mente il sindaco, Christian D’Andrea, rende dotta la popolazione su una vicenda tra l’ilare e il preoccupante. L’argomento non è di quelli più normali: si parla di lampade votive. Il Comune di San Clemente, circa 3 anni fa, ha deciso di procedere ad una gara pubblica per la fornitura del servizio, servizio che fino a quel momento era gestito da un artigiano locale.
La gara pubblica si era resa necessaria perché, in quel particolare momento non si aveva la possibilità di gestione interna del servizio ed era vinta, udite udite, della ditta Di Paoli di Lucca la quale, poco tempo dopo, ha cominciato la gestione del servizio previa, naturalmente, la stipula di un regolare contratto della durata di due anni.
La ditta vincitrice della gara ha di fatto gestito il servizio per i suddetti due anni, durante i quali l’amministrazione comunale ha riscontrato, e più volte segnalato, la propria insoddisfazione per la modalità della gestione, anche a causa di numerosissime lamentele da parte dei cittadini.
Raccolti tutti questi elementi, alla regolare scadenza del contratto, ma soprattutto a fronte di una profonda riorganizzazione interna dei propri uffici, la giunta comunale ha deciso, in alternativa ad una nuova gara per affidare il servizio ad una nuova società esterna, di utilizzare un proprio dipendente in possesso della qualifica di elettricista specializzato.
Il tutto potrebbe sembrare logico: il contratto con la ditta Di Paoli è scaduto, il Comune decide di gestire con un proprio dipendente un servizio e quindi, di accontentare i cittadini e risparmiare più di settemila euro all’anno di denaro pubblico.
Tutto a posto quindi? La ditta Di Paoli presenta un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) non tanto per non aver avuto più la gestione del servizio ma perché, a suo dire, il Comune, non poteva gestire internamente questo servizio, in quanto ritenuto di rilevanza “economica” ( è sempre così in fondo se ci sono soldi in ballo) interpretando in questo senso, una recente modifica legislativa dell’art. 113 del T.U. degli enti locali.
Cioè questi signori, che non avevano brillato nella gestione del servizio, protestano, affrontano dunque un ricorso al TAR, senza motivo apparente, visto che il contratto con il Comune di San Clemente era comunque giunto a scadenza naturale, e un Tribunale Amministrativo Regionale gli dà ragione. Ovviamente il Comune di San Clemente ha confidato, come ogni cittadino dovrebbe fare, nella giustizia italiana, ma in questo caso, e non era mai successo prima, ha commesso un errore. Ma la motivazione della decisione del TAR è assolutamente incomprensibile: visto che sono le nostre tasse a pagare questi signori ci piacerebbe che qualcuno ci spiegasse perché un Comune che risparmia e fa lavorare un suo dipendente debba essere condannato! Che anche a loro si sia spenta la luce?
Claudio Casadei