MORCIANESI
– Lo scorso 20 novembre, Lino Lacedelli è scomparso poco prima di aver compiuto 84 anni. Conquistatore del Monte K2 sarebbe bello ricordare ancora quella gloriosa impresa la cui necessità di essere rievocata stupiva lo stesso alpinista ampezzano.
di Matteo Bonetti
– Chiedo innanzitutto scusa per la forma diretta del racconto, ma ricordare quanto a me accaduto circa otto anni fa servirà forse a rendere ancora viva la memoria di una delle più grandi imprese alpinistiche della storia.
La storia in questione è quella relativa alla conquista nel giorno 31 luglio dell’ormai lontano 1954, della vetta del K2, la “Montagna selvaggia” conquistata come noto dal duo leggendario composto da Lino Lacedelli e Achille Compagnoni.
Circa otto anni addietro, trovandomi in Cadore per trascorrere qualche giorno di vacanza, andai a visitare Cortina d’Ampezzo.
Una volta giunto nella celebre località, ricordai che era la cittadina di residenza di uno dei due conquistatori del K2: Lino Lacedelli colui che in vetta al K2 conficcò la picozza con la bandiera del gruppo di arrampicatori “Scoiattoli di Cortina”.
Ebbene, dopo una prima perlustrazione del paese in cui riscontrai come buona parte degli indigeni portasse il cognome Ghedina o Lacedelli, mi fu indicato che la casa dell’anziano alpinista si trovava in prossimità delle piste da bob.
Con sommo stupore, quasi avessi ritrovato la tomba inviolata di un faraone, scoprii che nella collinetta sopra all’impianto sportivo, proprio sotto al massiccio delle Tofane, sorgeva “Villa K2”.
Lacedelli aprì a me e ai miei compagni con molta gentilezza anche se, subissato dal pesante fuoco delle mille domande, dopo pochi minuti si rinchiuse in un supremo riserbo.
Consumato in fretta lo strudel da noi portato come cortese presente, raccontati alcuni scampoli della storia della spedizione, lo scalatore ampezzano iniziò a congedarci mestamente.
Non vedendo del tutto soddisfatta la mia bramosa frenesia di conoscenza, sul fare di essere salutato, chiesi a Lacedelli se ci potesse mostrare una parte delle celebri foto della spedizione guidata da Ardito Desio.
Ebbene, quel giorno la mia irrefrenabile curiosità ottenne ottima ricompensa.
Lacedelli mi mostrò materiale che nessuno libro e nessuna cronaca avesse mai riportato, a me che in quel periodo avevo divorato numerosi scritti sul “Caso k2”, proprio a me che conoscevo i principali punti di difficoltà nell’ascesa alla vetta – il cosiddetto camino Bill e lo sperone Duca degli Abruzzi -quasi come se avessi preso parte all’impresa.
Egli mi mostrò le stremanti gesta dell’attraversamento del ghiacciaio del Baltoro, oltre alle fotografie dei circa tre mesi di trekking necessari per superare l’altopiano che portava alle pendici della vetta.
Lo “scoiattolo di Cortina” mi mostrò inoltre le foto dei festeggiamenti ricevuti dai conquistatori italiani del K2 dal governo del Pakistan, festeggiamenti che, come riferitomi da Lacedelli, furono di gran lunga superiori alla cerimonia di accoglienza ricevuta successivamente in Italia.
Lino Lacedelli, pur se negli anni Settanta avviò un negozio di attrezzature sportive, non visse mai di luce riflessa e negli anni successivi all’impresa dovette cimentarsi, per necessità, nel costruire le funivie in qualità di semplice operaio.
Nel corso di quegli anni il conquistatore del K2, per il freddo sofferto, contrasse una forma di bronchite cronica.
“Come fa lei a ricordarsi di quella impresa che è nato più di vent’anni dopo?” – mi disse serafico Lacedelli. L’indubbio stupore è quello però di averne ridotta e frammentaria memoria.