LA CULTURA
di Hossein Fayaz*
– I temi trattati e presentati dai progettisti Cristina Tartari incaricati dal Comune e finanziabili dalla Regione (Legge Regionale 6/2009, articolo 8, comma 1), riportano al centro della discussione la città, guardandola ed organizzandola a partire dagli spazi pubblici e dalla loro qualità in termini di fruibilità, godimento e sicurezza; dai percorsi pedonali e ciclabili, alla cerniera verde urbana; dall’isola ambientale alla conseguente mobilità dolce.
Guardare ed organizzare la città in funzione del cittadino. Che ha la voglia di raggiungere attraverso percorsi protetti e piacevoli, a piedi o in bicicletta qualsiasi luogo. Quelli dedicati alla ricreazione. Quelli finalizzati al consumo comune, dell’istruzione e della cultura, dell’incontro e dello scambio, della sanità e del servizio sociale, dei culti e così via.
Dall’inizio dello scorso settembre alla fine di gennaio, ci siamo incontrati con i tecnici incaricati per sette volte. Nei cinque incontri pubblici hanno partecipato dai venti ai quaranta cittadini.
Due incontri, uno all’inizio e l’altro alla fine del percorso, erano riservati ai gruppi consigliari, associazioni, comitati cittadini, proprietà dell’ex Pastificio Ghigi e lotti adiacenti.
Era la prima volta che nel Comune di Morciano e nella Provincia di Rimini si intraprendeva il percorso della “Urbanistica Partecipata”.
Secondo la legge Regionale 6/2009 (art.4, comma 1) il Programma di Riqualificazione Urbana dell’ex Pastificio Ghigi deve tenere conto delle proposte dei cittadini che vivono ed operano nell’ambito del Comune. Questo principio fu richiesto prima e dopo le elezioni comunali del giugno 2009, da parte dei Comitati cittadini “Per la difesa dei diritti del cittadino” e “Morciano in Comune”.
Gli aspetti negativi
La relazione dei tecnici, dal titolo “La Ghigi: analisi del programma funzionale”, riporta esattamente i metri quadri, i volumi e le destinazioni di uso dell’accordo integrativo del 17 febbraio 2010 (revisione dell’accordo 2003), firmata dal sindaco Claudio Battazza senza alcuna consultazione con i morcianesi. In un Comune di sette mila abitanti con 16 Consiglieri comunali, quando all’assemblea pubblica ben pubblicizzata, partecipano in 20 incluso i tre tecnici incaricati, c’è qualche cosa che non va.
Si potrebbero formulare due ipotesi.
La prima. Come dice un esponente della giunta comunale, i cittadini hanno fiducia e sono d’accordo con gli amministratori e quindi non vedono la necessità di partecipare al percorso.
La seconda. I cittadini non credono all’iniziativa e non hanno il tempo da perdere e soprattutto, non vogliono essere presi in giro, quindi boicottano l’iniziativa. Tenendo conto che oltre alle richieste dei comitati cittadini, ci sono 724 cittadini che in una petizione popolare chiedono la riduzione dei volumi e metri quadri, la creazione di reale verde pubblico (non i giardini pensili), aperture delle vie Colombari e Crispi e altro. Inoltre ci sono altri 76 operatori economici e cittadini che in un’altra petizione, dicono di no a un Ipermercato nel centro cittadino, le torri, i parcheggi interrati e la pedonalizzazione di Piazza di Risorgimento.
Tutte le ipotesi e le simulazioni si muovono restando fermamente all’interno di quest’accordo: 7.800 metri quadrati di commerciale rimangono al piano terra (2.945 mq di commerciale in più rispetto all’accordo di 2003), 6.800 mq di residenziale, 600 mq di uffici – terziario e 1.400 mq di attrezzature pubbliche nei piani superiori. In totale 16.600 mq. In realtà non prende in considerazione nessuna delle proposte e richieste orali, scritte e protocollate dei comitati e di centinaia di cittadini di Morciano.
Conclusioni
Salvo il vizio di fondo di imporre i 16.600 mq di Ghigi, crediamo che la “Urbanistica Partecipata” e la sua relazione finale siano i primi tentativi di analisi complessiva di vivere a Morciano. Crediamo inoltre, che molti concittadini giovani e anziani, capaci di dare il loro contributo, indipendentemente dal comportamento dell’amministrazione, potessero arricchire la relazione.
Da questa esperienza sofferta ma complessivamente bella, prendiamo atto che sono necessarie alcune modifiche dello Statuto comunale. Come ad esempio la possibilità di indire i referendum propositivi e abrogativi e le elezioni di revoca del mandato dell’eletto per la giusta causa.
Le riforme sono necessarie, per limitare il potere smisurato della maggioranza uscita dalle urne (in realtà 1.770 elettori su 5.300 aventi il diritto di voto), affinché gli eletti conservino lo spirito del candidato e mettano sempre al primo posto e sopra di tutto, il bene comune e la vivibilità del paese. Nei Comuni, negli Stati Uniti d’America e la Svizzera, dove da molto tempo sono in vigore questi diritti, si sente di raro questa frase: “Abbiamo vinto le elezioni e quindi ora comandiamo noi!”.
Una città e un Paese democratico vanno amministrati con consenso della maggioranza dei cittadini.
*Comitato per la difesa dei diritti del cittadino