Stefano Vitali, presidente della Provincia di Rimini, Andrea Gnassi, sindaco di Rimini, Manlio Maggioli, presidente della Camera di Commercio Rimini intervengono sulla Carim in una dichiarazione sola. Dicono: “A pochi giorni dalla convocazione dell’assemblea dei soci di Banca Carim spa, riteniamo opportuno ribadire alcuni concetti circa il ruolo e gli impegni assunti dalle Istituzioni del territorio a tutela e garanzia del tessuto socioeconomico riminese durante il frastagliato percorso che separa l’oggi da quell’ottobre 2010 in cui la Cassa di Risparmio venne posta, su proposta della Banca d’Italia, in amministrazione straordinaria”.
“Negli ultimi 23 mesi – continuano i tre – gli Enti pubblici si sono messi completamente a disposizione per trarre fuori Carim dalla più drammatica crisi della sua storia, avendo come solo obiettivo quello di salvaguardare un istituto di credito le cui sorti sono legate al territorio. Salvare la banca, specie in una fase economica di insopportabile pesantezza per le famiglie e le piccole e medie imprese locali, significava (e significa) mantenere fermo e centrale il tema del credito, ossigeno per le aziende riminesi e per le decine di migliaia di persone occupate”.
“Senza volere aprire allora il capitolo delle responsabilità e della guerra intestina che ha condotto la Carim a un passo dal fallimento – rimarcano Vitali-Gnassi-Maggioli -, ottemperando al nostro ruolo pubblico ci siamo giustamente fidati nella fase del ‘salvataggio’ delle costanti rassicurazioni del presidente Pasquinelli. Camera di Commercio, Provincia e Comune di Rimini hanno creduto e condiviso nella necessità di aprire una fase nuova nel rapporto tra istituto bancario e territorio, ricostruendo un clima di fiducia (anche con i commissari) basato finalmente su trasparenza e rigore dell’azione; premialità al merito e alla competenza piuttosto che all’appartenenza o alla cooptazione particolare; coinvolgimento vero delle Istituzioni, dei piccoli soci e in generale della comunità nelle scelte di un istituto di credito che ha un peso indiscusso sulle dinamiche lavorative e imprenditoriali del territorio. Per questo è stata sostenuta in ogni sua fase e elogiata l’operazione di ricerca dei capitali, anche nonostante gli esiti distanti da quanto preventivato”.
“Quanto accaduto nelle ultime settimane – chiudono i tre uomini – segna però un’inversione di rotta rispetto a tale percorso lealmente sostenuto e condiviso. Come Enti soci siamo stati costretti a prendere atto senza alcun coinvolgimento e a giochi pressoché fatti delle decisioni prese dal cda della Fondazione Carim. Ciò rischia di mandare in mille pezzi un clima sin qui positivo, fondato essenzialmente sul duplice impegno – ripetiamo – della trasparenza e della elisione di quell’equilibrio armato e paralizzante che poi si è rivelato la concausa dei gravissimi problemi della banca. Il tutto aggravato da un elemento nuovo e indiscutibile: se a detta di tutti il salvataggio lo si è dovuto anche (soprattutto?) allo sforzo dei piccoli azionisti, degli imprenditori, delle categorie economiche, come si concilia ciò con la riproposizione delle antiche e esclusive logiche? La banca è ‘cosa di tutti’ fino al momento della ricapitalizzazione ma torna ‘cosa di pochi’ un secondo dopo?
Giunti a questo punto, e mantenendo fede al ruolo di garanzia e tutela degli interessi della comunità riminese, si chiede un chiarimento rispetto all’eventuale scostamento dagli obiettivi originari di ‘fondazione su nuove basi’ della Carim, nonché sulle intenzioni che ha la banca nel sostenere quanti e quali programmi a favore dell’area riminese”.