L’INTERVISTA – LA STORIA
– Il dittatore Benito Mussolini raccontato dalla nipote Edda Negri attraverso i ricordi della nonna, donna Rachele, la consorte del duce. La madre, Anna Maria, è l’ultimogenita dei Mussolini. Muore nel 1968, a soli 39 anni.
La signora Negri dal 2009 è sindaco di Gemmano, con una lista di centrodestra, con dentro alcuni esponenti del centrosinistra. Sposata, svolge il ruolo in modo molto personale, con spirito di servizio. Usa la sua automobile, paga di tasca gerani e fioriere che ornano il palazzo comunale, niente cellulare di servizio. Con i propri soldi ha fatto pubblicità a Gemmano sulla rivista del Touring Club e ha comprato una sedia all’Ikea. Lo scorso anno, sempre con i propri soldi, ha pagato le uova di Pasqua per i 400 bambini delle scuole. E’ in ufficio tutti i giorni dalle 9,15 fino alle 14. Saluta tutte le persone che incontra in paese, anche quelli che non conosce, con un gagliardo buon giorno e buona sera.
“Per me fare il sindaco – racconta la signora Negri – è farlo nel bene di tutti i cittadini. Non guardo mai il colore di chi viene da me con un problema; purtroppo è una logica che non viene seguita in tutt’Italia”.
L’opposizione l’accusa di essere ferma, di non fare nulla. Ribatte: “Che significato ha non fare niente? Dobbiamo fare opere pubbliche, ma con quali risorse? Gli amministratori devono svolgere il compito tenendo conto delle capacità finanziarie a disposizione come farebbe un buon padre di famiglia. Non possiamo fare i mutui con leggerezza, dopo i cittadini sono chiamati a onorarli con l’aumento delle tasse. Penso anche a chi verrà ad amministrare dopo di me. A Gemmano abbiamo messo in piedi delle belle iniziative che richiedono pochi investimenti ma aumentano la qualità della vita: fatto ginnastica dolce con l’ausilio di volontari, presto apriremo un Centro giovani, abbiamo agevolato la costituzione di tre associazioni, tra cui la costituzione della società di calcio. Abbiamo riqualificato il centro storico con piccoli interventi e piccole cifre. Forse la mia è una politica utopistica, ma qualcuno deve pure iniziare”.
Tricolore sul tavolo, con la signora Negri non è meno interessante, anzi, farsi raccontare i ricordi dei nonni, Benito e Rachele Mussolini. E’ arrivata a Gemmano per puro caso. Insieme al marito lavora in Rai; è assistente dei programmi (Geo & Geo, Unomattina). Riccione è la sua seconda casa, dopo Roma. Il babbo, Nando Pucci Negri, faceva il presentatore e d’estate lavorava a Riccione (Savioli). E si portava con sé tutta la famiglia (che poi era la sorella Silvia). La signora Negri trascorre le estati riccionesi insieme a Lucia Baleani, Carlo Andrea Barnabé, Stefania Prampolini. E frequenta i Bagni Pasquale (zona 78-79), quelli di Corazza, dove andava il nonno Mussolini, il ristorante “da Fino”.
Il marito della signora Negri va in pensione e decidono di trasferirsi a Riccione. Cercano casa; nel 2001 si ritrovano a Gemmano. La signora si dedica al volontariato. Nel 2009 la chiamano a correre come sindaco.
A chi gli chiede come colloca nella storia l’ingombrante nonno, risponde: “L’ho sempre visto come il nonno. Di lui mi ha parlato nonna Rachele. Mi diceva che era molto intelligente e che amava l’Italia. E tutto quello che faceva, era per l’Italia, anche negli sbagli. Forse si doveva fidare di meno di alcune persone.
Era anche solita raccontarmi che pur potendo tanto, non viveva con lo stipendio dello Stato, ma scrivendo articoli per i giornali. Si davano del voi e quando mancavano i soldi per la spesa e per l’affitto, la nonna lo induceva a produrre più articoli. E’ vero che l’affitto di villa Torlonia, dove abitavano, era simbolico, ma c’era. Mai l’avrebbe pretesa gratis, anche se poteva”.
“La nonna – continua il sindaco di Gemmano – da buona romagnola contadina, aveva avuto un’infanzia difficile. Ultima di cinque figlie femmine, volle studiare. Fece fino alla quarta elementare e fu rivoluzionaria. Mio nonno Mussolini, chiamato ‘il matto di Predappio’, la conobbe minorenne. L’andò a prendere a Carpena a piedi sotto una pioggia battente. Senza ombrello, se la portò a Forlì. Aveva 10 anni più di lei. Uomo senza arte, né parte, nei primi tempi non avevano neppure i soldi per mangiare. Dovette affrontare cose inimmaginabili; non erano neppure sposati. Era lei a gestire i soldi della famiglia. Il nonno non aveva mai una lira in tasca. Nonna Rachele non perse mai le origini. Non appena mise piedi a villa Torlonia costruì il pollaio e iniziò a fare l’orto. La cucina era quella romagnola: le tagliatelle, i passatelli. Il piatto preferito dal nonno, nonostante l’ulcera, erano le tagliatelle”.
“La famiglia – continua la signora Negri – faceva una vita normalissima. Mia nonna prendeva l’autobus; ascoltava con attenzione gli umori delle persone. E riferiva. Mia mamma e lo zio Romano andavano a scuola in autobus. Certamente potevano chiedere e ricevere, ma non lo facevano. Per il compleanno della nonna, il nonno le regalava sempre una suo foto con dedica autografata. Una volta sola, le regalò un bracciale d’oro; venne venduto per pagare gli interessi. Invece, da buona contadina, la nonno regalava cose utili: calzini, mutande, magliette della salute. Cose che mi sono state trasmesse”.
“Nonna Rachele – prosegue nel suo lessico familiare – ha influito molto sulla mia crescita. L’ho frequentata moltissimo fino al 1979. Mi diceva che avevo il suo carattere. Anche la camminata è simile”.
Dall’istantanea del Mussolini nonno, al Mussolini politico. “Dico, comunque, che non ho vissuto quel periodo. La storia la scrivono i vincitori. Penso che abbia fatto alcuni sbagli, come le leggi razziali, l’entrata in guerra. Allora la Germania era l’America di oggi; che poteva fare?”.
Quali rapporti invece tra donna Rachele e Casa Savoia? “Non li frequentava. Era davvero la contadina che stava a villa Torlonia con il fazzolettone in testa e il grembiule addosso. Non faceva vita sociale, ma dava molti consigli al marito, che non ascoltava molto. Lo avesse fatto, forse la storia sarebbe stata altro. La regina, quando mia madre prese la polio ed era in fin di vita, le regalò una bambola grandissima. In quegli anni, ’35-’36, il nonno voleva abbandonare la scena per dedicarsi solo alla famiglia”.
E che cosa pensava donna Rachele del Mussolini rubacuori? La signora Negri: “Quando è morta, io avevo 15 anni e non si parlava molto di queste cose. Diceva che lei era sempre la signora Mussolini e che veniva sempre a casa a dormire. Il nonno tornava sempre anche a mezzogiorno. Dopo il pasto, c’era il riposo e la lettura dei giornali. Una sera, racconta la nonna, arriva tardi con gli amici per mangiare. Data l’ora restano a digiuno. Dopo la guerra, tanti politici, sia di destra, sia di sinistra, si fermavano a salutarla e qualcuno anche a chiedere consigli”.
Pesato il cognome? Negri: “Mai sbandierato la discendenza. Mi sono sempre presentata come Edda Negri. Quando lo venivano a sapere per altre vie, se mi accettavano bene, altrimenti niente. Affari loro”.
Sulla storia raccontata dagli storici cosa non l’è piaciuto? “Nel libro ‘Un dittatore italiano’ c’era scritto che mia madre era tonta di intelletto. Invece, le donne Mussolini erano (e sono) tutte intelligenti”.
E sua zia Edda, la più amata da Mussolini? “Era una donna molto forte, chiusa, spigolosa. Fino a 12 anni le ho dato del lei. Tra lei e mia madre c’erano 19 anni di differenza. Era la preferita, da piccola mio nonno se la portava in spalla ai comizi. Aveva un’aria altera, senza gioielli, vestiva in modo semplice. Amava fare le parole crociate ed i rebus. E, come tutti i Mussolini, anche lei era un’accanita giocatrice del Lotto. Puntava in società con lo zio Romano”.
Quanti sono oggi le famiglie Mussolini? “Una decina; ma una marea sono al femminile”.