Nato a Palmanova del Friuli nel 1892, il dott. Gino Moro (nella foto di copertina in un ritratto negli anni ’50) arrivò a Riccione nel 1933, dove prestò servizio come Primario Chirurgo fino al 1963. Di lui si ricordano interventi chirurgici condotti a termine sotto i bombardamenti alleati, con le schegge delle bombe che arrivavano sin in sala operatoria. Per il suo impegno, il rigore e la risolutezza innumerevoli – scrive in una nota il Comune – furono gli attestati pubblici di stima e riconoscenza dei riccionesi, sia sotto forma di annunci fatti pubblicare sui giornali che di manifesti murali. Alla sua morte, avvenuta il 15 agosto del 1972, tutti gli infermieri dell’ospedale di Riccione vollero accompagnare la sua salma a spalla fin nel vecchio cimitero di Riccione, dove tuttora riposa. Alla breve cerimonia di intitolazione parteciperanno il Sindaco Massimo Pironi e le Autorità cittadine civili militari e religiose. Tutta la cittadinanza è invitata a partecipare. Con questa dedica, scrive l’amministrazione comunale, “intende onorare la memoria del dott. Gino Moro, primario chirurgo dell’Ospedale di Riccione dal 1933 al 1963, e unanimemente stimato e amato dalla cittadinanza riccionese per la sua straordinaria dedizione e grande umanità.”
Nella biografia a cura dell’arch. Augusto Bacchiani (genero del dott. Gino Moro) si legge. Nasce a Palmanova del Friuli il 5 settembre 1892 da Luigi, Colonnello medico, e Ida Lazzaroni. Frequenta le scuole elementari di piazza Galilei a Bologna, il Liceo classico al Collegio Militare di Roma, la Facoltà di medicina a Bologna. Nel 1916-17, durante la Grande Guerra, frequenta il Corso di medicina per studenti militari all’Università di Padova; ne esce con il grado di tenente medico. Viene inviato al fronte (Caporetto, Lavarone, Gradisca). Con l’intenso lavoro negli ospedali da campo si manifesta – per manualità, preparazione e intuito – il suo notevole talento di chirurgo. E’ tenente medico fino al 1919, quindi è all’Ospedale civile di Forlì, dove era primario il prof. Solieri, che, anni dopo, dovendo farsi operare, si recherà a Riccione dal suo ex aiuto. Il 28 dicembre 1924 vince il concorso come primario chirurgo del Civico Ospedale di Bertinoro. Nel 1933 passa all’ospedale di Riccione, dove rimarrà come primario chirurgo per 30 anni, rinunciando anche a offerte molto remunerative come direttore di cliniche private. Nel 1934 acquista la villa di via Tasso. Nel 1936 sposa Rina Amaducci, da cui avrà due figlie: Maria Teresa e Anna Maria. Ama intensamente il suo lavoro: studia sempre, frequenta convegni in Italia, Francia, Germania, Ungheria, assistendo direttamente a interventi chirurgici. Si dedica al lavoro con grande impegno e ne è ricambiato con numerosissimi attestati di ringraziamento: sui giornali, con manifesti, e lettere. In possesso delle figlie ne sono rimaste una sessantina, provenienti in genere dal Nord Italia e anche dall’estero: tutte mettono in evidenza le grandi capacità scientifiche e manuali, oltreché la sua dedizione e umanità verso i pazienti. Sono citati interventi di grande complessità che altri chirurghi non si erano sentiti di affrontare.
Fu molto intenso nell’anno 1944 il lavoro all’Ospedale di Riccione: l’ospedale si trovava sulla linea del combattimento ed era l’unico rimasto aperto nella zona. Le figlie testimoniano la dedizione le loro babbo e ricordano che raramente riuscivano a passare insieme una giornata di festa. Feste che in genere si trascorrevano a Bertinoro nella casa dei nonni materni. Ma anche qui, spesso veniva chiamato da Riccione, attraverso il vicino ospedale. A volte non riusciva neppure a entrare in casa: quando arrivava da Riccione a bordo della sua “Topolino” trovava un infermiere sulla porta dell’ospedale di Bertinoro che gli faceva segno di tornare indietro. Altre volte veniva raggiunto al telefono in piena notte: allora dava indicazioni su come predisporre la sala operatoria e partiva. Lascia il lavoro di primario chirurgo nel 1963, ma la sua figura rimane ancora oggi scritta nella memoria delle persone che lo hanno conosciuto. Nel 1964 è colpito da un ictus. Muore in seguito ad un malore, nel “suo” Ospedale di Riccione, il 15 agosto 1972.
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