Nell’ambito del Premio Artigianato e Cultura d’Impresa che Confartigianato e CNA provinciali promuovono per valorizzare le piccole e medie imprese a loro iscritte, le due associazioni hanno colto nuovamente l’occasione per rilanciare un grido d’allarme. “Nella nostra Regione e anche nel nostro territorio – hanno dichiarato in maniera congiunta Salvatore Bugli, direttore provinciale di Cna e Mauro Gardenghi segretario provinciale di Confartigianato (foto di copertina Petrangeli/Bove), – la piccola e media impresa rappresenta il 98% del tessuto imprenditoriale e per sensibilizzare sulla gravità della situazione ci rivolgiamo a tutte le istituzioni, alle forze politiche, al mondo bancario, chiedendo di mettere in campo ulteriori interventi immediati e politiche in grado di dare respiro alle imprese per rilanciare produttività e lavoro”.
In passato si è anche parlato di un vero e proprio “disegno” per spazzare via la piccola media impresa dal mercato. Tutto per favorire le grandi realtà. Sara vero? Un fatto è certo. Fare “piccola” impresa, oggi, in Italia è un’impresa nel vero senso della parola. Che cosa fare?
Per Cna e Confartigianato provinciali “serve un deciso cambio di passo, servono provvedimenti legislativi a misura dell’artigianato e della piccola impresa, che prevedano maggiori stanziamenti, risorse per il Consorzio Unifidi che sta sostenendo anche sul nostro territorio le imprese che altrimenti non riuscirebbero ad ottenere credito. E’ ancora troppo poco quello che il sistema bancario sta facendo. Chiediamo l’alleggerimento della pressione fiscale che grava in modo crescente sulle imprese, così come un’ulteriore accelerazione degli interventi volti a snellire e semplificare la burocrazia che soffoca l’attività delle aziende. Siamo contrari a qualunque generalizzazione o strumentalizzazione che configuri intere categorie come evasori fiscali. Chiediamo politiche di coinvolgimento attivo del privato, promuovendo e sperimentando nuove forme di sussidiarietà orizzontale in diversi settori per i quali gli Enti locali avranno minori risorse (manutenzione, servizi sociali, energia, ecc.). Se c’è la consapevolezza della centralità economica della piccola e media impresa, è assolutamente necessario pensare innanzitutto ad esse quando si pianificano gli interventi. E’ una centralità che vorremmo rilevare in fatti concreti e quotidiani. Il pericolo è quello di penalizzare ulteriormente il ceto medio produttivo, e con esso anche la stessa democrazia economica che vuole un mercato che sia di tutti e non solo per pochi: monopoli, oligopoli, multiutilities e grande finanza speculativa”. Il dibattito, anche a livello locale, rimane dunque aperto anche perchè – dichiarano ancora i vertici delle due associazioni “senza democrazia economica anche la democrazia politica rischia di essere stravolta. Il ceto medio produttivo è, non solo un grande valore economico ma anche sociale e culturale, una risorsa insostituibile per il nostro Paese.”
Redazione Online
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