L’INCHIESTA
di Francesco Toti
– Lino Gobbi da giovane voleva fare la rivoluzione. Fino al 1972 milita in Lotta continua, un’aristocrazia intellettuale. In quell’anno, entra nel Pci e come neo-segretario del Pd (Partito democratico) dallo scorso luglio, la rivoluzione la applica sul serio. E’ un po’ come si fa coi figli, più che le ramanzine, le belle e stucchevoli parole, contano i silenziosi esempi. E che esempio quello di Lino Gobbi. Era presidente del Consiglio provinciale; lo scorso 30 settembre si è dimesso, rinunciando a 848 euro netti al mese. La motivazione: “Il ruolo di presidente del Consiglio provinciale è incompatibile con la carica di segretario di partito. Ci vuole un garante e io non lo potevo essere per ovvie ragioni”.
Ma non è questa la sua unica rivoluzione; un’altra è l’aver rinunciato all’emolumento mensile come segretario del Pd, ben più sostanzioso degli 850 euro provinciali.
Passioni per la bici, lo sci e le camminate, eppure Lino Gobbi è operaio alle ferrovie di Rimini; si occupa del maagazzeno. Originario della Gaiofana, sposato con una insegnante, due figli già grandi (Lucio studente alla Bocconi) e Linda (lavora in banca), qualche soldino in più gioverebbe al suo ménage familiare. E’ stato nel sindacato ferrovieri; con il riminese Mauro Moretti, segretario della Filt (oggi amministratore delegato delle Ferrovie dello Stato) ha partecipato alla stesura di molti contratti
In questa intervista racconta la propria visione della vita, che poi porta nel partito, in politica.
Che cos’è per lei la politica?
“Voglio partire dal fatto che la gente ci percepisce come banditi. E questo è triste. Io cerco di portare nel partito gli ideali ed è con gli ideali che si vincono le incomprensioni. La politica senza valori diventa personale e si pensa soltanto al proprio tornaconto. Il mio punto di riferimento è Enrico Berlinguer; la sinistra deve essere austera, avere uno spirito di servizio, come è stato storicamente”.
Sarà Andrea Gnassi il vostro candidato a sindaco di Rimini?
“Oggi 27 settembre, potrebbe essere un candidato ma dipende da lui. Se vuole intraprendere questo percorso è ora che lo manifesti apertamente. Non credo che sia più il tempo in cui il partito incoroni qualcuno. Il partito non appoggerà nessun candidato”.
Il suo partito da 20 anni ad ogni tornata elettorale perde circa il 5 per cento, che cosa fare?
“Per superare tale fase vuol dire dotarsi di una nuova classe politica; i vecchi devono andare a casa. E’ chiaro che in noi c’è il senso del fare, ma va portato avanti in modo trasparente. Non dobbiamo raccontare le favole; cioè dire una cosa e fare l’esatto contrario. Prima delle parole viene la serietà politica. Soprattutto quando non ci sono gli ideali, ogni cosa è motivo di discussione e di litigio. E noi del Pd non ci facciamo proprio mancare niente”.
C’è uno scollamento tra il partito ed i suoi amministratori, che sempre più spesso dicono che sono stati eletti dal popolo…
“C’è un tema culturale. L’amministrare è il punto più alto di partecipazione alla politica. Lo è quando si mette a disposizione la propria esperienza; credo che i sindaci al massimo debbano fare due mandati e poi tornare a dare un apporto al partito. Se fare il sindaco vuol dire fare carriera politica non ci siamo. Chi diventa sindaco non è stato baciato dal Bambino Gesù. Il sindaco deve contare sul programma e sul proprio partito. Se non tiene conto di questi due elementi, fa una grande fatica ad amministrare”.
C’è anche chi dall’interno che dice per rinnovare un partito appesantito e lontano dai cittadini come il Pd sarebbe bene che perdesse il Comune di Rimini, qual è il suo punto di vista?
“Un partito deve crescere indipendentemente dal vincere o perdere. Non credo che perdere possa portarci dei vantaggi. Rinnovarci. Oggi non si vince con le sigle, ma soltanto se si fanno proposte serie alla città”.
La vostra crisi si legge anche nel fatto che sempre meno amministratori e detentori di ruoli nei consigli di amministrazione delle aziende pubbliche danno un contributo economico rispetto al passato?
“Penso che la quasi totalità degli eletti diano un contributo economico al partito. Non c’è un obbligo statutario. Non c’è il 5 o 10 per cento di quanto si percepisce”.
Tra i compagni di partito di Lino Gobbi c’è anche chi lo ha tacciato di moralismo: non si risolvono i problemi di una comunità rinunciando ad emolumenti personali.
INTERVISTE
Vitali, un gesto normale che diventa eccezionale
Stefano Vitali, presidente della Provincia di Rimini: “Quello di Gobbi è il vero spartiacque di un modo di fare politica, che purtroppo negli ultimi anni si è concentrato più sulle cariche che sugli obiettivi. E’ paradossale che il gesto di Gobbi sia visto come una scelta rivoluzionaria invece dovrebbe essere la normalità. In questo c’è qualcosa che non funziona. Eppure la stragrande maggioranza della gente sta con Gobbi”.
Sanchini, il sindaco che si paga le cene di rappresentanza
– Per minimizzare dicono che Giuseppe (Pino) Sanchini, sindaco di Saludecio, sta benino economicamente ed è anche lontano discendente di Sebastiano Sanchini, precettore di Giacomo Leopardi. Lo scorso agosto la sua giunta ha offerto una pizza agli anziani alla fine del centro estivo marino. I componenti del governo saludecese invece se la sono pagata di tasca propria. Ma non è la prima volta. Sanchini è solito pagare con il suo portafogli le spese di rappresentanza quando personaggi salgono nel suo Comune. Come primo cittadino percepisce 650 euro lordi al mese. Sanchini non ricorda con esattezza, se nel suo bilancio le spese di rappresentanza ammontano a 500 o mille euro l’anno. Dice: “Quando vedo le famiglie in difficoltà sto male. In tante non pagano la retta per l’autobus e la mensa. Dobbiamo avere circa 20.000 euro”.
LA TESTIMONIANZA
Torsani, assessore a Misano: “Noi ai cestoni natalizi e sì ai cestini”
– Una sera a cena, allo stesso tavolo sedevano Adriano Torsani, assessore all’Urbanistica del Comune di Misano, un tecnico, e chi scrive. Si parlava di etica e politica. Un vecchio tecnico dalla dialettica piacevole dice che Torsani è ben strano; aveva rifiutato il suo presentino di Natale. Qualche giorno dopo, sempre chi scrive, incontra l’assessore e gli pone la domanda sul piccolo dono. Torsani racconta che non si trattava proprio di un pensiero, ma di un cestone. Lui non poteva assolutamente accettare. Socialista della corrente di Riccardo Lombardi, uno dei migliori italiani del secolo scorso, Adriano Torsani è uno degli esponenti di spicco dei Socialisti misanesi. Fino al 2004 erano all’opposizione e faceva un’attenta opera di vigilanza su chi governava. Le sue più che posizioni politiche, erano un’attenta analisi dei fatti e dei beneficiari del Prg (piano regolatore). A proposito di Gobbi dice: “Il suo gesto è un’eccezione, la speranza è che possa diventare la regola di una sana politica”.
“La mancanza di etica è la prima causa della crisi”
Galletti, parlamentare emiliano romagnolo a Cattolica parlando del futuro dei giovani
– Etico. Questo il problema della politica italiana. Lo afferma Gianluca Galletti, parlamentare dell’Udc eletto in Emilia Romagna, vice-presidente della commissione Bilancio. Grazie al cattolichino Massimo Ricci, l’Udc ha tenuto un convegno sui giovani a Cattolica dall’1 al 3 ottobre. Titolo: “Gli stati generali del precariato. Il lavoro, prima di tutto!”. Abbiamo intervistato il parlamentare.
Etica e potere, grande tema. Come affrontarlo?
“La mancanza etica è la prima causa della grande crisi che stiamo attraversando. Ed è anche la causa della grande evasione fiscale di questo Paese. Dobbiamo ripartire dai giovani riavvicinandoli alla politica. Non come scorciatoia per affermarsi, ma come gestione del bene comune. Sono andato a Roma convinto di fare le leggi, invece, ci si ritrova con bassi giochi”.
La giustizia sociale è sparito dai discorsi della politica, perché?
“Vero. Il nostro convegno è rivolto ai giovani e si affrontano i temi delle opportunità e della meritocrazia. Viviamo in un mondo in cui per la prima volta, lasciamo ai nostri figli una società con meno opportunità rispetto a quelle precedenti. Come comunità non ci possiamo più permettere un’evasione così alta. Abbiamo avanzato una proposta anche nell’ultima Finanziaria. Si propone di scaricare alcune spese dalle imposte, figli, casa. Se iniziamo da queste spese si recupera parte dell’evasione, altrimenti a pagare sono sempre i soliti, in particolare i lavoratori dipendenti”.
Parliamo di turismo, in Italia di fatto non c’è il ministero, che fare?
“Non solo non c’è un ministero, ma non si investe in un settore così forte. Investire vuol dire anche diminuire il divario tra Nord e Sud: l’Italia è bella tutta”.
L’INTERVENTO
di Alessandro Bondi Professore di Diritto penale all’Università di Urbino
“Cittadini strumenti dei partiti per il bene di pochi”
– La politica è gestione del poteere all’interno di una comunità. Il potere è necessario per dare direzione all´agire degli uomini. Uomini ancora impegnati a lottare contro la natura, contro i loro simili, contro i loro stessi istinti. Ma il potere senza attributi (qualità) si presta a tutto. Può rendere gli uomini liberi, responsabili, solidali; come può renderli schiavi, impuniti, egoisti. In una democrazia, gli attributi della politica si chiamano controllo, partecipazione, legittimazione. Perché il potere di una democrazia risiede nella sovranità del popolo. È dunque il popolo che comanda e legittima il potere.
La nostra Costituzione ha disegnato una democrazia dove convivono libertà e diritti individuali, sociali, relazionali. Ci è riuscita perché ha dovuto dare una risposta, appunto, politica alla necessità di ricostruire un Paese che aveva conosciuto dittatura e guerra.
La Costituzione ha così cercato valori in grado di unire i membri di una comunità con sensibilità e ideologie molto diverse tra loro. E ha cercato alleati fidati. Infine li ha trovati garantendo il coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni politiche, anche attraverso i partiti. I partiti sono alleati naturali della democrazia quando, come ogni forma associativa, aiutano i cittadini a trovare nella politica le risposte ai problemi del quotidiano e alle aspirazioni del futuro.
Se quel che sopravvive dell’informazione dice il vero, in Italia, questi alleati arrancano. I partiti non sono più uno strumento del cittadino, ma i cittadini sono diventati strumenti dei partiti per la gestione del bene di pochi. Una legge elettorale che priva gli italiani della possibilità di esprimere chi li rappresenterà in Parlamento; conflitti d´interesse che uniscono il potere dei media con quello di governo; lottizzazione che vede i rappresentanti di partito occupare ogni poltrona disponibile a dispetto di capacità e meriti, sono solo alcuni dei troppi problemi che la politica di ogni colore non ha risolto.
È perciò giusto invocare la legge di fronte all´abuso e alla corruzione della politica. Ma la legge è utile solo quando abuso e corruzione rappresentano un´eccezione, quando i fondamenti dello Stato di diritto sono sentiti come un bene da difendere, quando i cittadini rispondono con coerenza alla richiesta di legalità mediante il voto e la partecipazione. Perché l´altra faccia del diritto è il dovere e, quando si tratta di Costituzione, tutti i cittadini sono arruolati.