di GIOVANNI CIORIA
Sette industrial designer (progettisti industriali) di livello internazionale. In poco più di un anno venduto circa 300 bar dai materiali “economici” e tecnologia del freddo eccellente. Un tour in sette città in giro per il mondo per far conoscere la civiltà del gelato insieme a Sigep (Rimini Fiera), Carpigiani e Mec3. Le città che saranno toccate: Roma (lo scorso 5, 6 e 7 maggio), Valencia (5-7 luglio), Melbourne (in ottobre) a seguire Shanghai, Dubai, San Paolo o Buenos Aires. Il Gelato world tour (Giro del mondo col gelato) chiude a Rimini nel settembre del 2014. Un villaggio-gelato con sedici gelatieri a preparare i gusti, ma anche competenze commerciali e tecniche per aprire locali con imprenditori locali.
Sono alcune delle fondamenta sulle quali la Ifi punta a farcela. Leader in Europa per banchi bar e vetrine gelato, la guida il cattolichino Gianfranco Tonti (foto), un signor imprenditore, un signor uomo. L’azienda si propone l’obiettivo di vendere all’estero il 60 per cento della produzione; oggi è “solo” attorno 40. “Il nostro tema racconta Gianfranco Tonti, cattolichino, presidente di Ifi Industrie – è aprire nuovi mercati e intensificare quelli che abbiamo. Ad esempio apriremo un ufficio a Dubai in pianta stabile per i potenziali mercati di quell’area”. Insomma, il futuro passa per l’estero e per l’eccellenza. Ifi con le sue vetrine gelato progettate da designer di livello mondiale (Makio Hasuike e Marc Sadler, due Compasso d’oro), ad esempio, è il partner di catene di gelaterie: Grom (una cinquantina nel mondo), D4 (una sessantina nel mondo, nessuna in Italia), Rivareno (una ventina). Con quest’ultima si è appena sbarcati a Sidney (gennaio) e Malta (questo luglio). Ifi e il gelato portano una data: il 2000. Fino ad allora, il marchio di Tavullia significava l’eccellenza nei banchi bar, sia per la tecnica del freddo, sia per il qualità del design. Grazie alla svolta, oggi il comparto gelateria vale il 40 per cento dei ricavi. E mentre i bar chiudono, le gelaterie continuano ad aprire. Il fiore all’occhiello è la Tonda, la vetrina progettata da Makio Hasuike. Dai primi anni 2000, ogni anno, Tonti prende la valigetta a si fa una decina di viaggi di lavoro all’estero. Afferma: “La manifattura italiana ha tutte le carte in regola per farcela sulle nuove vie di sbocco. Però ci vogliono quattro elementi: la ricerca, l’innovazione, il design e la qualità crescente. Altrimenti davanti non avremo che une recessione infernale”.
“Il lavoro – riflette Tonti – non lo crei dicendo voglio creare il lavoro, ma con le cose dette sopra. Da un punto di vista personale sono fiducioso”. Tonti è anche il presidente dell’Adi (Associazione del design italiano) per le Marche, l’Abruzzo e il Molise. Tiene numerosi incontri con imprenditori e giovani progettisti. Argomenta: “Le aziende però devono passare attraverso la cultura del progetto. C’è vera innovazione se quel progetto l’hai fatto. I designer industriali sono delle api impollinatrici. Negli incontri organizzati dall’Adi si cerca di parlare agli imprenditori demotivati e che stanno per gettare la spugna. L’obiettivo è di costruire una comunità progettuale; ripeto che se si progetta bene, non ci sono dei costi in più. Anzi. E pongo insieme una domanda che ci aiuta a riflettere: come mai l’Italia alla prima crisi vera non ha retto la concorrenza? Affermo con forza che il mondo intero ci riconosce il massimo nel design. Noi siamo la culla, come il Rinascimento. E la progettazione deve essere l’elemento portante per ripartire con la nostra manifattura. Non ci sono altre scorciatoie: ogni impresa che chiude è la desolazione che aumenta”. E la politica? Tonti: “Deve dare segnali chiari per la speranza. Si ha bisogno di una politica che sappia reinterpretare il proprio ruolo. Con la cultura di un nuovo progetto. Se le istituzioni, se gli imprenditori non si rimboccheranno le maniche ci sarà l’immeserimento del Paese”.
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