Poi il colpo di fulmine. L’amore per la località che non avrebbe più lasciato.
Giorgio Oblach è un medico odontoiatra di Bologna. È andato in pensione nel 2001 dopo 50 anni tondi tondi di servizio. Ma non perché fosse stanco: “Avevo troppi hobby e interessi che volevo portare avanti”, è lui stesso che lo dice. Musica, scrittura, scultura e pittura. Si è cimentato in tutte queste arti. Ha raccolto alcune delle sue memorie in un libro, “Ho fatto… la guerra”, in cui parla dei primi anni della sua vita a Bologna, la fuga come sfollato a Riccione e poi la guerra, i partigiani e i tedeschi, Milano e piazzale Loreto.
Dal 1971, terminato l’appartamento in uno dei grattacieli che dominano prepotenti tutta la baia, ogni estate per Giorgio Oblach è stata un’estate a Portoverde. Da 40 anni a giugno lascia la sua Bologna per godersi la “serena tranquillità” del piccolo porto, dove è ancora ormeggiata la piccola barca ormai divenuta storica. Anni indimenticabili per lui, che medita di trasferirsi qui definitivamente. È stato anche cofondatore del club nautico, “quel club che ora non c’è più” sospira. Tutto l’amore per Portoverde, per lui che è un artista, non poteva che tradursi in una lirica al suo Eden. Si chiama “Portoverde song”, ed è diventata un po’ l’inno ufficiale della località.