LA RIFLESSIONE
di Gilberto Squizzato*
– Si va ormai configurando con chiarezza il disegno del Potere che punta prima a ridimensionare e poi a licenziare Silvio Berlusconi. Disillusa da 15 anni di “governo ad personam”, o meglio “pro persona”, la Confindustria – che aveva creduto di poter pilotare Berlusconi dandogli in cambio libertà di manovra sulle questioni per lui decisive dei processi e degli affari personali e di famiglia – ha dovuto ricredersi. Per ridimensionarlo è bastato Gianfranco Fini, che si è ripreso il partito scippatogli da Berlusconi sul predellino tre anni fa: peccato che il divorzio fra i due leader del Pdl si sia consumato sul terreno di una spasmodica nostalgia per la legalità che il delfino di Giorgio Almirante aveva trascurato per più di un decennio facendo votare un camion di “leggi ad personam” a vantaggio del Cavaliere.
Ma questo già appartiene al passato, perché il “nuovo” salvatore di questo Paese, così penosamente disastrato, s’avanza a passi decisi, deciso a far valere il proprio diritto. Il Potere torna a fare il Potere, in prima persona. Montezemolo, Marchionne, Marcegaglia, e magari anche Bonanni e l’ex fondatore del Pd Rutelli, lavorano al terzo polo. Ma non si può fare il terzo polo politico senza disporre di un terzo, robusto polo televisivo. Non è per questo che Fini intende bonificare la Rai dall’indebita occupazione dei partiti semplicemente privatizzandola? E chi potrebbe prendersi uno o due canali Rai, se non chi ha i soldi per farlo? Si vede in giro qualche possibile acquirente che non sia interessato a favorire la nascita del terzo polo, che potrà decidere di volta in volta se accettare l’alleanza del Pd (frastornato e confuso) o del Pdl (totalmente disaggregato e da ricostruire, magari con un nuovo nome, dopo l’uscita di Fini, che a Gerusalemme, nel Tempio della memoria, ha cominciato a costruire la propria immagine di statista europeo e di fondatore di una destra democratica e moderna?). Intanto a tirare la volata al terzo polo è arrivato in tv uno che il suo mestiere lo sa far bene: Enrico Mentana che mena abili e dissimulati fendenti al Cavaliere ma non risparmia nulla al Pd che descrive come in stato comatoso.
Ma è meglio così. Se il Potere torna a fare il Potere in prima persona, senza delegare nulla a nessuno, la partita politica sarà più chiara. Se infatti Berlusconi non riuscirà con Bossi a impedire la riforma elettorale che dovrebbe sfilargli la poltrona della Presidenza della Repubblica, il mazzo passerà al Terzo Polo e la partita si farà più dura, nella società come in economia. Marchionne ha cominciato dalla sua Fiat a dare l’esempio: vuole fabbriche finalmente governabili, con i sindacati (cioè la Cgil riottosa e conflittuale) ridotti all’impotenza. Per prima cosa non poteva che denunciare il contratto dei metalmeccanici. Con l’esito che si è visto.
Ritengo che questi siano mesi decisivi per i prossimi trent’anni del nostro Paese. E spero che la fortuna non assista Berlusconi in trincea contro Montezemolo e Confindustria. L’Italia deve finalmente mettersi alle spalle questa conflittualità (questa interminabile emergenza) istituzionale/costituzionale che ha logorato la democrazia repubblicana sottoposta al continuo attacco dai tanti Ghedini che non l’hanno mai amata. Il vero autentico problema è infatti quello del modello sociale ed economico che vogliamo per i nostri figli: da una parte il dominio assoluto di mercato e finanza globalizzati e modernizzati (il terzo polo), dall’altro un’economia verde sostenibile e partecipata che ridistribuisce la ricchezza senza conculcare la libertà di iniziativa (come prevede la nostra Costituzione). Si tornerà a discutere di politica finalmente, e i cittadini dovranno scegliere.
E la Chiesa italiana? Archiviata l’epoca Ruini dell’intesa privilegiata con Berlusconi in nome dei valori eticamente sensibili, che il cavaliere ha tranquillamente vilipeso nella sostanza, la Cei di Bagnasco è incerta sulle nuove alleanze. Staremo a vedere, ma non in silenzio.
* Biblista, giornalista, regista, autore del recente libro “Il miracolo superfluo. Perché possiamo dirci cristiani”