Era un uomo di destra, di quella Destra storica, sobria e rigorosa in primo luogo con se stessa, che non c’è più, e forse in Italia c’è solo fuggevolmente stata. Fatta di uomini liberi
Faceva cose straordinarie e, come tutti, sciocchezze, anche quelle in proporzione. Diceva che “in un editoriale basta un’idea, meglio nessuna”, ma per quella sua idea di libertà si prese prima le pallottole delle Brigate Rosse, poi le sparate di Fede e Sgarbi
CULTURA
di Gabriele Paci*
– Giornalisti: vivi, morti, vivi da morti e morti da vivi…
Non era un santo, non era un eroe, non era un poeta (a modo suo magari sì), non era neppure tanto democratico e aveva navigato anche in acque opinabili, più che un artista si riteneva un artigiano, ma soprattutto era un uomo libero.
Per questo Indro Montanelli (Fucecchio 22 aprile 1909-Milano 22 luglio 2001) era passato attraverso fascismo, ‘democristianismo’ e berlusconismo sposando tutte le cause sbagliate che a lui sembravano giuste, ma ‘ismo’ dopo ‘ismo’, non aveva mai sposato l’opportunismo. E quando non gli garbava più sbatteva la porta pagando le conseguenze del caso. Tanto dei soldi se ne fregava (non conosceva neppure l’entità della sua pur congrua pensione e discretamente chiese di informarsene quando chiuse la Voce), ce li aveva di famiglia e guadagnati, ma viveva come un guerriero spartano o un filosofo stoico, rifuggiva dalle pompe e rifiutò il laticlavio senatorio a vita offertogli da Cossiga (“Non è stato un gesto di esibizionismo, ma un modo concreto per dire quello che penso: il giornalista deve tenere il potere a una distanza di sicurezza”. E al Presidente scrisse “Purtroppo il mio credo è un modello di giornalista assolutamente indipendente che mi impedisce di accettare l’incarico”). E tutto perché era un uomo libero.
Come il nostro Marino Moretti andava per la sua strada, incontro alla sua guerra, se cascava cascava per terra, accidenti a chi provava a tirarlo su. E come Gigi Proietti in ‘Le farò da padre’ ad un certo punto avrebbe potuto cominciare a dire un’unica frase “E soprattutto non rompetemi i coglioni…”. Perché si era conquistato la libertà di diventare un uomo libero. E di essere lasciato in pace.
A metà anni ’50 voleva convincere l’ambasciatrice americana in Italia Clare Booth Luce a far arrestare preventivamente e a prescindere tutti i comunisti o quasi (e lei, cui l’anticomunismo non aveva mai fatto difetto, dovette frenare i suoi ardori). Ma subito dopo, nel ’56, raccontò simpateticamente la rivoluzione ungherese come una ribellione al comunismo in nome di quegli stessi ideali. E che, a volte, i sogni possono vivere oltre l’alba. Poi a metà anni ’90 si convinse che il nostro Paese ai comunisti molto doveva. E’ vero che quelli nostrani non c’erano già quasi più se non negli sproloqui di un pazzo petulante, ma era sempre un bel dire. Perché era libero di dirlo.
Faceva cose straordinarie e, come tutti, sciocchezze, anche quelle in proporzione. Diceva che “in un editoriale basta un’idea, meglio nessuna”, ma per quella sua idea di libertà si prese prima le pallottole delle Brigate Rosse, poi le sparate di Fede e Sgarbi. ‘Era’ Montanelli, non ‘si sentiva’ Montanelli, e spesso assumeva i suoi giornalisti, al Giornale come alla Voce, senza averli conosciuti precedentemente, se convinto da come scrivevano e si comportavano. Perché, a differenza degli altri, era un uomo libero. Diceva “la linea del giornale la decidono i redattori, purché coincida con la mia”, poi per loro accettava imprese apparentemente folli e personali rinunce. Perché era un uomo libero di farlo.
Scriveva da dio, con un linguaggio basico e comprensibile da tutti, gustoso e digeribile come olio di Serbadone (di Sotto), ma non si credeva Dio. Il quale, invece, qualche volta si crede Montanelli. Si fidava degli altri, anche dei giornalisti, specie i suoi, e se uno comincia a fidarsi dei giornalisti è entrato in un tunnel che lo porterà a fidarsi di avvocati, dentisti e amministratori di condominio… Detestava i farabolani, ma qualche ‘farabola’ la contava pure lui, magari, palazzeschianamente, perché lo lasciassero divertire. Era un uomo di destra, di quella Destra storica, sobria e rigorosa in primo luogo con se stessa, che non c’è più, e forse in Italia c’è solo fuggevolmente stata. Fatta di uomini liberi.
Frequentava ricchi e potenti soprattutto per tenere in vita le sue ‘creature’. Poi ne tracciava ritratti urticanti. Specie del più ricco e impotente (e perciò sbandierante la propria potenza) di tutti. Che arrivò ad argomentare su come Montanelli e Biagi ce l’avessero con lui per invidia delle sue ricchezze.
Ma quando uno è un uomo libero, che gli puoi dire o dare…
Montanelli non amava i santini e considerava con ironico sarcasmo certi suoi agiografici ritratti. Perciò queste righe, le mie prime (o quasi) su di lui, e solo per l’amichevole insistenza degli amici de la Piazza, forse gli sarebbero piaciute. Anzi forse gli piacciono, perché ovunque sia ora quell’impenitente laico (commosso dalle preghiere di Papa Wojtyla per la madre), sta certamente scrivendo. Dai suoi unici padroni (“Un solo padrone, il lettore” fu lo slogan di lancio de la Voce) prese momentaneo congedo “ringraziandoli dell’affetto e della fedeltà con cui lo hanno seguito”. Ma per loro sta forse preparando un nuovo quotidiano. Vi terremo informati…
*La Voce Multimedia, già capo della redazione romana de la Voce di Montanelli