LA TEOLOGIA DEL RAGIONIERE
di Gianfranco Vanzini
Come sempre accade, lo abbiamo già constatato e continueremo a constatarlo, seguire i suoi Comandamenti e le sue indicazioni è il modo più sicuro per vivere bene… qui… oggi.
Entriamo allora nel vivo del tema. Le due affermazioni appena citate rappresentano la nascita della famiglia. Creando l’uomo e la donna, Dio ha istituito la famiglia umana e l’ha dotata della sua costituzione originaria e fondamentale: un uomo e una donna.
A mio avviso, dopo la libertà, di cui abbiamo parlato la volta scorsa, la seconda cosa bella che Dio ci ha donato è senz’altro la famiglia…
Nasciamo infatti piccoli e indifesi, incapaci di provvedere al nostro sostentamento, ma nasciamo in una famiglia, nasciamo cioè da due genitori: un padre e una madre.
Due genitori che per il fatto di averci fatto nascere attraverso un atto d’amore sono pronti ad accogliere e custodire il frutto del loro amore: i figli. Padre, madre e figlio/i sono pertanto: la famiglia. Quella famiglia nella quale i genitori hanno il dovere di allevare i propri figli, provvedendo alle loro esigenze materiali e spirituali ed educandoli ad un corretto uso della ragione e della libertà uniti ad un profondo rispetto per tutte le persone…
“ I genitori sono i primi responsabili dell’educazione dei loro figli” (Catechismo della Chiesa Cattolica – par. 2223 – ). Hanno pertanto la responsabilità di creare una famiglia in cui la tenerezza, il rispetto, la fedeltà, il servizio disinteressato siano la norma.
Il focolare domestico, infatti, costituisce l’ambito naturale più idoneo per una iniziazione al senso di responsabilità e alla solidarietà, sotto la guida attenta dei due genitori che avranno cura di insegnare ai figli di guardarsi dai compromessi pericolosi, dalle infedeltà e dalle ipocrisie, dai cattivi maestri e dagli sbandamenti umani, particolarmente presenti in questi tempi.
Quando questi insegnamenti passano attraverso l’esempio e la testimonianza vissuta da parte dei genitori hanno sicuramente un valore ed una efficacia molto alti. Se i genitori hanno doveri e responsabilità, altrettanti doveri e responsabilità sono anche in capo ai figli.
Il quarto comandamento, infatti, si rivolge espressamente ai figli dicendo “Onora il padre e la madre”. Ho pensato diverse volte al perché Dio si rivolge ai figli anziché ai genitori. La risposta che mi sono data è la seguente: perché tutti nasciamo figli, poi cresciamo.
E allora dobbiamo, da subito, imparare ad essere figli onorando e rispettando i genitori..
Il rispetto per i genitori è, prima di tutto, un atto di riconoscenza verso coloro che, con il dono della vita, il loro amore e il loro lavoro, hanno messo al mondo i loro figli e hanno loro permesso di crescere in età, in sapienza e in grazia. E si manifesta attraverso la docilità e l’obbedienza ai loro insegnamenti e l’aiuto in caso di necessità.
“ Il figlio saggio ama la disciplina, lo spavaldo non ascolta il rimprovero” (Prv.13,1) Imparando ad essere bravi figli, automaticamente, impareremo ad essere, a nostra volta, bravi genitori. E così la storia dell’umanità va avanti.
In questo quadro di diritti e di doveri, di servizi ricevuti e resi, di valori appresi e trasmessi di responsabilità verso Dio e verso il prossimo, ogni cosa è al suo posto e tutto acquista un significato armonico e soddisfacente. Cioè si vive bene …qui….oggi.
Perché tutto questo oggi avviene così raramente? Perché si sono perse le coordinate di fondo, si è smarrito il fondamento di tutto: Dio. Oggi, troppo spesso, non si parla di atto d’amore, ma solo di atto sessuale, oggi si dice: – Faccio sesso -, come si direbbe: – Vado al cinema -, ma non sono la stessa cosa.
La preoccupazione di molti genitori non è quella di insegnare il giusto uso, nei modi e nei tempi, della sessualità; ma è unicamente quella di raccomandare l’uso del preservativo.
Come se ad un figlio che chiede di mangiare una mela acerba anziché dire: – Aspetta che maturi – gli dicessimo: – Mangiala pure, ma avvolgila in un sacchetto di plastica -. Vi sembra una cosa intelligente? A me poco!
E ancora, a 20 anni, più o meno, si dice che i giovani devono essere fuori di casa. E perché? Chi lo ha detto? E con quale criterio? Se un ragazzo o una ragazza, che ancora non hanno finito gli studi, vanno a vivere da soli, chi li mantiene? Come fanno a pagarsi l’affitto, il vitto, il vestire ecc.? I loro genitori?
E allora dove sono il senso di responsabilità, la maturità e l’indipendenza dei giovani?
Non sarebbe meglio stare in casa con i propri genitori, volendosi bene, collaborando ed evitando spese (o sprechi) inutili?
Staremmo tutti meglio, per dirla in latino: hic et nunc, cioè qui …adesso.
(Continua)