Mi sono accorta che spesso nelle vostre pagine sembra trapelare questo giudizio: “la Chiesa non attira più perché non è la Chiesa dei poveri, quindi per recuperare attrattività deve liberarsi di tutto quello che, gerarchie vaticane in primis, le impedisce di schierarsi a favore dei poveri”.
In base alla mia esperienza posso affermare che questa “diagnosi” è sbagliata, come pure la conseguente “prognosi” perché nei fatti le vostre argomentazioni rischiano di ridurre il cristianesimo a sociologia. Ci sarebbero tanti argomenti da vagliare, con un attento esame di ciò che è accaduto ed accade, tenendo l’animo libero da pregiudizi e spaziando dagli aspetti storici a quelli sociali.
Vorrei mettere in risalto l’essenziale. La Chiesa “recupera” nella misura in cui proclama e rende evidente che solo Gesù Cristo è il Signore, della vita di ogni persona come della storia. È poi Cristo che, mediante lo Spirito Santo, attirerà alla Sua Sposa.
Il mondo cattolico nel suo insieme sta attraversando una crisi non di impegno sociale ma di comprensione sul significato del rapporto con Dio! Bisogna essere netti: cosa significa credere che Gesù è il Signore? Rispondere innanzitutto “devi comportarti bene e scegliere i poveri” sposta l’attenzione sulle conseguenze etiche della domanda ma salta quelle ontologiche, ossia quelle che coinvolgono tutto il nostro essere. In parole semplici, fare il bene è una conseguenza non una premessa dell’essere cristiani, la premessa dell’essere cristiani è riconoscersi peccatori e bisognosi di essere salvati. Se è accettato questo (e per farlo bisogna voler conoscere davvero se stessi), aderire a Gesù implica credere che la sua vita è la soluzione alla nostra sete di verità, di bellezza, di bene. I grandi dubbi che da sempre affliggono l’umanità (il perché della vita, della morte, del dolore, dell’amore, il loro significato) in Lui hanno trovato una risposta non tanto verbale quanto esistenziale. Quindi solo vivendo pienamente in Lui (col battesimo si è innestati in Cristo) si può agire come Lui e tutto quello che di realmente umano attraversa le nostre vite non va perso ma si eterna, dura per sempre.
Da quanto ho potuto constatare nelle persone che ho incontrato in questi anni, dove questo tipo di certezza è vissuta, l’ “essere buoni e aperti verso i poveri” non è una esigenza da perseguire per sé e pretendere per gli altri, ma è semplicemente la propria vita. È questo che ora è decisivo recuperare e Papa Benedetto XVI sta aiutando tutta la Chiesa a farlo. Cordiali saluti.
Sonia Pesaresi