di DANIELE BARTOLUCCI
C’erano una volta Malatesta e Montefeltro a contendersi il primato lungo il fiume. Poi con l’avvento dell’Unità d’Italia la storia ci ha consegnato per un secolo la “bassa” e “alta” Valmarecchia, divise da un confine che i cittadini hanno deciso di cancellare con il referendum del 2006 e dal 2009 il territorio è tornato sotto un’unica bandiera, quella dell’Emilia Romagna. Ma non ancora unito, almeno fino a primo gennaio del 2014, quando, salvo colpi di scena, partirà la nuova Unione dei Comuni che ricomprenderà tutti gli undici enti fino ad oggi divisi tra Comunità montane e vecchie Unioni.
AI NASTRI DI PARTENZA – Per la verità ai nastri di partenza saranno in dieci, visto che come scelto (con un altro referendum a inizio ottobre) Poggio Berni e Torriana daranno vita, in contemporanea, alla nascita della prima fusione di Comuni della Romagna, dopo che Savignano e San Mauro hanno scelto di No, in attesa che gli ammiccamenti tra Verucchio e San Leo favoriscano se non un muovo “matrimonio”, almeno un primo fidanzamento. Un doppio battesimo, insomma, per l’Unione a 10 e per Poggio Torriana (così si chiamerà infatti il nuovo Comune). Ma non sarà per tutti una festa: questa è pur sempre l’Italia dei “mille campanili” e decidere di buttarne giù dieci (o undici) in una volta sola è impresa ardua.
NUOVE REGOLE – Ci sono da stabilire, e lo stanno facendo i vari consigli comunali, le nuove regole dell’ente, come ad esempio la rappresentatività dei vari Comuni: perché se è vero che il nuovo Consiglio dovrebbe essere costituito da 22 consiglieri più un presidente, è anche vero che i vari Comuni potranno contare su “quote voto” diverse a seconda della grandezza, come è il caso di Santarcangelo che con 4 consiglieri (2 di maggioranza e 2 di minoranza) avrà ben 15 “quote voto” su un totale di 51 (34 di maggioranza e 17 di minoranza). Ma anche le funzioni associate rappresentano un rebus: la normativa regionale lascia infatti un po’ di spazio di manovra ai singoli Comuni, nello scegliere ad esempio di associarsi solo con alcuni e non con tutti. Ma questo comporta poi un calcolo complesso per il costo e le spese degli stessi, da suddividere poi tra chi ci sta. Ed è su questo piano che ora si sta discutendo nei Consigli comunali, dopo oltre due mesi di discussioni all’interno delle Commissioni. Nel nuovo statuto, insomma, dovranno essere inserite tutte queste cose, che per certi versi (si pensi all’Altavalmarecchia) rappresentano delle novità assolute. Così come di novità assoluta si parla per lo statuto del futuro Comune di Poggio Torriana: una volta che la Regione approverà la legge della fusione, scatteranno i due mesi finali per gli amministratori per redigere lo statuto e consegnarlo nelle mani del Commissario prefettizio che subentrerà alle due amministrazioni odierne (affiancato dai due sindaci, però) fino alle prossime elezioni. Già, quelle elezioni dove quasi tutti gli stessi Comuni (esclusi dalla competizione Novafeltria e Pennabilli che lo faranno nel 2016) dovranno rinnovare sindaci e consiglieri comunali. Anche per questo l’attuale dibattito e “gestazione” rappresenta un passaggio politico anche in vista di questa tornata elettorale.
LA CAMPAGNA ELETTORALE – Una tornata che si preannuncia già prima ancora che parta la campagna elettorale, un unicum nella storia della Valmarecchia: ben tre Comuni degli otto che predisporranno le urne, arriveranno all’appuntamento guidati da un Commissario. Santarcangelo, che ha visto cadere in Consiglio comunale il sindaco Mauro Morri; Casteldelci, che dopo l’arresto del sindaco Mario Fortini ha visto anche le dimissioni dei consiglieri comunali proprio in queste settimane; Poggio Torriana, che per scelta dei cittadini, dal 1 gennaio vivrà una transizione “prefettizia”. Insomma, ci sarà da “pedalare” per tutti, sia per chi deve recuperare credibilità sia per chi volesse approfittare della debolezza dell’avversario. Sarà una competizione serrata, perché disegnerà non solo il futuro dei singoli Comuni, ma anche la futura composizione dell’Unione a 10, che sarà, dovesse venire abolita la Provincia, l’organo decisionale più “pesante” della zona.
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