– Nel marzo di quest’anno è uscito il pregevole lavoro del nostro concittadino Prof. Alessandro Roveri (che ora abita a Roma) dal titolo “Manuale laico di storia del Cristianesimo (e dell’Islam)” edito dal gruppo Albatros, Il Filo S.r.l. Roma, nella collana: I Saggi – Nuove Voci e distribuito per le librerie Mursia Spa (in verità con molta lentezza, vero è che per farlo arrivare, al mio libraio sono occorsi 2 mesi).
Il volume consta di 249 pagine dense e veramente piene, di un ottimo lavoro certosino, ricco nel campo della ricerca e della esposizione che traccia, in poche pagine, lo sviluppo storico del Cristianesimo, dal costantiniano editto di Milano del 313, alla lotta per la libertà religiosa dei cosidetti “spiriti liberi”, perseguitati e vittime della Inquisizione e del domenicano spagnolo Torquemada e dei suoi accoliti; alla Riforma ed alla Controriforma, alla grande svolta della Rivoluzione francese con il “diffondersi in Europa della cultura illuministica”, poi lo sviluppo del pensiero ed il processo di secolarizzazione, e poi, fino ai giorni nostri, inserendo anche il fenomeno della nascita dell’Islam, nel VII secolo dell’era volgare, con la figura di Maometto, il carovaniere ormai quarantenne che la tradizione vuole “abbia avuto la rivelazione divina di Allah quale unico Dio, dispensatore della giustizia nel giudizio finale e della ricompensa per i credenti …”.
Il nostro autore cattolichino traccia mirabilmente lo sviluppo del potere delle gerarchie ecclesiastiche romane in questi ultimi sedici secoli con costante aggancio alle vicende europee.
E’ pregevole la descrizione storica della protezione e dei grandi privilegi che la Chiesa ebbe dall’Imperatore Teodosio, alla fine del IV secolo, (che segnò l’inizio della alleanza fra trono e altare), il quale Imperatore, la storia ce lo ricorda, tra i meriti di guerriero prima e monarca poi e di violento persecutore delle altre religioni e delle cosidette eresie, a favore del Cristianesimo, fece anche uccidere Magno Massimo, dopo averlo sconfitto e preso prigioniero nel 388, e due anni dopo, nella repressione della Tessalonica che si era ribellata, ordinò la strage di 7.000 persone d’ambo i sessi compresi i bambini.
Poi alla fine del V secolo con il Papa Gelasio I, abbiamo l’affermazione “del primato pontificio sull’Impero di Costantinopoli, quale organo esecutivo del papato”.
Ovviamente poi tale rapporto lo capovolse Giustiniano, mezzo secolo dopo.
Altro mezzo secolo ancora dopo, abbiamo la figura di Gregorio Magno, il papa che tra la fine del VI e l’inizio del VII secolo, costruisce veramente la potenza terrena della Chiesa di Roma con l’istituzione del “Patrimonio di San Pietro” che aveva possedimenti terrieri in tutto il mondo allora conosciuto, dall’Africa alla Gallia, quasi tutta la Sicilia era posseduta dalla Chiesa. Sappiamo però che Gregorio non si sognò mai di abolire la schiavitù in quelle terre che facevano affluire a Roma un continuo gettito di proventi del loro intenso sfruttamento, anche se la figura del Cristo con il suo insegnamento, datava già quasi sei secoli.
L’autore, nella sua iniziale prefazione, vuole destinare quest’opera agli “studenti liceali orientati verso una scelta universitaria umanistica” giustificando, tale destinazione, alla “ignoranza dimostrata della stragrande maggioranza dei nostri studenti universitari in materia di storia del cristianesimo”.
Io non sono pienamente d’accordo su questa limitazione del pubblico destinatario, giacchè trovo che il lavoro di Roveri può e deve avere un pubblico più vasto, un pubblico a tutto campo, giacchè questo lavoro, lungi dall’essere solo un manuale laico, (che tra l’altro riconosce tutti i meriti che la Chiesa ha nella società moderna, nelle sue istituzioni umanitarie e verso il mondo degli immigrati, ad esempio), è un trattato che puntualizza, con analisi e dimostrazioni, il percorso nel bene e nel male che il cristianesimo ed il cattolicesimo hanno assunto nell’evoluzione del nostro Occidente e quindi è un volume utile alla formazione culturale non solo degli studenti.
E’ pregevole e puntuale la descrizione dell’origine delle persecuzioni dei “Valdesi” con il loro Pietro Valdo, antesignano del nostro Francesco d’Assisi nella scelta di vita, ma ben determinato e non arrendevole al Concilio Lateranense del 1179 ove ebbe il rifiuto della Chiesa, di predicare la povertà e dal quale Concilio uscì anche l’anatema a carico del Catari, cioè dei “puri” che saranno oggetto di sterminio nel 1208 con la cosidetta “guerra santa” scatenata dal Papa Innocenzo III con un vero e proprio genocidio anche di persone inermi ed indifese.
Poi ancora con il IV Concilio Lateranense del 1215 nella cui occasione furono perfezionate “le norme sull’Inquisizione che imposero ad ogni autorità politica del mondo cristiano, l’obbligo di sterminare tutti gli eretici all’interno del proprio territorio”.
Quale campione della controriforma appare con tutta l’importanza che ebbe nel suo tempo il personaggio del Papa Pio V che, tra le tante sue opere, quali ad esempio:
– la chiusura obbligatoria degli ebrei nel ghetto di Roma;
– la decapitazione dell’umanista ecclesiastico Pietro Carnesecchi nel 1567 perchè aveva osato aderire alle idee della Riforma;
– la impiccagione dell’altro umanista italiano Antonio della Paglia nel 1570, che avendo mostrato interesse per il teologo svizzero Ulrico Zwingli, non aveva poi voluto fare pubblica abiura;
– l’ordine al Generale Santafiore, capo della armata pontificia che partiva per la Francia per sterminare gli Ugonotti, di non fare prigionieri ma di passare subito tutti a fil di spada;
– la mirabile idea di istituire la “Congregazione dell’indice” con l’immediata conseguenza di far bruciare sulle pubbliche piazze centinaia e migliaia di libri, ad esempio tra le altre, anche le opere di Ariosto, di Dante, del Petrarca, del Boccaccio, ecc…
e tra le tante altre mirabili azioni di questo genere; ebbe anche l’idea di sottoporre i medici che curavano gli ammalati al giuramento da fare alla Chiesa e cioè di negare le cure agli ammalati che non si fossero prima e preliminarmente e periodicamente confessati.
Infatti dalla confessione la Chiesa traeva l’arma per la repressione delle cosiddette “eresie”. E pensare che oltre ad essere santificato è stato fatto anche protettore della nostra cittadina!
Anche il protestantesimo di Lutero e di Calvino comminavano le stesse infami sentenze di morte per chi non ubbidiva ciecamente alle imposizioni teocratiche e di fede, così come faceva la Chiesa Cattolica della Controriforma, valga per tutte il rogo cui fu destinato il 28 ottobre 1553 a Ginevra Michele Serveto. E così anche le guerre sante del Profeta Maometto ricalcano lo stesso dramma.
E’ questa la tendenza di agire, che può diventare anche un naturale percorso, così come è stato nel passato, da parte di chi ha la certezza di avere in mano la verità che gli scende dal proprio Dio. (Questo lo aggiungo io, Roveri non lo dice esplicitamente ma se ne accorge quando, a pagina 114, ricorda i padri pellegrini inglesi, vittime di intolleranza religiosa, che nel 1620 avevano lascliato Plymouth per andare a fondare, nell’America Settentrionale una nuova città e che, loro malgrado, non tardarono a diventare intolleranti verso le altre confessioni religiose).
Pensiamo ad esempio quanto il cristianesimo, nonostante il suo messaggio pacifista attuale, sia stato infatti una delle grandi religioni guerriere con le crociate e con le “guerre di Dio”.
Non ho a disposizione lo spazio per riprendere tutti i personaggi e nemmeno una buona parte di essi che ha costellato nel bene e nel male questa storia del Cristianesimo che arriva fino ai giorni nostri e di cui Alessandro Roveri è un ottimo descrittore, ma voglio comunque, in poche righe, evidenziare il richiamo all’editto di Nantes del 1598 di Enrico IV che, con mirabile scelta di tolleranza verso gli Ugonotti, fece, questo regnante in quella Francia dilaniata dalle guerre di religione, anche se poi Luigi XIV, mezzo secolo dopo, con la sua “voracità assolutistica” annullerà quell’editto che però “resterà come una pietra miliare nella storia dell’incivilimento dell’Europa moderna”.
Bene ha fatto il nostro professore cattolichino ad evidenziare, a proposito dell’integralismo della Chiesa, l’articolo su Repubblica del 5 luglio 2005 del Professor Gustavo Zagrebelsky cui rimando il lettore alla consultazione sul volume.
E’ pregevole la descrizione che ne scaturisce del papa Ratzinger e cioè di un suo doppio contemporaneo comportamento di apertura e di rigida conservazione tra cui la annunciata e infelice idea di canonizzare papa Pacelli, di cui invece una fulgida fotografia dei tempi è l’articolo apparso sul Sole 24 ore di Emilio Gentile dal quale appare come i due papi Pio XI e Pio XII mai condannarono “il totalitarismo fascista e nazista e con ciò tentare di influire sul corso degli eventi che andava verso la seconda guerra mondiale”. Entrambi i papi “sostennero il fascismo e il nazismo non soltanto per paura del bolscevismo, ma in odio alla modernità laica e liberale, accettando volentieri la soprressione delle libertà civili e politiche del cittadino nella speranza di preservare, con i concordati, la libertà religiosa dei credenti in un regime totalitario”. “Come è noto, papa Pio XII non scomunicò mai il nazismo, ma il 1° luglio 1949 decretò la scomunica per chi aderiva al partito comunista”.
Ed è stato veramente disonorevole per il nostro Stato aver fatto in modo, più di 40 anni fa, di sopprimere in Italia la pubblicazione e la rappresentazione teatrale, dell’opera dello scrittore Rolf Hochhuth “Il Vicario” ed. Feltrinelli, per fare un regalo all’oltranzismo vaticano e un torto alla Storia. Questa opera è pubblicata e rappresentata in trentotto nazioni. In Germania ha venduto più di un milione di copie ed è messa in scena annualmente al Berliner Ensamble. In Italia l’opera è pressochè sconosciuta e ciò in conseguenza delle pressioni che allora la Curia romana operò sulla classe politica italiana al potere.
La Chiesa, da mezzo millenio a questa parte ha intrapreso uno scontro duro contro la scienza nel timore che questa, sovvertendo la vecchia immagine della vita e del mondo, potesse mettere in discussione l’idea di Dio e della Creazione e negli ultimi secoli ha tentato inutilmente, (perdendo tutte le battaglie esempio Galileo, Darwin), di sovvertire l’esito delle conquiste scientifiche ma, dopo ogni sconfitta, ha ricostruito una nuova linea difensiva cercando di farla apparire accettabile ed abbandonando sempre più la letterale interpretazione dei testi bibblici con l’assunzione di ingegnosi marchingegni interpretativi.
Oggi la Chiesa ha scoperto la necessità di una sua battaglia nel campo della difesa dai progressi della biologia, perchè vi è in gioco qualcosa di essenziale, di più grande delle semplici scoperte scientifiche. Saranno infatti trasformazioni capaci di incidere sul nostro modo di essere, sulla qualità del futuro e sul rapporto che ne scaturirà tra la materia e la coscienza delle persone.
Ad esempio la Chiesa, nel passato, non aveva mai difeso strenuamente il valore della vita da tutelare ad ogni costo, nè la sua idea di sacralità; vero è che in quei tempi non esitava per niente a comminare la pena di morte a chi non obbidiva ciecamente ai dettami lateranensi e/o non osservava le imposizioni dogmatiche.
Il nostro autore, maturo e consapevole dell’importanza che la Chiesa riveste nella società attuale, in specie quella italiana, non manca di evidenziare quale dovrebbe essere il corretto rapporto tra le diverse culture, tra le diverse religioni, perchè è solo il reciproco riconoscimento della pluralità dei valori che sono presenti nella nostra società di credenti e non credenti e/o credenti ad altre culture religiose, che permetterà di vivere e convivere assieme oggi e nel futuro.
Da ciò si capisce quanto la Chiesa Cattolica abbia ancora tanto da evolversi a cominciare dal suo più alto livello; ad esempio dovrà capire che le leggi del nostro Stato democratico devono scaturire dal nostro Parlamento, che deve essere lasciato libero dalla interferenza della Chiesa che tende ad imporre le proprie visioni etiche e morali poichè ciò equivale a voler creare una condizione di teocrazia. Tale condizione è sofferta anche da gran parte dei credenti che, tra l’altro, vedono anche la necessità che certe scelte in seno alla Chiesa possano scaturire da un confronto partecipato e non più, come è sempre stato, da ordini apodittici, impersonali, calati dall’alto e con pretesa di totale ubbidienza.