gavini” fu fondato in seguito; Gavini era un giovane veronese che militava nella Banana quando una misteriosa malattia in breve tempo lo stroncò, a soli vent’anni. In suo ricordo, fu dato il suo nome al nostro circolo.
Il paese non offriva allora molti svaghi, così tutto si concentrava nella squadra di calcio. Ogni domenica, tutti al campo sportivo a tifare per la Banana, che ricambiava con grandi prestazioni. Nacquero così grandi amici ma soprattutto si formarono le prime coppie “miste” tra i giovani del nord e quelli del sud, dando inizio alla prima integrazione, subito seguita anche da quella con gli svizzeri. Quest’ultima, alla fine, non fu poi così difficile, visto che alle ragazze svizzere piacevano i nostri italiani, mentre i giovani erano molto attratti dalla elegante bellezza delle italiane. I matrimoni si moltiplicavano, e quello tra Doris Moor e Renzo Brugnoli, sposati da oltre cinquant’anni, è ancora un mito.
Malgrado i sacrifici eravamo sereni e direi anche felici, vivere in comunità non era difficile, e usavamo interessante scoprire usi e costumi così diversi dai nostri. Eravamo giovani, e pensavamo che nulla potesse cambiare, ma non avevamo fatto i conti con la nostalgia di casa.
La “patria”, anche un po’ disgregata com’era, aveva un forte richiamo; così, verso la metà degli anni ’60, cominciarono i primi rientri. Per noi tutti era sempre un forte dispiacere vedere gli amici partire. I fratelli Calesini e Ciarli Sabattini, romagnoli doc con i quali si era instaurata sincera amicizia e reciproca stima, furono tra i primi ad andarsene. Al rientro in Italia, si inserirono con successo nel settore alberghiero presso Riccione e Misano Adriatico. La nostra affettuosa amicizia non si disperse mai provavamo molta ammirazione per il loro successo, frutto di grossi sacrifici e tanto lavoro, ed ogni volta che potevamo, trascorrevamo volentieri con tutte le nostre famiglie le vacanze estive nel loro alberghi. Fu proprio durante una di queste gioiose vacanze che, con Ciarli e i fratelli Calesini, si pensò ad un incontro “più allargato” fra ex-emigranti. Il Veneto ci sembrò la sede ideale, così il 20 novembre ’99 al Ristorante Battistella di Portoruffole (Treviso) ci siamo ritrovati in duecento, arrivati a gruppi dal Friuli, Lombardia e Romagna, ma anche singolarmente da molte altre regioni. Si unì a noi persino una delegazione svizzera. Fu una giornata memorabile. Indimenticabile! Tanto che l’anno seguente decidemmo di replicarla a Misano, presso l‘albergo della famiglia Calesini, il “Tivoli”. Da allora, a fine settembre di ogni anno, puntualmente ci ritroviamo numerosi al “Tivoli”.
Nel 2008, abbiamo avuto la graditissima sorpresa di ricevere un’importante convocazione da Aarburg. Il presidente del Circolo italiano “Gavini”, Michele Falco, ci ha invitati alla grande festa organizzata per il 50° anniversario della nostra grandissima squadra di calcio, la “Banana”. Ovviamente, abbiamo risposto con grande entusiasmo e siamo partiti con tre grossi pullman, di cui uno organizzato da Enzo Calesini per la Romagna e due da Raffaele Buriola per il Veneto e il Friuli. Durante il percorso, tappe obbligate a Verona, Brescia, Bergamo e Parma hanno permesso a diversi anici, tra cui Giacomino (ex bananista) e moglie arrivati apposta dalla Sicilia, di unirsi a noi.
Per qualcuno, questo era il primo “viaggio del ricordo” dal rientro in patria per tutti furono tre giorni di grandi emozioni. Quanta nostalgia… Tornare su quel ponte che ci aveva visto ragazzi. Camminare lungo il fiume Aare, dove avevamo corteggiato le nostre ragazze. Poi diventate mogli e madri.
I passi erano lenti, ma i ricordi ancora molto vividi. Fino alla serata finale, carica di forti suggestioni: la grande sala comunale con le autorità svizzere e il console italiano. I discorsi ufficiali, lo scambio di riconoscimenti e ringraziamenti reciproci. Il presidente Falco, che ricordavamo bambino all’epoca della fondazione del Circolo. Gli ex datori di lavoro, i vecchi padroni di casa, il dottore e persino il poliziotto che ci aveva fatto “rigare dritto”. Gli amici ritrovati, e quelli che avremmo potuto ritrovare, assenti non per loro volontà ma tuttavia presenti nel ricordo e nel pensiero.
Dagli occhi degli amici rimasti ad Aarburg per scelta o per necessità, l’orgoglio di presentare i propri figli, si mescolava alla giusta fierezza per i successi raggiunti dalle nuove generazioni: chi direttore di banca, chi dirigente d’azienda, chi imprenditore: traguardi inimmaginabili per i giovani emigranti italiani, arrivati negli anni ‘50 con solo una valigia di cartone e tanta voglia di lavorare.
Italiani, svizzeri, spagnoli portoghesi. Tante lingue e tanti costumi diversi. Nel guardare quella sala gremita di persone così affiatate affioravano dentro ciascuno di noi sentimenti di reciproco rispetto. Laddove è voluta, l’integrazione è possibile: questa la mia riflessione.