di A.N.P.I. Alta Valconca – Sezione Iris Versari
L’articolo è stato pubblicato a pagina 66 sulla Piazza del mese di Aprile. Vai al giornale on line QUI
Sabato 9 marzo 2013, l’A.N.P.I. Alta Valconca sezione Iris Versari, ha ospitato Don Andrea Gallo presso la sala-teatro “Giustiniano Villa” di San Clemente. Con quest’articolo, vorremmo riuscire a restituire qualche emozione e qualche parola di quella serata a chi non è potuto essere presente o semplicemente ha scelto di fare altro. L’incontro, dal titolo “Prospettive per una nuova resistenza”, intendeva far conoscere al maggior numero possibile di cittadini, i fondamenti del pensiero di un prete tra i più liberi e critici all’interno della chiesa cattolica. Il successo di pubblico di questo incontro è stato indiscutibile, il teatro Villa era gremito, con una parte del pubblico costretta ad assistere in piedi, dentro e fuori la sala. La schiettezza, la genuinità e l’amore che emergono dalle parole e dai gesti semplici di personaggi pubblici come Don Gallo, rappresentano una garanzia tangibile nell’ essere percepiti dai cittadini come persone vere, autentiche, formatesi sulla base di esperienze di vita vissuta e valori realmente fatti propri e condivisi nel quotidiano.
Don Gallo nasce in una famiglia di origini molto umili, ex-partigiano, ordinato sacerdote nel 1949, ha dedicato tutta la vita agli ultimi; siano essi tossicodipendenti, prostitute, emarginati, alcolizzati, senza casa, “diversi”, umanità dalle solitudini più disparate e disperate, poco importa, tutti, senza esclusione alcuna, sono sempre stati accolti nella sua comunità di San Benedetto al Porto di Genova, da quasi quaranta anni. E i valori professati da Don Gallo sono pochi, chiari ed essenziali, ma racchiudono l’amore ed il senso che hanno guidato e guidano ancor oggi la sua vita e fortunatamente quella di milioni di esseri umani. Quando sale sul palco, a San Clemente, mai potresti sospettare in un uomo così minuto, di ben ottantaquattro anni, una vitalità e una forza così dirompente e contagiosa. Camminerà avanti e indietro sul palco per più di due ore, mantenendo ben viva l’attenzione del pubblico, come un consumato attore; dopo un viaggio con i suoi collaboratori di ben 420 km, con partenza alle quindici dalla sua Genova.
Ci racconterà aneddoti, storie di vita vissuta, i suoi valori, le sue battaglie, facendoci ridere e commuovere. Don Gallo esordisce spiegando come rispose alla domanda del suo vescovo: “Ma Don Gallo, preghi? Riesci a trovare il tempo per farlo?” La sua risposta: ”Eminenza, certo che prego, prego tanto e ogni mattina, scendendo in canonica, prego cantando e canto pregando!” – “E canti i salmi?” – “No, eminenza, non è proprio un salmo, però è un canto per i martiri, per noi, per tutti, per il futuro, per la giustizia sociale…”. A questo punto, Don Gallo intona Bella Ciao, sventolando il suo fazzoletto tricolore dell’A.N.P.I. e facendola cantare a tutta la sala.
Quell’inno popolare, “Bella Ciao”, canzone-simbolo della Resistenza a cui Don Gallo partecipò in prima persona, poco più che diciassettenne, dopo esser stato educato al fascismo in marina militare. Dice: “Io, ho avuto la grande fortuna di conoscere la democrazia, l’ho vista nascere con la Resistenza e ora che sono un vecchio che sta per morire, non voglio vederla sparire!” Don Gallo è un fiume in piena, ricorda alla platea la frase-simbolo di Vittorio Arrigoni, reporter, scrittore e pacifista, attivista per i diritti umani e strenuo difensore della causa del popolo palestinese; “Restiamo umani”, queste due parole semplici, quasi banali, racchiudono un messaggio incredibilmente bello ed esplosivo, proprio perché le dimentichiamo troppo spesso e non è affatto facile né scontato restare umani sì, perché come asserisce Don Gallo, “Noi apparteniamo tutti a un grande ceppo ancestrale, la grande famiglia umana, chi parla di razze è un ignorante, i nostri avi nacquero in Africa, siamo noi i diversi! Esiste solo la grande famiglia umana: uomini e donne, eterosessuali, lesbiche, omosessuali e trans-gender e non c’è nessuno contro natura, solo varianti della natura! Perciò scriviamo queste due parole rivoluzionarie ovunque, su qualsiasi muro di tutti i paesi di ogni nazione: restiamo umani”.
Don Gallo ricorderà tutti i caduti della resistenza, i fratelli Cervi e le partigiane, 50.000 donne che contribuirono alla lotta di liberazione, versando un pesante tributo di sangue: 2.800 caddero e diciannove furono insignite della medaglia d’oro. E con le partigiane ricorda le donne in genere, le incita a lottare per la loro dignità che è infangata dalle tante Minetti e Ruby di turno e a conquistarsi una parità non ancora raggiunta al grido di: “Se non ora quando?”. Dice: “Le donne, le madri devono essere al centro di tutto quali creatrici di vita, esse sono il grembo della terra!”. I rapporti con le gerarchie ecclesiastiche sono sempre stati burrascosi ma Don Gallo pur ribadendo: “La chiesa è la mia casa”, ne combatte da sempre le prese di posizione più conservatrici (l’opposizione alle leggi sul divorzio, sull’ aborto, la campagna per boicottare il referendum sulla legge 40) e la incita a riprendere la strada del Concilio Vaticano II del 1964, quale cammino e occasione di apertura verso un autentico rinnovamento. Critica la chiesa come organizzazione verticistica di potere poiché non rispecchia gli insegnamenti di Gesù. “Non è la chiesa di Gesù quella che fa parte del 10% d’italiani che detengono il 60% del patrimonio immobiliare del paese! Dove sta la povertà? Sono venuto per servire e non per essere servito, questo è il “biglietto da visita” che mi ha lasciato Gesù dopo aver terminato il noviziato. Quando incontrate uno che dice che è cristiano, dal papa all’ultimo pretino, se non è al vostro servizio, non ha niente a che fare con Gesù.
Gesù è il salvatore di tutti e tutte, non fa distinzioni, non sarebbe lui altrimenti. Il sole è l’immagine di Dio e il sole illumina e scalda il viso di ogni essere umano. Gesù stava con gli ultimi, rispettava e accoglieva ogni diversità e ogni minoranza”. Don Gallo parla anche di migranti “Neghiamo di essere umani, quando non accogliamo i migranti o non facciamo nulla per loro; trenta milioni d’italiani sono stati migranti; la maggior parte di loro arriva perché ha fame.
Che cristiani siamo se non riusciamo a sfamarli e a dare loro un tetto? Certo che occorrono regole sull’immigrazione, ma serve ancor di più la solidarietà e consumismo ed egoismo ci hanno fiaccato tanto, basterebbe evitare gli sprechi, e ce n’è per tutti”. Sull’attualità politica, sociale ed economica del nostro paese e del mondo: “L’Italia è in ginocchio” e si rivolge ai tanti giovani presenti “Che paese vi offriamo? Non c’è lavoro, la scuola è allo sfascio, diminuiscono ricerca e cultura, dovete andare all’estero!”. Don Gallo auspica un anno di tregua per delle vere riforme e lancia un messaggio molto colorito all’amico Grillo “Non far lo stronzo!”. “Un mondo in cui ogni cinque secondi muoiono tre, quattro, fra uomini, donne o bambini per fame! E’ questo il pianeta di cui Dio ci ha chiesto di essere custodi?
Il nostro modello di sviluppo, il capitalismo, in cui il 20% degli abitanti del pianeta si pappa l’80% delle risorse, che società è? E’ una società di cui non siamo soci! E il capitalismo non è in crisi, perché la crisi la paghiamo noi cittadini, il neo-liberismo attuale prevede che l’uno per cento dei cittadini dell’occidente mantenga le proprie ricchezze e si arricchisca proporzionalmente all’impoverimento del restante 99%! Mi sa che questa sera, in questa sala noi rappresentiamo tutti quel 99% ! O c’è qualche ricco?”. E don Gallo ci spiega cosa sia la vera democrazia e la vera partecipazione che comincia dal rinsaldare i legami famigliari e affettivi, trovando il tempo per dedicarsi ad essi. Poi, uscendo da casa, ci si dovrebbe chiedere: “Che cosa posso fare per il mio condominio? E per il mio quartiere, per la mia città, cosa posso fare per la mia regione, la nazione, per il mondo intero? La solidarietà, questo è il punto centrale!
A proposito del suo essere additato da molti cattolici quale prete comunista, Don Gallo racconta un aneddoto molto divertente, ma che fa soprattutto riflettere. Inizia a leggere un documento: “…e bisogna inoltre esaminare seriamente le situazioni degli emarginati che il nostro sistema di vita ignora e perfino coltiva: anziani, disabili, tossicodipendenti, dimessi dalle carceri e dalle cosiddette cliniche psichiatriche, perché crescere ancora la folla dei nuovi poveri? Perché a un’emarginazione così clamorosa, risponde così poco la società attuale? Con gli ultimi, con gli emarginati, potremmo tutti recuperare un genere diverso di vita, demoliremo innanzitutto gli idoli che per un cristiano, se si ha un Dio solo, tutti gli altri son idoli. Idoli che ci siamo costruiti: denaro, potere, consumo, spreco, tendenza a vivere sopra delle nostre possibilità. Riscopriremo poi i valori del bene comune, della tolleranza, della solidarietà e della giustizia sociale”. “Una volta, mentre lo leggevo, fui interrotto da un sacerdote che gridò: “Basta, prete comunista!” e mi fece subito tenerezza e gli dissi: “Caro confratello, hai ragione! Scusa, mi sono dimenticato di dire il titolo e gli autori! (alla fine lo abbracciai). Titolo: “La chiesa italiana e le prospettive del paese” chi sono gli autori? Documento del consiglio permanente dei vescovi della Conferenza Episcopale Italiana!
Se nella chiesa, si ricercano le cause della povertà, si viene a volte criticati, ma è qui il vero nodo politico, non bastano le semplici denuncie, occorre trovare le ragioni e agire, avere una reazione!”. Un richiamo va anche al valore imprescindibile della pace, Gesù è il principe della pace, dice Don Gallo e ricorda L’enciclica “Pacem in terris” del 1963: “Chi dice di portare la democrazia con le armi è un pazzo!” Don Gallo, poi cita Don Milani “La politica è uscire tutti insieme dai problemi” e un durissimo articolo di Giorgio Bocca, pubblicato sull’Espresso nel 2003 dal titolo: “Il fascismo perenne in libera uscita”. Bocca usa parole di fuoco contro l’arroganza del potere e la decadenza morale in cui è precipitata la mala-politica italiana, in cui i ladri e i corruttori si vantano di essere tali e i cittadini onesti quasi si vergognano della loro virtù. E allora di fronte a tale situazione che fare? “Un grido di rivolta può venire solo dai giovani, ma tutti dobbiamo risvegliare le nostre coscienze, su la testa!” Termina l’incontro presentando quelle che ama definire le sue bussole di orientamento nella vita: “La prima, il vangelo di Gesù, la seconda, la Costituzione Repubblicana del 1947 e la terza, il vangelo laico di De André.” La costituzione italiana, nata dalla Resistenza al nazi-fascismo e frutto dell’Assemblea Costituente che mise insieme la matrice comunista, cattolica, socialista, liberale, repubblicana, del Partito d’Azione e anche monarchica, dando vita a un patto nazionale e ad una delle carte costituzionali più complete, ricche e belle di sempre.
Questa Costituzione così maltrattata, calpestata a volte proprio nei suoi articoli fondamentali. Vorremmo ricordare solo un articolo, il quarto, emblematico in tempo di crisi economica, politica e sociale; esso recita: “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” Oggi, leggendolo, vien quasi da sorridere, pare di ascoltare un innocente bimbo pronunciare frasi d’incredibile bellezza e purezza che si perdono e cadono nel vuoto di un orizzonte del tutto utopico. Ma come sostiene don Gallo, la Costituzione è e dovrebbe essere la bussola che ci indica la strada maestra, ogni italiano ne dovrebbe chiedere il rispetto e l’applicazione con l’intento di perseguire il volere dei nostri padri costituenti. Essi la scrissero poiché formasse la solida radice per la crescita di una società forte, libera e solidale che si evolvesse verso una piena democrazia; perché i suoi dettami si realizzassero concretamente e non restassero lettera morta.
Per ultima cosa, ci spiega come fece col suo cardinale: “Eminenza, io seguo un quinto vangelo, oltre i quattro canonici”. “Don Gallo, leggi i vangeli apocrifi?”. “No Eminenza, il mio quinto vangelo è musica, è poesia che ci fa danzare e volare, è una brezza non-violenta. Il mio vangelo è antifascista, con il termine fascismo inteso quale arroganza del potere e intransigenza; il mio vangelo è anticapitalista, dobbiamo trovare altri modelli di sviluppo; e mi consenta anche una spruzzatina di anarchia, nel senso di opporsi fermamente a qualsiasi sopruso; il mio vangelo è il bellissimo vangelo laico secondo De André!” Dopo questa esauriente spiegazione, Don Gallo leggerà la lettera collettiva che la sua comunità di San Benedetto al Porto di Genova, scrisse dopo la scomparsa di Faber, oggi giustamente ricordato e celebrato come più grande cantautore italiano di sempre. Una lettera commovente, un omaggio e un ringraziamento per la sua musica sempre dalla parte degli ultimi e degli esclusi, delle tante Bocca di Rosa, Geordie, Miché, Marinella presenti nella comunità di Don Gallo ed in ogni angolo della terra; dove forse, miserie, solitudini ed emarginazioni non cesseranno mai, ma sarà sempre presente la grandissima umanità di queste “Anime Salve”. Ringraziamo sentitamente tutto lo staff di Don Andrea Gallo e tutti i cittadini che hanno partecipato a questa intensa ed emozionante serata. Infine ringraziamo Don Andrea Gallo per esserne stato l’artefice e il protagonista principale e aver accettato la tessera di presidente onorario dell’A.N.P.I. Alta Valconca sezione IRIS VERSARI.
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