Per la prima volta il processo cambia formula: non ci si troverà davanti ad una accusa con una richiesta di condanna e ad una difesa per l’assoluzione, ma davanti a tre personaggi con altrettante argomentazioni. Quesito al centro del dibattito: il Rubicone, qual’è il vero? Una questione irrisolta e molto dibattuta nel corso degli anni e che interessa un corso d’acqua effettivamente attraversato da un certo Giulio Cesare con le sue truppe, violando la legge che impediva l’accesso di uomini armati sul territorio italico e reso famoso per la frase pronunciata “Alea iacta est”, presente su ogni libro di storia. Tre sono le ipotesi sul tavolo: il Fiumicino, il Piasciatello-Urgòn e l’Uso. Ad argomentare le loro convinzioni, il giornalista forlivese Giancarlo Mazzuca, l’archeologa riminese Cristina Ravara Montebelli e lo studioso cesenate Paolo Turroni. A presiedere il Tribunale sarà il sindaco di San Mauro Pascoli Gianfranco Miro Gori. Il verdetto, come sempre, sarà emesso dal pubblico presente.
Ecco qualche anticipazione sulle tesi che verranno discusse durante il processo e chi sostiene cosa. Il giornalista Giancarlo Mazzuca si è schierato a favore del Fiumicino (l’attuale Rubicone, come decretato da Mussolini nel 1933). Questi gli argomenti che discuterà. Il Rubicone viene citato la prima volta nel “De vita Cesarum” quando Svetonio ne descrive l’attraversamento da parte di Giulio Cesare il 12 gennaio del 49 a.C. Poi riappare sulla Tabula Peutingeriana, una tavola realizzata nel XIII secolo, che riporta gli itinerari delle strade romane del III-IV secolo. Ed è su questo documento storico che si fonda la certezza che il vero Rubicone sia il corso d’acqua che attraversa Savignano sul Rubicone. Secondo la Tabula infatti, risulta che il Rubicone dista 12 miglia da Rimini e si trova sulla via Emilia.
L’archeologa Cristina Ravara Montebelli è invece pro Uso e lo dimostrerà discutendo tre punti. Un precedente giuridico, un processo cioè già intentato dalla Sacra Rota nel 1750, poiché l’allora arciprete della Chiesa di S. Vito, Giovanardi, aveva innalzato a poca distanza dall’Uso, un’iscrizione indicante quel luogo come l’antico confine d’Italia, un tempo Rubicone. Gli altri due punti si basano invece su ritrovamenti archeologici. Uno è il ponte romano di San Vito, un importante monumento, sconosciuto ai più, riemerso nel 2004 grazie alle indagini archeologiche condotte dall’A.R.R.S.A, sotto la direzione della Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna, promosse dal Comune di Rimini e dal parroco della Chiesa di San Vito e S. Modesto. L’altro è un altrettanto poco noto reperto: una pietra miliaria scoperta nel 1949 e da allora conservata presso i Musei Comunali di Rimini.
Infine, lo studioso cesenate Paolo Turroni che esporrà le sue tesi a favore del Pisciatello-Urgon basandosli su numerose testimonianze di varia natura. La centuriazione romana, i nomi dei luoghi, i documenti scritti, i nomi delle pievi, le antiche pergamene ravennati, le carte geografiche vaticane, la prima carta stampa della Romagna. Questi alcuni esempi che porterà: la pieve di San Martino in Rubicone a Calisese, del IX secolo; i confini delle diocesi di Cesena e Rimini, sorte nel V secolo sulle tracce degli antichi municipi romani, segnati dal percorso del fiume Rubicone; addirittura Giovanni Boccaccio, l’autore del Decamerone, che identifica il fiume chiamato Pisciatello con lo storico Rubicone. L’inizio del dibattito è alle 21,00 con ingresso libero. Per informazioni: 0541.933656 (M.Z.)