di EVA PANISSA
L’ultimo appuntamento della rassegna Sottosale – Parole a lunga conservazione, sabato 24 agosto, è dedicato ad Alfredo Panzini e le trasformazioni dell’Italia moderna, dialogo con Marco Antonio Bazzocchi (foto) e Alessandro Scarsella, docente di Letterature comparate all’Università di Venezia. Nel centocinquantesimo anniversario della nascita di Alfredo Panzini, la personalità dello scrittore è indagata con nuova attenzione. Panzini è stato non solo un narratore importante nei primi trent’anni del secolo ma anche un osservatore attentissimo della storia e della società italiana, di cui ha seguito i cambiamenti a tutti i livelli, dal linguaggio alla moda. Particolare attenzione nello studio della sua epoca è rivolta al mondo femminile, ricordiamo che la Mostra ‘Alfredo Panzini e lo stile delle donne’ è visitabile fino all’otto settembre al Museo La Casa Rossa.
Illuminiamo un aspetto di Alfredo Panzini ed il suo pensiero sul mondo moderno e sui cambiamenti della società. Panzini, per l’accademico Claudio Varese, è un “umanistico postillatore della vita” come lo definisce in un saggio del 1951. La letteratura ha significato, per Alfredo, l’estremo argine per proteggersi dalla volgarità della modernità. La fortuna editoriale del Panzini è dovuta alla sua vicinanza psicologica e morale con l’italiano piccolo borghese, il quale vedeva crollare sotto il peso degli stravolgimenti economici, culturali e politici del mondo moderno, tutte le sue certezze e per questo si sentiva estraneo al suo tempo, spettatore impotente della fine del proprio mondo, inconsciamente ritenuto eterno. La sua indole di testimone passivo, fece sì che il commento, l’analisi, l’annotazione attraverso cui Panzini manifestava il suo disgusto nei confronti di una realtà meschina ed intollerabile, fossero le forme predominanti della sua narrativa. L’opera di Panzini non andrebbe considerata solo nel suo valore artistico, bensì come documento della cultura e del costume italiano. Per certi aspetti, lo scrittore può essere considerato un rappresentante della mentalità della piccola borghesia umanistica italiana. L’atteggiamento morale e la psicologia dell’autore risentivano dei limiti di quella cultura, e nei momenti peggiori si rispecchiavano nel temperamento e nella individualità dell’uomo, i difetti di tutta una classe.
Nelle sue pagine felici Panzini come ogni vero poeta rappresenta il valore artistico, ma la sua intera opera possiede un significato politico e storico, perché egli ha osato confessare e ha voluto allargare i dubbi e le incertezze che incrinavano la vita sociale e civile, culturale e morale dell’Italia. Con il suo duttile spirito di un contemporaneo, ed un buon senso letterario ha saputo adattare i suoi commenti ai vari periodi, addentrandosi nell’intreccio di tutti i problemi politici, economici, sociali, morali contemporanei, e individuare nel “mondo moderno, gretto e corrotto, piccolo nelle idee e materiale e meschino nelle aspirazioni”, il vero mondo del presente e riconoscerlo ancor più nell’avvenire. Panzini portava in se la nostalgia di due mondi fra loro nemici, quello tradizionale e cattolico della vita patriarcale e il mondo del partito repubblicano storico. Ed ha velato il suo sdegno di quella malinconia e di quella amarezza riflessiva ripiegata, che sarà poi sua caratteristica.
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