LA TEOLOGIA DEL RAGIONIERE 4
di Gianfranco Vanzini
– Nel Catechismo di S. Pio X, quello che i lettori più anziani ricorderanno avendone imparato a memoria qualche pagina, ad un certo punto si diceva:
“Perché Dio ci ha creato?” e la risposta era: “Dio ci ha creato per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa terra e per goderlo poi nell’altra in Paradiso”.
Come sempre, i concetti sono espressi in modo chiaro ed inequivocabile.
E’ nostro diritto-dovere cercare di conoscere Dio. Ben vengano quindi tutti gli studi teologici, antropologici, scientifici che approfondiscono la conoscenza della natura dell’uomo e dei suoi desideri più profondi, come pure quelli che indagano sull’origine del cosmo e sulle sue regole.
Anche il significato di amarlo e servirlo non richiede molte spiegazioni. Abbiamo già visto le volte scorse che si ama Dio mettendo in pratica i suoi insegnamenti e amando il nostro prossimo.
Per aiutarci a mantenere la rotta e per non farci andare fuori strada, Dio ci dà una indicazione molto precisa anche sul tema di oggi: la vita.
Usando una espressione da codice della strada, possiamo dire che ci dà un segnale di “divieto”; con il quinto comandamento ci dice: “Non uccidere”.
Il messaggio è chiaro e non lascia spazio ad equivoci o finzioni.
Infatti, solo Dio è il Signore della vita, dal suo inizio alla sua fine, nessuno, in nessuna circostanza, può rivendicare a sé il diritto di distruggere direttamente un essere umano innocente.
Ma allora siamo o non siamo liberi? E’ la solita domanda che ritorna. Certo che siamo liberi, infatti volendo possiamo anche uccidere, ma poi?
Dio ci mette in guardia da quel poi, vuole evitarci guai maggiori.
Attraverso un divieto ci vuole dare una indicazione: non uccidere, rispetta la vita. Non hai il diritto di togliere la vita a qualcuno perché il Signore della vita sono solo io; inoltre se uccidi, o anche solo offendi un tuo fratello in maniera grave e anche in forme diverse, poi starai male e non sarai affatto felice.
Che cosa ci indica in sostanza il quinto comandamento? Ci ordina di rispettare la vita, nostra e degli altri, in quanto dono di Dio.
Poi, allargando la riflessione, ci porta ad esaminare una serie di comportamenti le cui conseguenze sono tra loro assimilabili.
Vediamo i più gravi. L’omicidio volontario, cioè l’azione rivolta ad uccidere, direttamente o indirettamente, da soli o con altri cooperatori, una persona umana.
L’aborto; Dio padrone della vita, ha affidato agli uomini l’altissima missione di procreare e di proteggere la vita. Perciò la vita, una volta concepita (embrione), va protetta in ogni modo e con ogni cura, e non può pertanto essere distrutta a nostro piacimento.
L’eutanasia; qualsiasi azione diretta a mettere fine alla vita delle persone, in qualsiasi situazione si trovino, è inaccettabile.
Il suicidio; noi siamo solo gli amministratori della nostra vita. Non ne siamo i proprietari, siamo tenuti a rispettarla e ad usarla secondo i fini per i quali ci è stata donata. Non possiamo disporne a piacimento. Togliersi la vita è un atto di profonda sfiducia nella Provvidenza e nella misericordia di Dio, ed è inoltre una offesa all’amore del prossimo, poiché spezza ingiustamente i legami di solidarietà e fiducia verso la società familiare, nazionale e umana. Si potranno considerare le condizioni particolari in cui una persona può trovarsi, tuttavia la gravità del fatto rimane.
Dio ci mette in guardia e ci ricorda di non compiere atti dannosi per noi o per il nostro prossimo dei quali poi, una volta riconosciuto il male compiuto, proveremo un rimorso più o meno forte e duraturo. Che cosa può succedere in pratica e che cosa ci insegna l’esperienza?
Un caso per tutti. L’aborto. Mi limito a dare voce alle tante lettere che mi è capitato di leggere, su giornali e riviste, di giovani donne che in vari modi e in diverse circostanze hanno abortito.
Il messaggio unanime è: “…ho sofferto tanto e soffro ancora” oppure: “…la mia creatura oggi compirebbe 3, 4, 7 ecc. anni, e invece non c’è più perché l’ho eliminata”.
Vi risparmio la descrizione di altre sofferenze, ma tutte sono sullo stesso piano. Se quelle ragazze, aiutate dai padri delle loro creature (dai loro partner come si dice oggi) dai loro genitori, dalla comunità circostante (Comune, Parrocchia, Stato, Ass.ni di volontariato) avessero fatto nascere i loro figli, molto probabilmente sarebbero andate incontro a difficoltà pratiche, economiche, sociali ecc. ma sarebbero senz’altro molto più serene e con meno rimorsi e sofferenze..
Siamo alla solita conclusione e non potrebbe essere diversamente: ascoltare i messaggi che Dio ci ha dato e continua a darci fa vivere bene…. qui… oggi
(Continua)
P.S. Ho volutamente lasciato fuori il tema della guerra, perché molto importante e meritevole di un approfondimento particolare che faremo la prossima volta.