di LUCA RIGHETTI
La tagliola è arrivata nel tanto atteso Piano Industriale 2015-2016, presentato ufficialmente dal Consiglio di Amministrazione della Società qualche giorno fa. Un piano che, nelle linee tracciate, dovrebbe avere il compito di impostare il rilancio produttivo e migliorare i fondamentali di bilancio, con l’obiettivo di dare una risposta alla profonda crisi che sta colpendo l’intero sistema bancario, causata dal ristagno economico, dalla rigidità dell’impianto dei costi e dalle nuove esigenze regolamentari.
“Il Piano Industriale 2015-2016 – si legge in una nota del Gruppo – dà naturale prosecuzione alle attività realizzate nell’ultimo biennio e definisce per Carim i passi conclusivi di un percorso di risanamento per la costruzione di una Banca nuova e più efficiente, che oggi si propone al mercato perseguendo obiettivi di sviluppo commerciale e di eccellenza nel servizio alla clientela, definendo le strategie per la creazione di valore solido e sostenibile: rafforzamento patrimoniale e costante presidio della qualità del credito, aumento del livello di offerta alla clientela e miglioramento del modello distributivo, riordino territoriale ed efficientamento delle strutture”.
Diversi gli interventi messi in campo, con l’obiettivo dunque di favorire la concessione del credito a famiglie e piccole e medie imprese, sostenendo la patrimonializzazione e migliorando la qualità dei servizi offerti con potenziamento del wealth management ed introduzione di un servizio di consulenza ad elevato contenuto professionale, senza tralasciare lo sviluppo dei servizi digitali di banca multicanale che aiuteranno il consumatore nella gestione delle operazioni bancarie tradizionali.
La scure della spending review, come avviene spesso in regime di riassetto aziendale, anche in questo caso non si è fatta attendere. Il Piano Industriale approvato non è certo indolore. Sono stati messi in cantiere infatti una sessantina di esuberi e la chiusura di 11 filiali tra Abruzzo e Molise, nelle città di Pescara, Chieti, Teramo, Vasto, Campomarino, Campobasso, Sant’Elia a Pianisi, Mirabello Sannitico e Jelsi, agenzie – continua la nota stampa – che “presentano margini operativi non soddisfacenti e scarse potenzialità di crescita per la banca”.
A Rimini le persone interessate dai tagli sono meno di una ventina, in massima parte dirigenti. Dai piani alti della sede centrale di Piazza Ferrari viene comunque ribadito che si farà di tutto per avviare il dialogo con le organizzazioni sindacali, garantendo una via di uscita dall’organico il meno dolorosa possibile. Di certo c’è che il dimagrimento dell’istituto di credito riminese è veramente ingente, se si pensa che in poco tempo da 116 agenzie si è scesi a sole 86. Nelle due Regioni interessate dai tagli delle filiali, i malumori per gli esuberi annunciati non hanno tardato ad emergere. “Tutto ciò – si legge in una comunicazione dei sindacati – è scandaloso. Tale decisione rappresenta un danno economico e sociale per le lavoratrici e i lavoratori, le loro famiglie e per il territorio, oltre a costituire un’offesa inaudita alla clientela. Si esercitano continuamente forti pressioni commerciali sui dipendenti delle banche affinché, in nome del budget, questi ultimi acquisiscano nuova e sempre più numerosa clientela, per poi abbandonarla, come nel caso di Carim, al proprio destino”.
Dal canto suo il Consiglio di Amministrazione della banca tiene a precisare “di aver profuso ogni sforzo, negli ultimi due anni, per mantenere i livelli occupazionali contando sull’aumento della produttività-redditività pro capite e sulla ripresa dell’economia; oggi, in uno scenario di perdurante recessione, non essendosi realizzate tali condizioni, si rende necessaria l’attuazione di una diversa strategia”. Il CdA si aspetta che questi dolorosi provvedimenti possano ridare comunque nuova linfa allo sviluppo di Banca Carim nella certezza che l’istituto di credito “possa riaffermare la propria identità distribuendo valore agli azionisti e alla comunità”.