di BERNADETTA RANIERI
Tagesmutter in lingua tedesca significa, più o meno, “signora che accudisce a casa propria bambini”. Non gratis, ma dietro un compenso. Due-tre anni fa diventare Tagesmutter è stato il sogno per molte donne (mamme e non). Una buona occasione per “mettersi in proprio” e svolgere il lavoro tanto amato. Poi però sono arrivate le leggi, i regolamenti ecc. E quella che sembrava un’opportunità a “maglie larghe” di fatto si è ristretta moltissimo. E per molte donne quella visione si è infranta sugli scogli della realtà. Ma non del tutto, come dimostra questa storia. In questi giorni sono state rese pubbliche le graduatorie per gli asili nido e le scuole d’infanzia di tutti i comuni della provincia di Rimini. In particolare, a Rimini il numero delle domande presentate è stato quasi tre volte superiore a quello dei posti disponibili: su 1490 domande presentate, solo 570 sono state accolte. Quindi, “l’emergenza infanzia” resta e anche alta. Accanto alle scuole comunali ci sono tanti nidi e asili privati, ma non tutti possono permettersi di sostenere costi più elevati e magari a chilometri di distanza dalla propria zona di residenza. Inoltre, non sempre i genitori possono contare sulla presenza dei nonni nelle vesti di babysitter.
E allora come fare per cercare nuove strade per garantire adeguati servizi educativi e per permettere anche la conciliazione tra famiglia e lavoro, soprattutto alle mamme? Un’alternativa ai servizi comunali e ai nidi privati era stata prospettata un paio di anni fa con la promozione del servizio di “Tagesmutter – mamme di giorno”. Già nel 2010 a farsi portavoce di questa proposta era stata Giuliana Moretti, consigliere del Pdl, esperta in politiche educative e fondatrice dell’associazione Hannah Arendt e ancora oggi, nonostante Sindaco e Giunta diversi, porta avanti con fermezza l’idea di questo progetto educativo già sperimentato , come ci ha raccontato. “La tagesmutter è una mamma che oltre a prendersi cura dei propri figli ospita altri bambini e li accudisce in casa propria. E’ un servizio che permette alle famiglie di affidare i propri figli in modo stabile a donne che hanno seguito un percorso formativo teorico, pratico ed educativo. E’ una realtà già ampiamente sviluppata nel Nord Europa e che funziona molto bene nel Nord Italia e si sta espandendo un po’ ovunque. A Rimini sembrava essere decollata questa opportunità con l’avvio di un corso promosso dal Comune nel 2011 e che ha visto la partecipazione di 30 donne. Ma l’esito è stato modificato in “corso d’opera” perché la Regione Emilia Romagna, nella persona dell’assessore alle politiche sociali Teresa Marzocchi, ha stabilito l’obbligo del possesso almeno del diploma di scuola superiore (e del diploma di laurea in Educatore dal 2015) e, pertanto, il corso è stato trasformato in corso per “educatori domiciliari”. Quindi cavilli burocratici e legislativi hanno bloccato il ripetersi di questo tipo di formazione e hanno messo a dura prova le partecipanti nel trasformare la propria abitazione in un asilo.”
In linea di massima, il giudizio che le partecipanti hanno espresso al termine del percorso formativo è stato positivo, anche se per ora solo una di loro è riuscita a realizzare il servizio. Si chiama Diana Nisco, maestra in pensione . Che ha detto. “Dopo aver adeguato la mia casa a misura di bambino, dopo aver ottemperato alle norme di sicurezza ed essermi avvalsa della supervisione pedagogica della cooperativa sociale Il Labirinto di Pesaro – racconta Diana – all’inizio di febbraio sono riuscita a partire con il progetto di un piccolo gruppo educativo domiciliare, dandogli nome “Come a casa mia”. Accolgo massimo 4 bambini dai 12 ai 36 mesi, dalle 7.30 alle 13,30; mentre nel pomeriggio effettuo il servizio di baby-sitteraggio. Mi piacerebbe che anche le altre partecipanti al corso mettessero a frutto quello che abbiamo appreso, perché comunque il servizio è a costo zero per il Comune e per l’avvio del progetto i costi da sostenere sono abbastanza contenuti. In più, si aprirebbe una bella opportunità lavorativa e si aiuterebbero un po’ di famiglie lasciate fuori dalle graduatorie scolastiche. Inoltre, le direttive regionali emanate nel luglio 2012 hanno snellito di molto le pratiche burocratiche e gli adeguamenti della propria abitazione. Insomma, qualche segnale positivo lo si deve pur riconoscere.” Anche Francesca Zilli è una partecipante del corso e vorrebbe aprire un asilo domiciliare. “Il corso – ha detto – è stato bello e interessante, della durata di 250 ore teoriche e di 6 mesi di tirocinio presso nidi comunali. Sembrava andare tutto bene, quando verso la fine del corso, il Comune si è visto costretto a modificare la denominazione della figura uscente: da tagesmutter a educatrice domiciliare. Vedrò come muovermi e mi servirà sicuramente da esempio l’esperienza di Diana Nisco.” C’è da dire che nella nostra Regione il servizio è già attivo da tempo: nella zona della Valconca (Cattolica, Morciano di Romagna e Sant’Andrea in Besanigo) con la cooperativa sociale Il Maestrale; a Savignano sul Rubicone con la cooperativa Mano nella Mano, a Cesena con Anima Mundi e così via anche nelle altre province.
In conclusione. Il 2014 è stato designato dal Parlamento Europeo come l’anno della Conciliazione tra Vita Professionale e Vita Familiare, avente come uno degli obiettivi il promuovere politiche family friendly e la loro conseguente implementazione. La speranza è che le nuove normative regionali in materia di servizi per l’infanzia possano contribuire positivamente alla crescente richiesta di flessibilità e capillarità dei servizi educativi legati al mutamento del mondo del lavoro, alla promozione del lavoro femminile e alla creazione di una rete tra famiglie.
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