PERSONE
– Quando deve salutare una persona si alza dalla sedia. Suona la batteria, fa nuoto e gli piace la vela. Sta in cucina almeno una dozzina di ore al giorno. E senza noia. Si chiama Giacomo Amicucci; italo-sammarinese di Gradara, è tra i giovani cuochi italiani emergenti. Dal 3 al 6 novembre, come portacolori di San Marino, all’interno della Biennale dei giovani artisti del Mediterraneo, concorre con altri ragazzi di talento. Porta in gara tre piatti figli della spartanità del Mediterraneo: un antipasto a base di pomodoro, pane e alici. Come primo una zuppa di grano con sfoglia ripiena di agnello. Chiude con un biscotto di mandorla con gelato di miele, lavanda e qualche agrume.
Giacomo in questo momento sta lavorando a Cattolica, al “Vicolo Santa Lucia”, il ristorante del blasonato Carducci 76. E’ chef di partita, cioè si occupa dei secondi (carne e pesce). Fino a pochi mesi fa era responsabile degli antipasti. Per curiosità, lo chef del “Vicolo” è uno dei grandi della ristorazione italiana, Stefano Ciotti, un quarantenne di Montefiore. Come si sa, da almeno un ventennio, la Valconca è terra di grandi cuochi: gli Angelini (Morciano e San Clemente), Mario Celotti (Morciano), Nicola e Orazio Simoncini (Misano). Ci possiamo mettere anche una signora: Patrizia Bacchini (Cattolica).
Giacomo ha tutte le potenzialità per far bene; non perché da anni, nonostante la giovane età ed un certo agio familiare, è capace di passare giornate intere ai fornelli, ma per la passione che ci mette. E’ un predestinato il gradarese-sammarinese. Esce dalla scuola di Marchesi. Nel suo speciale percorso di apprendimento ha alle spalle solo i cosiddetti stellati Michelin; non saranno sempre vere le stelline, ma qualcosa indicano. Andando a ritroso. Negli ultimi tre anni è stato alla corte di Anthony Genovese al “Pagliaccio” di Roma; prima al “Gellius” di Treviso (chef Alessandro Breda). Ancor prima, passaggio al “Trussardi alla Scala” (due stelle). Racconta Giacomo delle sue tappe: “partendo dal presupposto che non si finisce mai di imparare e che i maestri sono fondamentali, è un lungo percorso formativo che ti aiuta ad imparare tecniche e filosofie di lavoro. E’ un bagaglio di crescita che gli altri mettono a tua disposizione e viceversa”.
“E’ anche un sacrificio – continua il giovane – ma sei spinto dalla motivazione. Fare il mio mestiere significa compromettere tante cose legate all’età: il tempo libero, gli amici, le festività. E’ un duro lavoro che piace”.
La passione per la civiltà della cucina, Giacomo l’ha ricevuta in dono dalla nonna Tina. Ha iniziato a pastrocchiare con gli ingredienti insieme a lei. Quando faceva la pasta era un gioco bellissimo acqua e farina.
Nel tempo libero, cucina per familiari e amici. Ma gli piace anche assaporare i piatti di grandi chef. Le sue ultime visite: Pier Giorgio Parini dell’osteria del “Povero diavolo” , Riccardo Agostini del “Piastrino” (Pennabilli), Giancarlo Perbellini (Isola Rizza Verona).
Il suo futuro. “Mi piacerebbe fare qualche esperienza all’estero”. Italia: non solo bamboccioni. Anzi.