Sulla sponda settentrionale del Marecchia, dove l’acqua dolce si mescola al sapore salmastro e rugginoso del mare, un piccolo museo a cielo aperto sta perdendo, nell’indifferenza generale, le sue opere più preziose. Chiunque abbia nostalgia della Rimini d’altri tempi sa bene che, per rivivere quelle atmosfere, basta attraversare il Ponte di Tiberio e tuffarsi nel gomitolo di vicoli e piazzette di Borgo San Giuliano. Qui però, diversamente da quanto succede in un museo tradizionale, non ci si mette in fila per entrare, non si paga alcun biglietto e l’orario di chiusura è così flessibile che il visitatore può placidamente attardarsi in una delle tante osterie senza che arrivi il sorvegliante per cacciarlo. La domanda sorge ora più che spontanea: ma cosa diavolo ci sarà mai da vedere nel Borgo? Come ogni gioiellino artistico, il Borgo offre scorci interessanti e opere di valore. Piccoli tesori che, da qualche anno, esigono un occhio di riguardo in più. Innanzi tutto, l’architettura! Anche dopo graziose ristrutturazioni, le case a schiera di San Giuliano conservano i segni di un’edilizia popolare, vagamente medievale, scomparsa sotto le bombe angloamericane nel resto della città. Beh, tutto qui? Certo che no. I curatori del “museo” hanno pensato bene di offrire agli occhi del visitatore qualcosa in più rispetto ai semplici mattoni: il colore. Già, perché non esisterebbe il Borgo senza i suoi murales. Paesaggi marini, monumenti e creature felliniane fanno la loro comparsa sulle facciate delle abitazioni, accanto a una finestra, dietro una buchetta delle lettere. Le opere, che dalla prima edizione della “Festa de’ Bòrg” (1979) hanno cominciato a tappezzare le pareti di San Giuliano, sono opere di artisti fra cui, Luciano Maroncelli, Giacomo Foglietta, Maurizio Minarini. Il filo conduttore è il fortissimo legame con il folklore romagnolo, la tradizione marinara e i personaggi carnevaleschi che hanno ispirato i film di Federico Fellini, il “Riminese più famoso del mondo”. Quanto alla street-art, invece, il camminamento lungo l’invaso il Borgo offre sgargianti graffiti a bomboletta spray, anch’essi opera di talentuosi writers fra cui Davide Salvadei, in arte “Eron”. Insomma, colori in ogni stile e declinazione. Ma veniamo ora alla nota dolente. Complici il passare degli anni e la morsa degli agenti atmosferici, i murales sbiadiscono, si scrostano. Dei più vecchi s’intuiscono solo i contorni, qualche tinta che non si decide a scolorire e i borghigiani, insofferenti a tanta decadenza, rimbiancano, cancellando per sempre quelle rustiche pennellate dismesse. Anche i graffiti non se la passano bene. Ancora non esiste un progetto del Comune che regolamenti e stabilisca, in maniera definitiva, un piano di riqualificazione. Incentivare la produzione di graffiti (magari istituendo una gara con “Rimini” come tema) potrebbe rivelarsi un’ottima soluzione per attirare giovani artisti e aggiungere, al quartiere storico per antonomasia, un tocco di fantasia e modernità. San Giuliano, antica residenza di operai, lavandaie, vetturini e lupi di mare, è forse l’unico quartiere della città che vanti un retroterra culturale e bozzettistico così spettacolare. Sarebbe un peccato non valorizzarlo al meglio e preservarne lo spirito. Da anni la “Società de Borg” si occupa dell’organizzazione della celebre Festa che, a cadenza biennale, coinvolge l’intera cittadinanza (e non solo). Quest’anno il tema scelto dai giovani della Società è “Artorne me futur” (Ritorno al Futuro), una sorta di “spauracchio” alla famigerata profezia Maya: due notti in cui, per incanto, passato, presente e futuro coincideranno. Sarebbe bello che da questa unione scaturisca anche un progetto per salvaguardare le opere di tanti artisti per fare in modo che, una volta riportate a nuova gloria, possano colorare le vie del Borgo anche nei prossimi anni.
Alberto Biondi