L’INCHIESTA
di Francesco Toti
– Separare. Scegliere. Giudicare. E’ il significato della parola crisi, greca l’origine. Un altro lascito di quell’inarrivabile e misteriosa civiltà. Per molti osservatori la crisi economica è in pieno colpa di coda e con gli esiti ancora incerti.
Invece se andiamo a guardare il bicchiere mezzo pieno, qualcosa si sta muovendo, seppure solo a rilento. Top Automazioni (Poggio Berni) e Mt (San Giovanni in Marignano) sono due gioielli dell’imprenditoria provinciale. Piccole ma leader mondiali. La prima, seconda in Europa dietro gli svizzeri, produce caricatori automatici di barre per torni: viene utilizzato dalle aziende di moda, da quelle di orologi fino alla produzione di pezzi per carri armati. Inventato da quel genio di Bruno Bargellini. Artigiano metalmeccanico, stava aspettando il caricatore, ma tardava. Così se lo progettò e costruì.
La seconda, invece, Mt, (acronimo di Marchetti Terenzio), produce testine per torni ad altissimo contenuto tecnologico. La famosa meccatronica (sintesi di meccanica ed elettronica). Nei momenti forti, solo tre anni fa, il 2008, esportava oltre il 50 per cento della produzione. Primo mercato gli Usa. Clienti di prestigio: Caterpillar e Osteotonix (protesi). E cresceva a colpi del 40% l’anno.
Per entrambe le aziende il segreto, se così si può dire, erano gli investimenti in tecnologia.
In questo momento entrambe hanno ripreso a marciare. La Top Automazioni ha finito la cassa integrazione ed è all’80 per cento delle sue capacità. Se un tempo esportava il 60 per cento, ora le parti si sono invertite: l’estero vale attorno al 35 per cento. Se le sue macchine utensili si vendono in Italia significa che i nostri imprenditori hanno ancora voglia di rischiare, di innovare, di credere nel futuro, nonostante tutto. Bruno Bargellini è anche il presidente dell’Api (Associazione della piccola e media impresa) della provincia di Rimini. Analizza a chi gli chiede quali sono gli effetti positivi della crisi economica: “Non vedo nessun appiglio positivo in questa crisi. In quelle negli anni addietro, di minor portata, gli imprenditori bravi erano soliti fare investimenti in innovazione per essere pronti nella ripresa. Ma in questo momento, le banche non aiutano. E non migliora neppure il rapporto tra le istituzioni e gli imprenditori. Se in passato potevo nutrire un po’ più di fiducia, gli ultimi provvedimenti me l’hanno fatta perdere. I politici pensano di tagliare le pensioni delle fasce più deboli quando loro hanno privilegi da Medio Evo.
“Personalmente – continua Bargellini – le cose sono ripartite. La mia azienda è dallo scorso settembre che se la sta cavando. Solo che gli ordinativi hanno un orizzonte di 2-3 mesi; un tempo invece era di 8-9 mesi”.
Pessimista invece Mauro Gardenghi. Sul tavolino i “Saggi” del saggissimo magistrato francese Montaigne, è il segretario della Confartigianato della provincia di Rimini. E a chi gli chiede i risvolti positivi della crisi, anch’egli non ne sbircia, se non uno. E quest’uno potrebbe avere una portata importante sul medio e lungo periodo del tessuto produttivo provinciale.
Racconta Gardenghi: “L’unica cosa buona è stata che molti figli di artigiani sui trent’anni e con la laurea in tasca, impossibilitati a trovare un impiego legato agli studi, hanno optato per l’azienda dei genitori. Si sono messi a fare gli imprenditori. Voglio ricordare che l’artigiano è più completo del teorico e che oltre che pensare, ha anche l’intelligenza nelle mani”.
“Quanto al resto – continua Gardenghi – è un pianto. La piccola e la media impresa è in ginocchio non per colpe proprie. Non è stata l’economia reale ad entrare in crisi, ma ce l’ha portata la finanza internazionale. Urge la regolamentazione del sistema”.
“E’ chiaro – conclude Gardenghi – che i ritardi strutturale, il debito pubblico, le crisi delle banche che necessitano di ricapitalizzazione, si fanno sentire più in Italia che altrove, in questo momento”.
Sulla stessa lunghezza d’onda di Gardenghi anche Salvatore Bugli, direttore della Cna della provincia di Rimini. Argomenta: “Questa crisi costringe tutti a riflettere: non ci sono cose facili. Ha indotto le famiglie e gli imprenditori alla sobrietà. Purtroppo le colpe risiedono nella finanza; chi doveva controllare per tutelare la comunità non lo ha fatto. Per il futuro dobbiamo rivedere i meccanismi di tutela, da una parte. Dall’altra, la crisi dei consumi sta cambiando la comunità. Diamo meno valore alle cose materiali e c’è un approccio e pratiche più ordinate verso ogni cosa. Alcuni settori sono in una fase direi rivoluzionaria. Penso, ad esempio, alla filiera alimentare con il chilometro zero.
Voglio essere positivo e dire che il singolo imprenditore, la singola famiglia, se la possono cavare soltanto se fanno comunità. Il tempo dei solisti fenomeni è finito. Preferisco una squadra di mediani che una di mezze punte”.
Bargellini: “ Nella crisi le banche non aiutano. Le istituzioni neppure. n passato potevo nutrire un po’ più di fiducia, ora non più”
Bugli: “Questa crisi costringe tutti a riflettere: non ci sono cose facili. Ha indotto le famiglie e gli imprenditori alla sobrietà”
Gardenghi: “Molti figli di artigiani sui trent’anni e con la laurea in tasca, impossibilitati a trovare un impiego legato agli studi, hanno optato per l’azienda dei genitori”
Celli: “Se non cambiamo di testa usciamo dall’economia”
Quattro domande a Pierluigi Celli, bellissimo riminese, presidente dell’Università Luiss di Roma
L’INTERVISTA
– “Di buono la crisi economica ci potrebbe portare la consapevolezza che se non cambiamo i parametri della testa noi usciamo dai giochi economici mondiali”.
Pierluigi Celli è un bellissimo riminese (di Verucchio, per la precisione). Ha ricoperto grandi incarichi dirigenziali in aziende private e pubbliche (è anche stato direttore generale della Rai). Attualmente è presidente dell’Università Luiss di Roma. Scrive libri. Ha il dono di saper raccontare storie tenendo lontano la noia.
Che cosa porta di buono la crisi economica?
“Dovrebbe portare la consapevolezza che se non cambiamo i parametri della nostra testa non ne usciamo. Di per sé non facciamo nulla per uscirne. Non se ne sta occupando la politica, i finanzieri, gli imprenditori. Se c’è una logica, è quella che ti devi salvare da solo, che devi fregare gli altri, con la finanza che ti fa arricchire in fretta. Se è questo, non cambia nulla“.
La spallata può arrivare dai giovani?
“Forse è colpa anche dei giovani troppo individualisti. Di coloro i quali consumano i beni di famiglia. Da costoro è impossibile avere una spallata. Che cosa vuole che abbia in testa chi vede tanta gente attorno a sé pronto a servirlo e che lo fanno sentire forte e potente. Chi non ha gioielli di famiglia da vendere deve fare assolutamente qualcosa. Mettere in campo idee e tentare di realizzarle. Non ci sono santi, ha il dovere di aguzzare l’ingegno e fare la matita al cervello”.
Con la politica nessuna speranza?
“Di politica campano indirettamente cinque milioni di italiani; è chiaro che la politica ti dà il posto in cambio di qualcosa. La politica ha la logica perversa della corruzione delle teste e siamo in una spirale. I posti alti della politica sono occupati da persone mediocri e che mano mano che si scende degrada ancora di più. Oggi, i partiti selezionano la loro sopravvivenza. Chi sta in cima seleziona chi non disturba. E se stai dentro mangi; fuori hai perso”.
Qual è la sua sensazione del futuro?
“Sono pessimista ed ottimista ad un tempo. Della nostra crisi ancora non abbiamo capito niente. Per stare nel circuito mondiale gli altri corrono. O ci mettiamo a correre anche noi, oppure crolliamo. Credo però che qualcuno si rimboccherà le maniche e inizierà a correre”.
g. c.