di Fausto Bersani*
…La tragedia umana, e anche la fonte della grande potenzialità cattiva della scienza, sta nel fatto che la realtà, le leggi naturali, sono caratterizzate da una grande asimmetria. Per fare qualcosa di buono, ci vuole molto tempo. Per rovinare tutto, basta un attimo…
Così S. J. Gould riassume in poche righe una grande, tragica realtà che più volte si è palesata nel percorso dell’umanità e che tuttavia sembra non aver lasciato impronte nella memoria evolutiva dell’uomo.
Infatti siamo ancora una volta di fronte a scelte di politica energetica e di approccio tecnologico che, per usare un eufemismo, potremmo limitarci a definire sconsiderate.
Io sono contrario al nucleare che ci viene proposto a prescindere dalle enormi tragedie che hanno colpito Cernobyl o Fukushima. Catastrofi ambientali di tale portata sono, per fortuna, rare e, nella malaugarata ipotesi si verificassero in un reattore appartenente ad una nazione a noi confinante, avremmo ben poche possibilità di evitare incalcolabili danni ambientali e sanitari, nella migliore delle ipotesi per una durata di alcuni decenni. Il mio pensiero non è rivolto a situazioni di questo genere.
Altri sono gli interrogativi che credo dovremmo porci: ad esempio, vivere nei pressi di una centrale, che rispetta con rigore tutte le regole, è dannoso per la salute? Ammettendo che la probabilità che avvengano incidenti sia pari a zero, corriamo comunque dei rischi? Rischiamo di rinunciare ad un’opportunità di sviluppo a causa di un allarmismo ingiustificato? Esiste il nucleare sicuro?
In altri termini, il “normale” quotidiano funzionamento di una centrale è una condizione di garanzia sanitaria per le popolazioni che abitano in prossimità di un reattore?
La risposta purtroppo è no.
Numerosi studi condotti in Francia, Stati Uniti, Germania, Inghilterra e pubblicati su autorevoli riviste scientifiche hanno ormai accertato che le centrali espellono per lo più vapore acqueo trattato con filtri efficaci al 99,97%. Il restante 0,03% viene espulso in condizioni non purificate. Per fare un esempio, una centrale come quella di Garigliano, chiusa nel 1982, in circa 15 anni di attività ha immesso in atmosfera circa 5 milioni di metri cubi di radionuclidi, che possono essere entrati nella catena alimentare: il Trizio ad esempio si sostituisce all’idrogeno nell’acqua, il Cesio137 si concentra nei muscoli, lo Stronzio90 si sostituisce al calcio nelle ossa e nel midollo, il Cobalto60 si accumula nell’intestino, lo Iodio131 si accumula nella tiroide.
Esistono evidenze di un aumento di gravi patologie, quali la leucemia infantile, fino a distanze dell’ordine di 20 – 30 chilometri da questi impianti. Solo nel 2007 si sono registrati ben 942 incidenti cosiddetti “minori”, incidenti che, peraltro, vengono quasi sempre tenuti debitamente nascosti, così come i risultati di alcuni studi scientifici. La Francia, che molti guardano come un modello di efficienza energetica, dal 1980 al 2005 ha visto aumentare i casi di cancro alla tiroide negli uomini del 433% e nelle donne del 186%.
Il punto fondamentale quindi è che, mentre da un grave incidente di una centrale posta a qualche centinaio di chilometri dalle nostre abitazioni non possiamo difenderci, le contaminazioni ordinarie, le piccole perdite croniche, possiamo evitarle. Il nucleare sicuro, come ebbi già modo di sottolineare, non esiste, quindi l’unico modo per azzerare i rischi sopra descritti consiste nel non mettersi in casa alcuna centrale. In una ricerca avente come obiettivo quello di effettuare un censimento degli incidenti documentati dalla metà degli anni ’50 ad oggi, ho contato ben 2405 eventi, qualcosa come circa 40 incidenti all’anno.
Analizzando nel dettaglio la distribuzione dei dati si nota un preoccupante incremento nella frequenza degli incidenti dal 1990 ad oggi.
Questa fase può trovare una spiegazione nel fatto che la vita media di una centrale si aggira, di norma, intorno ai 40 anni, età che viene spesso allungata causa gli eccessivi costi legati allo smantellamento degli impianti e alla gestione delle scorie, facendo aumentare anche il rischio di incidenti. In tutto ciò non va neppure trascurato il fatto che il mio conteggio è sicuramente sottostimato. Basti pensare all’incredibile contenuto della Risoluzione WHA 12.40, del 28 maggio 1959, che lega l’OMS, il massimo organo sanitario mondiale, all’AIEA, l’agenzia internazionale per l’energia atomica.
L’accordo prevede che, in caso di incidente lieve o anche grave “l’AIEA possa assumere misure restrittive per salvaguardare il carattere confidenziale delle informazioni […], la cui divulgazione potrebbe compromettere in un modo qualsiasi il buon andamento dei suoi lavori” (Art.3 paragrafo 1), ossia la promozione dell’energia nucleare.
Un rapporto di sottomissione unilaterale e omertosa dell’OMS in cui, ancora una volta, il controllato controlla il controllore.
La sicurezza ha costi elevatissimi e quindi, a convenire davvero è il nucleare meno sicuro. Questo è il vero dilemma, e ad esso si accompagna anche la bufala che il nucleare, oltre ad essere una fonte di energia pulita sia anche economicamente conveniente, affermazione che è stata palesemente e ripetutamente sconfessata da recenti studi di settore condotti indipendentemente dal D.O.E. (Dipartimento di Energia degli USA), dal M.I.T. (Massachussetts Institute of Technology) di Boston, dall’Università di Chicago e dall’agenzia di rating Moody’s Investors.
Tuttavia questo mio contributo non vuole essere solo una posizione “contro”, ma fornire anche alternative valide sul piano energetico. Oggi la prima cosa da fare è risparmiare energia ed usarla in modo più efficiente. Si pensi ad esempio che il solo mantenere accesi tutti gli “stand-by” dei vari sistemi elettronici, il più delle volte inutilmente come quello del televisore quando non lo usiamo, corrisponde al consumo del 6% della domanda elettrica europea. Negli USA si stima che siano costantemente all’opera dalle 5 alle 7 centrali di grande potenza (800 Megawatt ciascuna) per alimentare queste minuscole spie luminose.
Autorevoli studi dimostrano che nei paesi sviluppati oltre il 50% dell’energia primaria viene sprecata e che l’aumento dei consumi oltre una certa soglia non porta ad un aumento del benessere, ma al contrario causa di gravi problemi sociali. E’ possibile diminuire i consumi energetici in modo efficace con opportuni interventi tecnicamente fattibili quali l’isolamento degli edifici, il potenziamento del trasporto pubblico, lo spostamento del traffico merci su rotaia e via mare, la riduzione dei consumi delle auto, l’uso di sistemi elettrici più efficienti, l’uso di sistemi di cogenerazione, l’ottimizzazione degli usi energetici finali. A fianco a queste azioni, volte a ridimensionare uno stile di vita eccessivamente energivoro, la soluzione energetica da adottare nel futuro è l’uso dell’energia Solare, e quando parlo di Solare non mi riferisco soltanto alla tecnologia fotovoltaica o a quella dei pannelli solari, ma ad esempio, al solare termodinamico e a progetti come DESERTEC: un progetto di una rete di centrali elettriche ed infrastrutture per la trasmissione di energia elettrica a lunga distanza con bassissime perdite (3% ogni 1000 km), finalizzate alla distribuzione in Europa di energia prodotta da fonti rinnovabili, in particolare energia solare ed eolica, dai deserti del Sahara e del Medio Oriente. La Francia ad esempio ha un piano di investimento solare nel Nord Africa per un ammontare di ben 20 Gigawatt di potenza, e lo stesso ministero dell’Ambiente tedesco ha commissionato uno studio in questo senso a fronte del fatto che la Germania uscirà dal nucleare entro il 2022. L’Italia ancora una volta rischia di rimanere fuori da questi circuiti virtuosi e tende, al contrario, ad orientarsi verso scelte ambientali estremamente pericolose. Questo purtroppo avviene non solo per quanto riguarda il nucleare. Si pensi ad esempio alla grande propaganda rivolta verso le lampade a basso consumo. Anche di queste, in passato, ebbi modo di sottolinearne la pericolosità: ora, a titolo prudenziale, l’ufficio della sanità pubblica di Berna invita a mantenere una distanza opportuna soprattutto se le lampade restano a lungo accese come nel caso di quelle poste sulle scrivanie.
Le lampade a risparmio energetico emettono campi elettrici e magnetici a bassa, media e, in alcuni casi, alta frequenza che possono generare nell’organismo correnti elettriche le quali, a partire da una certa intensità, sono in grado di provocare infiammazioni dei nervi e dei muscoli. Lampade di nuova concezione ad alta efficienza che non presentano questi rischi esistono, si tratta solo di capire se qualcuno, ad un certo punto riterrà opportuno commercializzarle: si chiamano OLED, ossia led a materiale organico luminescente. Si tratta di strati sottili di semiconduttori, a base di carbonio, con molecole materiali inserite tra gli elettrodi che possono diventare le lampade del futuro.
Altra scelta sconsiderata la promozione da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione, dell’iniziativa “Scuole in WiFi”.
Per contro il Consiglio d’Europa ha messo in guardia gli stati membri sui danni a lungo termine che cellulari e tecnologia wireless potrebbero provocare e ne chiede la messa al bando nelle scuole perchè “la vita delle persone è più importante della possibilità di comunicare”.
In un documento approvato all’unanimita’ dal Consiglio d’Europa e da sottoporre ora all’assemblea plenaria, l’organismo ha chiesto la messa al bando dei telefonini e dei dispositivi wireless nelle scuole per evitare i possibili effetti negativi sulla salute causati dalle microonde sprigionate da tali dispositivi.
Le ricerche scientifiche in questi settori non danno ancora risultati definitivi, per lo più sono studi epidemiologici con risultati probabilistici, ma il Consiglio, sulla base del principio di precauzione, ne chiede l’allontanamento dalle scuole. In paesi come Inghilterra, Germania e Austria, il WiFi è stato vietato nelle scuole e la Germania raccomanda ufficialmente, dal 2007, di preferire le connessioni via cavo. Wireless e cellulari, infatti, sul lungo periodo potrebbero provocare danni alla salute come è successo -e tutt’oggi accade- con l’amianto, il fumo di sigaretta o il benzene per i quali il riconoscimento dei danni biologici generati dalle esposizioni è avvenuto tardivamente e, aggiungerei, colpevolmente causa i grandi interessi coinvolti.
Purtroppo potrei proseguire su questa linea ed elencare tutta una serie di cattive abitudini nei nostri comportamenti generate da linee di tendenza supportate da campagne pubblicitarie poderose che spesso ci fanno perdere di vista i rischi nascosti.
E’ di fondamentale importanza educare, soprattutto i giovani, al risparmio energetico, promuovere un uso più efficiente e consapevole dell’energia, favorire un sempre più rapido sviluppo delle energie rinovabili, ed in particolare dell’energia solare, rinunciare al velleitario e pericoloso rilancio del nucleare, e limitare tutte quelle tecnologie che possono presentare un rischio per la salute, in altri termini farci guidare dal buon senso.
“Il buon senso c’era, ma stava nascosto per paura del senso comune”, Alessandro Manzoni
*Professore di fisica al Liceo Volta, Riccione
e consulente Federconsumatori della provincia di Rimini