di Sergio Tomassoli
– Con la morte di Gianni Quondamatteo avvenuta nei primi anni Novanta, è scomparso uno dei maggiori interpreti di un’epoca fortemente feconda di iniziative letterarie, folklore, dialetto, usanze, gastronomia e mestieri. Testimonianze attinte dalla viva voce del popolo, da lì a poco destinate a scomparire per sempre.
Conscio di ciò Gianni tesse una rete di ricerche che copre quasi tutta la Romagna, coinvolgendo decine di persone. Sono semplici cittadini, contadini, giornalisti, studiosi, artisti, cuochi delle trattorie di campagna, rinomati ristoranti e marinai dei pescherecci.
Con i riminesi Marcello Caminiti, Luigi Pasquini e con Lucio Filippini di Cattolica, rinnovano l’usanza di partecipare all’annuale fiera di Santarcangelo di Romagna declamando da un palchetto e poi vendendole, le poesie di Giustiniano Villa, il ciabattino poeta dialettale di San Clemente.
Quondamatteo avverte il futuro sviluppo della Riviera Adriatica e l’importanza dell’unione dei vari centri turistici nella pubblicità, nelle attrazioni e manifestazioni, per creare il tal modo un unico grande palcoscenico per tutti gli ospiti della Riviera.
Allo scopo di amplificare la voce fonda, con Leo Cozzi di Riccione, il settimanale Riviera Eco che viene capillarmente diffuso dai Lidi Ferraresi fino a Fano.
La distribuzione avveniva gratuitamente ogni sabato annunciando il programma della settimana di ritrovi, spettacoli nei locali notturni, negli alberghi e sulle spiagge, contribuendo efficacemente al boom turistico di quegli anni.
Gianni Quondamatteo è stato il primo sindaco del dopoguerra di Riccione. In seguito, grazie alla sua grande esperienza e versatilità, ne viene anche nominato addetto stampa. Al suo attivo la vincita di un premio letterario e la pubblicazione di numerosi libri, tra i quali il famoso “Mangiari di Romagna”, “Cento anni di poesia dialettale”, “E’ Viaz”, “Tremila modi di dire dialettali”, “Romagna e Civiltà”.
Infine il grande “Dizionario romagnolo ragionato”, nel quale l’autore con rigorosa serietà e meticolosità della ricerca, narra la Romagna degli umili con l’intenzione di salvare il più possibile le voci dei dialetti e fornire materiale di studio e testimonianze culturali. Lo fa con stile, freschezza e con una tematica che rivela il fiuto e l’esperienza del giornalista di razza.