PERSONE
di Matteo Bianchi
– Il piacere è principio e fine del vivere felicemente, affermava Epicuro nel II secolo a.C. Ai giorni nostri ritorna, per certi aspetti, una forma di neoepicureismo, ossia la voglia di plasmare se stessi al di fuori del conformismo imperante ma, nello stesso tempo, il bisogno di abbandonare il narcisismo e il consumo esasperato di beni da mostrare come status symbol.
Essendo destinati a diventare materialmente più poveri e a ridurre gli sprechi e i consumi, occorre trovare altre forme di realizzazione del desiderio alle quali l’uomo, animale desiderante più che razionale, non può assolutamente rinunciare. Si deve così inventare un nuovo quotidiano più semplice ed autentico.
Nasce così, da un’idea del direttore Gustavo Cecchini, la nuova rassegna filosofica promossa dalla biblioteca comunale di Misano dal titolo “I nuovi piaceri della vita”.
Inaugura Salvatore Natoli (5 ottobre) che, considerando la condotta abituale degli esseri umani, si accerterà se, nei fatti, si faccia buon uso del mondo oppure se non sia il caso di interrogarci, in modo kantiano, sull’uso che ne facciamo o che ne dovremmo fare.
Partendo dalla distinzione aristotelica tra l’ “agire” e il “fare”, ci si dovrà chiedere se l’uomo della società attuale sia padrone di se stesso, o si conformi a ciò che la società stessa gli chiede di fare. In effetti l’uomo vive in una “società delle abilità” e non in una “società delle virtù”; ma per scoprire chi veramente è ha bisogno delle virtù, intese nel senso greco del termine e quindi come capacità di darsi stabilità e consistenza nell’indeterminatezza del mondo, cioè come capacità d’inventarsi la vita.
Secondo appuntamento con Maurizio Ferraris (14 ottobre). Propone un’originale riflessione sul rapporto tra anima e iPad, l’assoluto tecnologico del momento. Questa coppia, che a prima vista può risultare assurda, in realtà ha un’affinità profonda. L’anima e l’iPad sono entrambi una sorta di taccuini su cui si legge, si scrive e si archivia. L’iPad, che ricorda un blocco di carta gialla, è simile alle più antiche immagini dell’anima che, a partire da Platone, veniva intesa come una tabula su cui si può scrivere e cancellare. Questa scrittura, dentro e fuori della mente, diventa l’origine della coscienza e del mondo sociale. La scrittura è la base della realtà sociale, della coscienza e del pensiero umano, il cui spettro peggiore è proprio l’Alzheimer, ossia la perdita della memoria vissuta intesa come perdita del pensiero. Per questo motivo anima e iPad sono gemelli.
La terza serata è in compagnia di Giangiorgio Pasqualotto (21 ottobre), che ci introdurrà nell’affascinante mondo delle filosofie orientali. In particolare si soffermerà il suo intervento su un modello a rete elaborato dal Buddhismo incentrato sul concetto di anatta (non sé), inteso come qualità di ogni realtà sensibile e sovrasensibile. Ciò significa che, nell’idea buddhista, ogni realtà non esiste in modo autonomo, ma solo in quanto risultante da una serie di relazioni. Si può così affermare che l’universo fisico e quello degli esseri viventi deve essere visto come una infinita rete di nodi dove ciascun nodo sussiste solo perché costituito da fili che costituiscono anche tutti gli altri nodi. Ne conseguirà che, proteggendo gli elementi e i fattori che ci costituiscono, proteggiamo noi stessi: sulla base di questo modello a rete il Buddhismo considera l’ecologia ambientale complementare all’ecologia umana.
Il quarto incontro ha come protagonista Remo Bodei (28 ottobre) che rivaluterà i veri desideri della vita. Il desiderio è, per definizione, una passione legata al futuro e, di conseguenza, segnata dall’incertezza e dal rischio nel raggiungimento dei suoi obiettivi. Per questo motivo, il desiderio è stato inibito in tutte le culture umane. Tali posizioni sono, per molti versi legate a situazioni economiche di scarsità. Quando però la produzione di merci diventa più intensa e diffusa con l’introduzione delle macchine, l’elogio del lusso per pochi diventa l’invito al consumo per molti. La ricerca del superfluo si trasforma così in una necessità per una economia in cui se non si consuma non si produce e se non si produce l’assetto sociale vigente collassa. La ricerca ossessiva di soddisfazione e di desideri produce la loro inflazione e alla fine, paradossalmente, l’infelicità. Anche in relazione all’insostenibilità dei tassi di crescita cui l’Occidente è abituato, oggi si scopre la necessità di trovare altri stili di vita e modi di produzione. Si devono così riscoprire valori e modelli di vita, come il silenzio, l’interiorità, la serenità e il distacco dall’immediatezza della quotidianità.
Nel quinto incontro Maurizio Viroli (4 novembre) parla del silenzio e del sogno, incentrando il suo discorso sulla formidabile figura di Niccolò Machiavelli. Nel silenzio delle notti invernali a Sant’Andrea in Percussina, alla luce di una fiamma di una candela di bachelardiana memoria, Machiavelli compose le pagine de Il Principe, nelle quali disegnò la figura del redentore e diede forma al sogno della libertà italiana. In questo silenzio, lontano dal clamore del palazzo e dalle simulazioni e dissimulazioni dei discorsi diplomatici, seppe trovare la calma interiore liberarsi dalla paura della povertà, della solitudine e della morte. In questa disposizione d’animo Machiavelli ebbe la possibilità di entrare in un dialogo nuovo con gli scrittori politici e gli storici antichi sulle cui pagine rifletteva. Trovò le parole giuste per interrogarli e ascoltò le loro risposte, così nacquero pagine che contenevano una profezia. Il silenzio nel caso di Machiavelli fu soprattutto terapia dell’anima e condizione per trovare parole che avevano la forza di emancipare e di far rinascere a nuova vita un popolo risolutamente corrotto.
La sesta serata dal titolo “Il piacere dello spirito” vede protagonista il teologo Vito Mancuso (11 novembre). Riflettere sul piacere dello spirito significa riflettere sul piacere della libertà, perché dire spirito e dire libertà è la stessa cosa. Si possono individuare quattro livelli di piacere dello spirito. Un primo livello è l’umorismo, che implica una libertà della mente da una situazione concreta. Un secondo livello è da indicare nella creatività, che esprime la libertà di rompere i legami della struttura dentro cui l’uomo si trova. Un terzo livello del piacere dello spirito è legato alla capacità della libertà di porre il male, e infatti è innegabile che esiste un piacere a questo riguardo, quello di godere nel fare del male. Un quarto livello è il piacere dello spirito come ricerca. È il piacere dello spirito libero, si potrebbe definire un piacere socratico. Un quinto livello, forse il più grande ed universale, è il piacere dello spirito libero come amore, dedizione a una persona ma anche ad un ideale, o a Dio.
Nel settimo incontro Francesco Cassano (18 novembre) fa un elogio della lentezza, messa in contrapposizione alla freneticità del nostro tempo. La lentezza si contrappone all’integralismo del pensiero, rendendo possibile comprendere le altre culture. L’uomo della velocità, l’homo currens, guadagna alcune facoltà, ma ne perde altre, prima fra tutte l’attenzione per l’altro e per la natura stessa. La difesa della lentezza permette di custodire i diritti di un’immagine del nostro pianeta secondo la quale esso è il quadro di compatibilità in cui si deve imparare a vivere e che bisogna rispettare. Troppe volte la modernità ha coinciso, specialmente nel nostro Mezzogiorno, con un assalto selvaggio alla natura. Ma lentezza significa anche meditazione e letteralmente andare lenti; da qui la valorizzazione del camminare, che offre all’uomo la possibilità di rispettare il tempo, soffermarsi sulle cose, sulle persone ed osservare l’infinità silenziosa del mare…
Il penultimo incontro dal titolo “Guarda, tocca, vivi: riscoprire i sensi per essere felici” vede come protagonista lo psicoterapeuta Claudio Risé (25 novembre). Nel corpo è leggibile la storia culturale dell’Occidente, per questo motivo è diventato il teatro in cui si è sviluppata la crisi della modernità e in cui si può trovare il suo possibile rimedio. La società postmoderna, dipendente da immagini, informazioni e proposte preconfezionate, edulcorate ed omologate, ha reso il corpo un mero “discorso” mediatico, una pura virtualità svalutandone così la sua fisicità e sensorialità. Ad una cultura immaginaria ed incorporea del sistema delle comunicazioni di massa si deve sostituire una cultura materiale e corporale, dal momento che è fondamentale per l’uomo avere un rapporto consapevole e reale con i propri sensi al fine di possedere consapevolezza del proprio Sé. Così l’uomo deve recuperare il proprio rapporto con il tatto, la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto, il senso di sé, il senso del movimento e il senso dell’altro, nella consapevolezza di essere una persona unica e irripetibile in relazione con un mondo esterno e, soprattutto, con altre persone uniche ed irripetibili.
La serata conclusiva sarà in compagnia di Carlo Sini (2 dicembre) che indagherà la formidabile arte della danza, intesa come piacere dell’armonia. Gli animali non danzano, o non lo fanno per puro piacere. È invece proprio con la danza che gli esseri umani escono dalla gran selva, per entrare in un’arte del vivere che scandisce il ritmo del tempo mortale con l’armonia dei piaceri fecondi. Non c’è conoscenza senza ritmo e non c’è scienza senza musica: l’uomo si è sin troppo allontanato da questa antichissima sapienza, che integrava il macrocosmo al microcosmo; ne ha dimenticato il sapore, la virtù e il godimento. Forse per questo, come ha scritto Nietzsche in pagine indimenticabili, nel nostro tempo dilaga ovunque l’uomo più brutto, ossia l’uomo incapace di vero piacere, completamente disarmonico e slegato dall’universo.
Gli incontri si tengono al Cinema-Teatro Astra di Misano Adriatico, via d’Annunzio, 20 con inizio alle ore 21. Ingresso libero fino ad esaurimento posti.