di MILENA ZICCHETTI
È il prodotto caseario tipico dell’Emilia Romagna, in particolare delle province di Rimini, Ravenna, Forlì-Cesena, Bologna e parte del territorio di Ferrara. Stiamo parlando dello ‘Squacquerone’, un formaggio fresco e cremoso a pasta molle che ‘squacquera’ appunto e cioè, come l’acqua, per la sua consistenza tende ad assumere la forma dell’oggetto in cui è contenuto. Da qui, il suo nome. Lo Squacquerone rappresenta la 35esima Denominazione di Origine Protetta dell’Emilia-Romagna e sembra non sia stato nemmeno così tanto facile ottenerla, a causa di forti contrasti da parte di aziende concorrenti.
Secondo il disciplinare di produzione approvato dalla UE, lo Squacquerone di Romagna DOP “non ha una forma specifica, proprio per le caratteristiche della pasta, cadente, senza nervo. La forma è quindi quella dell’involucro. Il peso varia fra 0,1 e 2 kg. La superficie è evidentemente umida, dal colore bianco madreperla”. L’ingrediente principale è il latte vaccino intero, ricavato dalle razze bovine allevate nell’area di interesse come la Frisona italiana, la Bruna Alpina e la Romagnola. A questo vengono innestati i fermenti lattici, assolutamente autoctoni, che conferiscono acidità e che costituiscono il segreto di questo prodotto. Quindi viene fatto coagulare con caglio animale e si lascia riposare, per poi passare il tutto alla ‘formatura’. Sempre secondo il disciplinare, lo Squacquerone di Romagna DOP si può presentare in diverse consistenze: a volte compatta, altre gelatinosa, oppure spalmabile, tutto in funzione della maturazione.
Ma il sapore? Quello è sempre uguale? Un dubbio amletico. Al Festival della Cucina Italiana, che si è tenuto al Parco della Galvanina i primi di settembre, ad attirare la mia attenzione è stato lo stand del ‘Molino Spadoni’, lo specialista delle farine. Se vi state chiedendo cosa c’entra, vi assicuro che c’entra eccome! Da qualche anno il gruppo ravennate ha infatti diversificato i suoi prodotti con l’apertura di Officine Gastronomiche Spadoni, un ambizioso progetto con sede a Imola che mira alla valorizzazione delle eccellenze locali, tra cui anche l’arte casearia.
Da qui l’idea di comparare lo Squacquerone di Romagna DOP de “I Formaggi Dialettali” delle Officine Gastronomiche Spadoni con lo Squacquerone di Romagna DOP del conosciutissimo Caseificio Pascoli di Savignano sul Rubicone, vincitore nel 2014 della medaglia di bronzo al concorso ‘Alma Caseus’ svoltosi alla Fiera Cibus di Parma. Un terzo posto più che soddisfacente arrivato tra l’altro dopo neanche due anni dal riconoscimento europeo e nonostante il panorama nazionale ricchissimo di formaggi.
Su entrambe le confezioni sono perfettamente indicati gli ingredienti base, quelli previsti dal disciplinare e che sono: latte pastorizzato, fermenti lattici, caglio e sale. E’ sottolineato l’utilizzo esclusivo di latte proveniente dalla zona d’origine, l’utilizzo esclusivo di fermenti autoctoni e l’assenza di conservanti. Ma veniamo ora alle differenze. La prima è visiva e interessa la scelta della confezione. Mentre le Officine Gastronomiche Spadoni scelgono una confezione in atmosfera protettiva e da diverse misure, il Caseificio Pascoli preferisce un involucro tipo carta per alimenti ai soli fini igienici, quindi riposta in una normale vaschetta non sigillata in plastica trasparente. Una differenza la si riscontra poi anche nella lettura dei valori nutrizionali medi (per 100gr di prodotto), naturalmente indicati per legge sulla confezione. Risulta subito evidente che lo Squacquerone delle Officine Gastronomiche Spadoni (Valore Energetico: 259Kcal – 1084Kj, Proteine: 12,9g, Grassi: 22,2g, Carboidrati: 1,9g) è molto più calorico e grasso rispetto a quello del Caseificio Pascoli (Valore Energetico: 213Kcal – 834 Kj, Proteine: 14g, Carboidrati: 1g, Grassi: 17g).
A questo punto non resta che aprire la confezione e passare ad una comparazione fisica, che appare subito enormemente diversa. Da una consistenza morbida, cremosa e di elevata spalmabilità dello Squacquerone del Caseificio Pascoli, che difficilmente si riesce a prendere con una forchetta, si passa ad una pasta sì cremosa, ma molto più compatta di quello delle Officine Gastronomiche Spadoni. Alcune differenze le ho riscontrate anche all’assaggio. Partendo dallo Squacquerone del Caseificio Pascoli, il gusto è molto più delicato e dolce, tipico del latte, rispetto al concorrente, dove l’acidità e il salato risultano invece più marcati. Punto in comune, una sottile nota erbacea, tipica di questo particolare formaggio, dalla produzione molto umile ma capace di conquistare anche i palati più raffinati, di oggi come di ieri. Dello Squacquerone se ne parlava addirittura già ai primi dell’800. Sono state trovate infatti delle lettere scritte dal Cardinale Bellisomi, allora Vescovo di Cesena, al suo Vicario in cui, a seguito di un lungo periodo di assenza dalla sua Diocesi, chiese l’invio di una provvista di Squacquerone. Spalmato sulla Piadina con l’aggiunta di rucola è come lo vuole la tradizione romagnola, anche se personalmente lo preferisco abbinato a dei buoni fichi caramellati che, come si dice, “sono la morte sua”. Voi invece, come lo preferite?
© RIPRODUZIONE RISERVATA