di Milena Zicchetti
Fabio Rossi è in grado di presentare la sua passione per la cucina romagnola all’ennesima potenza, curandone l’estetica fin nei minimi dettagli e con la massima attenzione alla materia prima. Romagnolo “doc”, è stato proprietario e chef per dieci anni (dal 1996 al 2006) dell’Acero Rosso, rinomato ristorante insignito di una Stella Michelin nel Borgo San Giuliano a Rimini. Dal 2008 si trova a capo della brigata del Ristorante Vite di San Patrignano, ora agriturismo, dove ha intrapreso un nuovo percorso, ugualmente stimolante soprattutto, dice lui stesso, a livello umano. Ed è proprio qui, su questa arcinota collina nel Corianese, che l’ho incontrato, proprio all’inizio della sua giornata di lavoro.
Ci accomodiamo al fresco, in uno dei tavolini all’esterno da cui si gode di una bellissima vista fino al mare.
Diversamente da altri chef, Lei è affiancato da ragazzi che non provengono specificatamente dal mondo della ristorazione… Che tipo di rapporto ha con la sua brigata?
Dei ragazzi che ci sono adesso nella brigata del Vite, qualcuno ha frequentato la scuola alberghiera all’interno di Sanpatrigano dove viene data loro la possibilità di imparare qualcosa su sala e cucina, quindi qualcuno di loro una infarinatura l’ha avuta. Altri hanno fatto solo qualche corso regionale ma hanno avuto modo lo stesso di confrontarsi con altri chef. Qualcuno di loro semplicemente ha passione per la cucina e si butta, vuole provare. In questo momento la brigata è composta da ragazzi che sono tutti in percorso, sono una quindicina che ruotano giornalmente e il mio lavoro principale è quello di coordinarli, di sovrintendere, spiegare come preparare i piatti e come poter migliorare. Diciamo che il grosso del lavoro in cucina lo fanno loro e se il locale ha successo e la cucina piace è perché stanno diventando bravi.
Sicuramente, ma hanno un buon insegnante… è anche merito suo…
Si, ma è anche vero che ci mettono tanta buona volontà e passione e questa è la cosa più importante.
E Lei quando ha capito che da grande avrebbe voluto fare lo chef?
E’ iniziato tutto per caso. Mi sono iscritto alla scuola alberghiera semplicemente perché non avevo voglia di studiare, il classico rifugio per chi voleva prendere un diploma col minimo sforzo. Dopo il primo anno sono andato in crisi, in realtà non mi piaceva ed ero tentato di smettere, ma grazie ad alcune amicizie che mi hanno convinto a rimanere, piano piano mi sono fatto lasciare prendere.
Un grazie a quegli amici allora se Lei è qui…
In effetti, durante il mio percorso, ho conosciuto persone che mi hanno fatto innamorare di questo lavoro e ho iniziato a capire che sarebbe potuto nascere qualcosa, che avrei potuto fare anche strada. Dopo diverse stagioni estive e qualche esperienza seria in ristorante, ho alla fine aperto un ristorante mio, l’Acero Rosso, qui a Rimini e mi sono preso diverse soddisfazioni. Poi è capitata l’opportunità di lavorare qui al Vite e di soddisfazioni ne sto avendo altrettante. Diciamo che, non volendo, ho trovato la strada giusta.
Ritornando alla sua cucina: cosa non può mai mancare?
La voglia di cucinare! Si, gli ingredienti sono di base, mi piace cucinare di tutto per cui sarebbe difficile o riduttivo sceglierne uno solo.
Però la cosa fondamentale secondo me è che quando si entra in cucina lo si deve fare con la voglia di cucinare, se invece sei arrabbiato o nella giornata no, di sicuro c’è poi qualcosa che non viene come dovrebbe. Una cosa che ho imparato negli anni, anche se non è facile, è che bisogna mantenere il gruppo di lavoro il più possibile sereno, cercare di smorzare il più possibile gli attriti prima che inizi il turno.
“Maialino arrostito sui carboni” e “Piccione cotto nella creta”: sono piatti che solitamente consiglia, quali sono le loro particolarità?
Il piccione è a me caro e c’è spesso nei miei menù: è una carne che a me piace molto, quindi mi piace proporlo interpretandolo in diverse maniere e presentarlo come antipasto, come primo e come secondo. Il maialino da latte di Mora Romagnola diciamo invece che è il fiore all’occhiello della comunità e di cui abbiamo un allevamento, siamo riusciti a trovare una formula di preparazione, una ricetta che gli si addice particolarmente e che lo risalta al massimo.
Immagino che buona parte delle materie prime che utilizza in cucina provengano dalla comunità.
Sì, soprattutto adesso che abbiamo riaperto con questa nuova formula (azienda agrituristica, ndr), ci siamo messi dei paletti: con varianti a 360° ma cerchiamo di rimanere legati a ciò che produciamo noi internamente. Poi fortunatamente abbiamo tantissimi prodotti che vanno dai bovini, suini, ovini, animali da cortile come faraone e galletti, le quaglie, il “lepriglio” un nostro particolare incrocio tra lepre e coniglio che incuriosisce molto le persone. Possiamo sciegliere da un paniere piuttosto ampio, cerchiamo di utilizzarli tutti, diversificandoli magari con cotture particolari, abbinamenti di salse e presentazioni curate.
Lei cosa ne pensa degli chef in tv?
Adesso li infilano proprio d’appertutto!! (Ride) Non so, sarà che per carattere sono piuttosto timido e chiuso, se posso queste cose le evito!
Per carità, da un lato hanno fatto bene alla categoria perché hanno dato un po’ più di valore a questo mestiere, che quindi si è rivalutato.
In Francia i grandi chef sono portati su un piatto d’argento da sempre, basta parlare di Bocuse (Paul Bocuse, è considerato uno dei più grandi cuochi al mondo del nostro secolo, l’inventore della “nouvelle cousine”, ndr). In Italia invece parlare di cibo è sempre stato quasi un tabù, non se ne è mai parlato e per emergere Marchesi (lo chef italiano più noto al mondo e fondatore della “nuova cucina italiana”, ndr) è dovuto diventare ultra sessantenne. Non è da molto che qui in Italia si parla di cucina. Adesso però stanno esagerando in maniera opposta e, da addetto ai lavori, quelle pochissime volte che mi capita di vedere alcune trasmissioni sui generis, posso dire che si vedono delle cose allucinanti!
Eppure riscuotono molto successo queste trasmissioni e, forse anche per questo, molti giovani decidono di intraprendere questo lavoro. Cosa si sente di consigliare loro?
Ecco, questo è un esempio lampante del potere della tv. Mentre prima tutti volevano fare i corsi da sala e bar perché si sta più a contatto col cliente, ci si veste in giacca e cravatta e quindi il soggetto è più elegante e raffinato, in cucina non ci voleva stare nessuno…
Adesso c’è l’ondata, tutti vogliono stare in cucina, ma perché? Perché in cucina si diventa famosi, si scrivono e pubblicano libri, si partecipa a trasmissioni televisive e quindi… Via, andiamo tutti a fare i cuochi! Innanzitutto occorre sapere che prima di arrivare a certi livelli, bisogna fare tanta gavetta, saper rinunciare a volte anche a cose importanti personali, mettere davanti sempre il lavoro, quindi non è così immediato il successo come può sembrare, sempre che arrivi poi!
Rinunce e sacrifici quindi… Il poco tempo libero come lo passa?
Il poco tempo libero che ho cerco di suddividerlo ulteriormente: un po’ per la famiglia, ho una moglie e una filgia che ha 19 anni, un minimo di svago personale, anche per scaricare le tensioni del lavoro e poi… basta… perché di tempo non ce n’è più, passa troppo velocemente.
Quando esce, che locale preferisce per un pranzo o una cena?
Quando esco con mia moglie e mia figlia, cerco quasi sempre qualcosa di molto semplice, preferisco la qualità piuttosto che qualcosa di troppo ricercato e impegnativo, un ambiente easy, di tipo famigliare. Se invece mi capita di uscire con gli amici, allora ci piace sperimentare, scoprire posti nuovi… anche se a volte può andare bene altre volte no… Diciamolo, per deformazione professionale in questi casi a volte sono un po’ critico.
A tavola birra o vino?
Mi piacciono entrambi e li bevo entrambi molto volentieri. Ma preferisco il vino. Più il rosso che il bianco… e le bollicine.
Se potesse avere una bacchetta magica come la userebbe?
Una cosa che mi piacerebbe che non ho mai fatto è avere la possibilità di girare, vedere posti nuovi, altre culture, altri stili di cucina.
Riuscire quindi ad avere più tempo libero per girare di più il mondo.
E se potesse identificarsi in un piatto, in quale?
…E’ complicata questa domanda… Sto cercando di collegare quello che potrebbe essere un piatto al mio carattere, al mio modo di essere… Di primo istinto mi è venuto da pensare allo spaghetto aglio, olio e peperoncino… sì, direi che potrei essere benissimo questo piatto.
Un’ultima domanda che mi piace fare spesso: tre cose che porterebbe su un’isola deserta.
La famiglia sicuramente, mi hanno sempre sostenuto e sopportato.
Altre due cose…
No, mi bastano loro, perché tanto poi sarebbero solo cose materiali e probabilmente non sarebbero poi così fondamentali da portare su un’isola deserta.
La nostra conversazione “vista mare” finisce così. Che dire… Come non essere d’accordo con chi definisce Fabio Rossi uno chef squisito, generoso e con tanti valori e principi?
Milena Zicchetti
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