La fusione Hera – Acegas ha finalmente fatto scoppiare tutte le contraddizioni di un sistema politico amministrativo egemonizzato dalla sinistra che da anni usa le regole del mercato non per ampliare la concorrenza ma per allargare il proprio potere. Applicare le regole europee o semplicemente di buon senso per distinguere il soggetto che eroga un servizio pubblico (soggetto privato) da chi deve controllare (soggetto pubblico) che il servizio sia svolto bene ed a costi contenuti per i cittadini, significa migliorare l’efficienza e creare risparmi. Con Hera non è avvenuto così. L’influenza politica sui suoi organi amministrativi è sempre stata evidente ed il suo strapotere tecnico-organizzativo rispetto all’organo che avrebbe dovuto controllare il servizio (ATO) era ed è imbarazzante. Se a ciò aggiungiamo che i Comuni, che dovrebbero controllare, sono soci e percepiscono gli utili, e che Hera è quotata in borsa e quindi deve rispondere ai criteri imposti dal mercato per non perdere valore azionario, capiamo perché oggi molti, anche a sinistra cominciano ed essere spaventati ed a ripensare all’intero modello.
La nuova disciplina sull’ATO regionale prova ad aumentare il potere di controllo pubblico, ma se alle petizioni di principio non seguiranno fatti concreti ed una forte volontà politica, tutto il meccanismo risulterà vano. Noi come PDL riminese, abbiamo da sempre sostenuto l’opportunità per gli Enti Pubblici di vendere le azioni di Hera, sia per far fronte ad investimenti immediati e necessari, sia per rompere quel pericoloso cordone ombelicale tra il controllore ed il controllato. La sinistra ci ha sempre criticato in questa posizione salvo oggi fare una clamorosa marcia indietro.
La crisi e la diminuzione di risorse pubbliche, non consente più alla sinistra di usare il mercato a suo uso e consumo e di improvvisarsi liberale. Oggi se si aderisce alle regole del mercato queste vanno seguite fino in fondo e se il pubblico abdica al proprio ruolo di controllore della qualità e del giusto costo dei servizi pubblici locali, crea dei danni ai propri cittadini. Infine, il fatto che vari sindaci del PD abbiano votato contro a questa fusione pure essendo vincolati al voto del patto di sindacato, da un lato dimostra ancora una volta l’uso strumentale delle deliberazioni comunali, ma dall’altro certifica che la sinistra non può più tenere i piedi in due scarpe liberalismo economico e statalismo comunista non sono conciliabili ed i nodi stanno sempre più venendo al pettine.
* Consigliere Regionale (Pdl)