Prima foto – Cattolica, 1930 circa. I bagnini della spiaggia di Levante.
Da sinistra: Pietro Bacchini, Letizia Bacchini, Lina Bacchini, Silvio Antonioli, Giovanni Della Santina, Giovanni Luccarelli.
(Archivio fotografico Centro Culturale Polivalente di Cattolica)
Seconda foto – Cattolica, 1930 circa. Il bagnino della spiaggia di Ponente Nazzareno Tonti “Menelik” (a destra) con i figli Marcello, Aldo e Roberto. In piedi sul moscone (due villeggianti). (Archivio fotografico Centro Culturale Polivalente di Cattolica)
LA MOSTRA
di Annamaria Bernucci
– Basta scorrere gli appellativi per rendersi subito conto che si tratta di una categoria speciale: Menelik, Basamadòn, Vulpén, Baganlòn, Ciandréc e via andare. Una caratteristica fisica, un tic, un comportamento particolare era pretesto per un nome che sarebbe rimasto nel tempo. Sono i bagnini e da quei soprannomi popolari, poi identificativi di una famiglia per generazioni a seguire, viene fuori una vita dedita al mare e alla spiaggia.
Tutto ha inizio quando dalla seconda metà dell ‘800 prende avvio la pratica della balneoterapia a fini salutistici e frotte di aristocratici di mezza Europa furono calamitati verso le spiagge più alla moda; la frontiera territoriale è la spiaggia, sdoganata, come si direbbe oggi, dall’essere luogo secolarmente insicuro e di passaggio per trasformarsi in luogo ameno, di piacere e di svago quando anche i raggi del sole (l’elioterapia) divennero per la scienza medica curativi. Il mestiere del bagnino nasce allora.
I bagnini, affidatari dell’arenile per la manutenzione e la pulizia montavano i capanni di legno, raccoglievano l’almadira dalla battigia dopo le mareggiate; sono uomini che hanno conosciuto il mare e lo hanno affrontato e sfidato per lavoro e nutrimento. In tanti, scesi dalle campagne del circondario, dalla Valconca e dagli altri paesi, anche del riminese, sono diventati pescatori d’inverno e custodi delle grandi ville cresciute sull’arenile, d’estate.
Anche battellanti, con le loro lance, oggi sostituite dai cutter, note come battelli da valle (per via del vento di valle, ossia la brezza mattutina che spira lungo la costa dalla punta di Gabicce) per portare in mare in gita a vela i villeggianti durante i mesi estivi, in coincidenza col cautelare fermo pesca.
I bagnini sono stati da subito attenti conoscitori delle esigenze dei bagnanti, garantivano assistenza a incauti o deboli nuotatori durante il bagno, piantavano i picchetti delle tende parasole orientandole per lenire la calura, si guadagnarono anche un posto nel firmamento delle mitologie italiche per le premure e le evasioni erotiche riservate alle turiste. Poi vennero le concessioni demaniali e l’autonomia del mestiere.
I bagnini di Cattolica (come quelli di Rimini e di Riccione) sempre più numerosi riunirono le loro forze fondando cooperative. Bagnini non più assunti dai ricchi aristocratici, dai notabili borghesi che chiudevano le ville durante i mesi freddi, ma protagonisti, a partire dal secondo dopoguerra, di quella grande stagione che ha il suo apice in quel periodo storico – dal 1953 al 1963 – che segna la nascita del turismo di massa e dell’espansione economica e produttiva della riviera.
Una storia tutta adriatica grazie alla tenacia e spesso alla simpatia di questi ruvidi personaggi che hanno lasciato un segno nella memoria balneare e vacanziera di decine e decine di forestieri e turisti è raccontata in una mostra dal titolo ‘Bagnini, un mestiere antico per il turismo’ (Galleria Comunale S.Croce, 23 luglio-30 agosto 2010).
Ciò che emerge dalle ricerche è una inedita documentazione fotografica (che porta la firma dell’Istituzione Culturale della Regina), dagli album familiari, dai racconti e dalle testimonianze degli anziani grazie alla passione di Dorigo Vanzolini da anni impegnato nella ‘ricostruzione’ umana e antropologica, identitaria e visiva del paese di Cattolica.
A lui si deve la crescita esponenziale dell’Archivio Fotografico del Centro Culturale che raccoglie le testimonianze fotografiche e iconografiche di Cattolica e dintorni, Valconca e Gabicce. Ci sono tutti i bagnini che hanno fatto la storia della spiaggia: Cesare Bacchini, custode con il fratello Costantino della Villa Majani Marconi, ritratto a piedi nudi negli anni ’30 nella spiaggia antistante la villa, la cui soffitta divenne luogo dei ‘misteriosi’ esperimenti del giovanissimo Guglielmo Marconi; o Andrea Bertozzi paron e armatore del motoveliero Don Bosco che d’estate affidava a terzi la conduzione della sua barca per meglio accudire la spiaggia per i turisti. Giuseppe Belemmi, detto Rugg, classe 1874, fiero sulla sua lancia da passeggio e Cesare Fuzzi, classe 1871 accanto alla moglie Lucia Moretti colto in un momento di riposo tra le cabine del suo stabilimento.
Qualche anno fa Marco Morosini, designer e fotografo, cresciuto alla scuola di Oliviero Toscani (nota anche col nome di Fabrica) ideò un fotolibro con immagini patinatissime dedicato ai bagnini della riviera romagnola: DividiRimini era intitolato, come nuovi eroi, ma del turismo nazionale. Una serie di volti, asciugati dal sole, dagli antichi tratti di eredità marinara e contadina, ma anche fisionomie più contemporanee con attributi muscolari e pose da costa atlantica autentici baywatch nostrani sfilano alla luce rarefatta dei tramonti adriatici.
Con questa mostra si indaga invece sugli avi e i pionieri che hanno fatto crescere il mestiere bagnino, figura indiscussa della vita balneare, custode della spiaggia (luogo del divertimento, della ricreazione fisica e della salute) e dei bagnanti, co-protagonista dei riti e delle mode delle vacanze.