L’INTERVENTO
di Piergiorgio Morosini*
Don Ciotti, parole di speranza credibili
“Siamo un paese dove pile di libri ci raccontano le malefatte di ogni casta, il dilagare delle raccomandazioni, la sistematica strumentalizzazione del ruolo pubblico per interessi privati”
– “Il mio sogno è che il volontariato sparisca perché ciò vorrebbe dire che la solidarietà non è più una virtù di pochi, non rappresenta l’eccezione, ma la regola di tutti”. Una provocazione? O piuttosto la missione di una vita? In realtà sono parole di speranza. E poi sono parole credibili, perché a proferirle è don Luigi Ciotti. Un uomo che, con il suo impegno, ha fatto tesoro della lezione di Sant’Agostino. Sta scritto nel De civitate dei.
La speranza ha due figli. La rabbia, che significa vedere le cose come sono. E il coraggio, che, invece, ti fa vedere le cose come potrebbero essere. Ma il coraggio è guardare dentro la propria coscienza, ribellandosi all’impotenza e diventando una spina nel fianco delle istituzioni. L’azione di don Luigi esprime proprio questo.
Sempre dalla parte degli “ultimi”. Dai tossicodipendenti ai senza lavoro; dagli sfruttati ai carcerati. Un’unica stella polare: la difesa della dignità dell’uomo, per renderlo libero. Il suo metodo: l’impegno giorno per giorno da condividere con gli altri. Coinvolgendo e lasciandosi coinvolgere, motivando e lasciandosi motivare. Con il Gruppo Abele, don Luigi ha portato nelle carceri minorili l’umanità del vangelo. Ha ridato un senso a giovani esistenze smarrite.
Si è dedicato a tempo pieno alle tante storie di disperazione della comunità terapeutica; storie di abbandono, di genitori che non comprendono i figli, di persone che, ad un certo punto, smettono di credere alla bellezza della vita. E poi l’impegno di Libera, affinché tutte le mafie siano sconfitte per davvero. Don Luigi ha capito che processi e repressione non bastano. I boss si sconfiggono con il lavoro e l’istruzione.
Quando il “diritto” prende il posto del “favore”. Libera ha puntato sull’entusiasmo e sulla generosità di tanti ragazzi e ragazze. Ha utilizzato i beni confiscati ai clan per formare delle cooperative, dando lavoro e un modello di vita a misura d’uomo a tante persone.
Recentemente don Luigi ha lanciato uno slogan: “meno solidarietà, più diritti e più giustizia”. E’ una risposta alle tentazioni di molti amministratori. In questo periodo di crisi, tanti vorrebbero servirsi del volontariato per risparmiare risorse pubbliche.
Don Luigi non intende rinunciare all’impegno. Ma richiama le responsabilità della politica. La solidarietà non può essere l’unica delegata a ridurre le ingiustizie. Lo Stato deve fare la sua parte per recuperare risorse. Questo impone la riscoperta l’etica pubblica. Troppo spesso è stata liquidata come una anticaglia del passato.
Siamo un paese dove pile di libri ci raccontano le malefatte di ogni casta, il dilagare delle raccomandazioni, la sistematica strumentalizzazione del ruolo pubblico per interessi privati. Al di là dei reati e dei processi, occorre porsi qualche interrogativo. Interrogativi che coinvolgono la società da lasciare alle future generazioni.
Quale esempio dà oggi ai cittadini la politica? Un tempo era chiamata a “promuovere la felicità” dei più, è ancora così? O assistiamo al continuo saccheggio dei beni pubblici, non solo il denaro, ma anche l’acqua, l’aria, il paesaggio? Si tratta di condotte isolate? Oppure è diventato un modo di pensare talmente generalizzato da produrre assuefazione? Se la regola è disinteressarsi per tutto ciò che è collettivo, e tutto va piegato al tornaconto personale, come facciamo a dire ancora ai giovani che la corruzione o l’evasione fiscale sono degli illeciti? E poi che futuro ha una società che “ruba a se stessa”?
Tutto si consuma in un sistema economico “dove nulla è proibito” e “tutto deve essere esplorato”. Si svaluta ogni antidoto istituzionale all’illecito. La giustizia è derisa. C’è un “proliferare indiscriminato e, in fondo, amorale delle transazioni economiche e finanziarie”, come ha scritto Edmondo Berselli nel volume postumo L’Economia giusta (Einaudi, 2010).
Tutto è in vendita, compresa la dignità delle persone. Non c’è più indignazione. Men che meno la fiducia negli altri. Occorre un cambiamento delle coscienze. Per realizzarlo c’è bisogno del contributo di ognuno di noi. Questa è la speranza. Di questa speranza ci parlerà don Luigi Ciotti a Cattolica il 14 ottobre alle ore 21 al teatro Snaporaz.
* Magistrato della Procura di Palermo
IL PERSONAGGIO
Don Ciotti, una vita a fianco degli ‘ultimi’
– Cavaliere di Gran Croce Ordine al Merito della Repubblica Italiana nel1996, don Luigi Ciotti (Pieve di Cadore, 10 settembre 1945) è un presbitero italiano, presidente di Libera e grande protagonista nella lotta alla mafia.
Emigra con la famiglia a Torino nel 1950. Giornalista pubblicista dal 1988, Ciotti è editorialista e collabora con vari quotidiani e periodici. Nel 1968 inizia l’intervento all’interno degli istituti di pena minorile. Terminati gli studi presso il seminario di Rivoli (TO) viene ordinato sacerdote nel novembre del 1972 dal cardinale Michele Pellegrino, che come parrocchia gli affida la strada.
Il suo impegno pubblico inizia nel 1966 con la creazione del Gruppo Abele, organizzazione che opera all’interno delle carceri minorili ed aiuta le vittime della droga; nel 1982 viene costituito il coordinamento nazionale delle comunità d’accoglienza, il CNCA, e nel 1986 Ciotti diventa il primo presidente della Lega italiana per la lotta contro l’AIDS (LILA).
Nel febbraio 1993 pubblica il primo numero del mensile Narcomafie e il 25 marzo 1995 fonda Libera, una rete che coordina nell’impegno della lotta alla mafia oltre 1.500 associazioni e gruppi sia locali che nazionali.
Personalità molto influente nel campo religioso e sociale, don Ciotti è autore di alcuni libri a carattere educativo, di impegno sociale, di riflessione spirituale. Il 23 giugno 2007 ha ricevuto il “Premio speciale San Bernardo” per l’impegno nel sociale. Il sacerdote è attualmente membro del Consiglio Pastorale della Diocesi di Torino.
IL FATTO
Il Comune di Cattolica tra i promotori
Osservatorio contro le mafie
– La mafia e la criminalità organizzata non sono fenomeni lontani dalle nostre terre. Da anni si moltiplicano gli articoli di cronaca che sempre più in maniera dettagliata e inquietante ci raccontano questo fenomeno. Le istituzioni si stanno organizzando per prevenire, ostacolare e combattere i fenomeni mafiosi. Il 28 settembre il Comune di Cattolica ha firmato il protocollo d’intesa con la Provincia e il Comune di Bellaria per costituire un Osservatorio contro le mafie.
Osservatorio coordinato dalla Provincia di Rimini per il monitoraggio e l’analisi dei fenomeni di illegalità collegati alla criminalità mafiosa. L’osservatorio andrà a coinvolgere tutti i 27 comuni della provincia di Rimini, la Questura, la Prefettura e la Camera di commercio. Obiettivo fare confluire le banche dati dei diversi enti. Altro aspetto dell’Osservatorio le attività di formazione e educazione nelle scuole.
L’INTERVENTO
di Alessandro Bondi *
Etica e legge di fronte all’ingiustizia
“Dov’è dunque il nesso? Nella loro somma. Identificata la variabile pubblica, etica, solidarietà, legalità esprimono una possibilità di orientare le azioni degli uomini verso comportamenti socialmente accettabili”
– Una strana equazione. Etica+solidarietà=legalità. Cosa significa? L’etica è scienza della condotta, indaga il comportamento umano di fronte ai concetti di bene e di male. È un termine filosofico, precede uno stato giuridico. D’altro verso, la solidarietà è un atteggiamento fondato sulla coscienza di appartenere a una comunità, di condividerne le necessità tanto da offrire un aiuto morale o materiale a chi si trova in uno stato di bisogno.
È un termine filosofico, anche se ha un’origine giuridica. Rimane infine la legalità, su cui c’è poco da dire perché esprime solo la conformità alla legge, buona o cattiva che sia. Tant’è che per le leggi razziali era legale lo sterminio degli ebrei: tanto legale quanto eticamente indegno.
Dov’è dunque il nesso? Nella loro somma. Identificata la variabile pubblica, etica, solidarietà, legalità esprimono una possibilità di orientare le azioni degli uomini verso comportamenti socialmente accettabili. D’altronde la legge, soprattutto quella penale, esprime regole che possono coincidere con un minimo etico e, quando è così, la legge è più forte, accettata, trova coincidenza nella forma come nella sostanza.
Non a caso uccidere senza ragioni accettabili è sempre stata condotta contro la legge penale come contro l’etica. Per contro, bestemmiare o commettere adulterio non sono più contro la legge penale, per quanto rimangano eticamente riprovevoli. Insomma, il concetto di legalità è un prodotto più o meno forte, certo mutevole. Sue variabili possono essere l’etica come la solidarietà.
Il prisma della legalità oggi è laico, formale, dipende dal potere, democratico o assoluto che sia. Nondimeno, oggi come ieri la legalità è legata alla natura dell’uomo, perché la società si fonda su condotte che anticipano le regole dello Stato e trovano solidarietà per l’uomo nel bisogno, prima ancora di cercare regole per l’uomo nella società.
Un minimo etico porta così a chiedersi del bene e del male di fronte all’ingiustizia, del bene e del male di fronte alla sofferenza altrui, del bene e del male di fronte all’indifferenza. Un minimo etico può insomma coincidere con la legge, anche se poi legge ed etica prendono strade diverse.
Un minimo etico che quando si somma all’empatia per le sofferenze altrui apre la strada all’intervento della legge. D’altronde, nel passato la legge penale era solamente una sommatoria di divieti, sul modello codice di Hammurabi come dei dieci comandamenti biblici. È stata la sofferenza altrui a spingere la regola penale a reinventare se stessa, a trasformarsi da divieto in comando per obbligare l’uomo al soccorso del ferito, alle cautele sui luoghi di lavoro per salvaguardare l’incolumità delle persone, al versamento delle imposte per garantire i servizi sociali di una comunità.
Un’ultima osservazione. La regola, etica o legale, in fondo rappresenta un fallimento: qualcosa è in pericolo e ci si deve mettere d’accordo prima sul cosa fare e come reagire quando l’uomo si confronterà con altri uomini. La solidarietà è l’opposto: rappresenta una speranza quando l’uomo si avvicinerà ad altri uomini. Il loro connubio è la sfida della società che scommette su se stessa.
Una società che forse merita qualcosa di più del tifo da stadio per i pruriginosi bisogni di una marcescente politica che copula sul ciglio del disastro economico e sociale. Ma questa è un’altra storia.
*Docente Diritto penale Università di Urbino
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