Alberto Drudi (al centro). Alla sua sinistra il direttore della Camera di commercio. Alla sua destra, Amerigo Varotti, segretario della Confcommercio
“Ripresa lenta. Cura shock contro crescita bassa e disoccupazione”. Lo afferma Alberto Drudi, presidente della Camera di commercio di Pesaro, commentando gli indicatori economici del terzo trimestre. Cala il numero di imprese registrate, mercato del lavoro ancora precario.
“Le difficoltà più pesanti sono ormai alle spalle – ha aggiunto Drudi –, ma ancora oggi non possiamo parlare di una ripresa stabile e con valori significativi”.
Nei primi nove mesi di quest’anno si sono iscritte al Registro delle Imprese 1.573 nuove attività (sono state 1.685 nello stesso periodo del 2016), mentre 1.640 risultano cessate (contro 1.578), con un saldo negativo di 67 unità (il saldo gennaio-settembre 2016 era stato di +107 unità). Considerando solo il terzo trimestre 2017, il saldo tra nuove imprese e quelle chiuse è stato positivo: +42. Alla fine di settembre, le imprese registrate nella nostra provincia erano 40.871; in termini relativi, il tasso di crescita è pari allo 0,10% a livello provinciale, contro lo 0,22% della media regionale e lo 0,30% di quella nazionale.
Quanto all’analisi dei settori, nel periodo luglio-settembre sono cresciute di 10 unità le imprese agricole (sono 5.566 in totale) e di 3 quelle del mobile (1.184); prosegue il trend negativo delle costruzioni, che perdono altre 20 aziende (totale a 5.729), mentre il commercio registra un’inversione di tendenza rispetto al trend positivo fatto registrare negli ultimi trimestri (-29 unità e stock a 9.215). Positivi i settori del terziario: +12 per alloggi e ristorazione (2.998), +8 per trasporto e magazzinaggio (1.233) e per attività immobiliari (2.584).
“Molte produzioni manifatturiere della nostra provincia devono fare i conti con la presenza di nuovi produttori mondiali, a cominciare ad esempio dai mobilieri russi – ha spiegato Amerigo Varotti, vicepresidente della camera di commercio -. Accanto a questo scenario, che è fatto anche di maggiore richieste di servizi tecnologici, la ripresa delle grandi economie mondiale porta i cittadini ad avere più soldi in tasca e a viaggiare più e meglio di quanto abbiano fatto in precedenza: tutto si traduce, anche per la nostra provincia, in un’esplosione nel settore dei servizi, a cominciare da quelli legati al turismo e alla cultura”. “Il manifatturiero resterà sempre il settore trainante dell’economia pesarese – ha concluso -, ma grazie a turismo e cultura possiamo pensare di avviare una ripresa più solida e duratura”.
Sempre secondo i dati di Movimprese, infine, tiene l’industria e perde l’artigianato, un po’ in tutti i settori (-44 unità, con uno stock di 11.187 imprese pari al 27,4% di tutto il tessuto imprenditoriale della provincia).
“Esaminando la dinamica di sviluppo del livello giuridico – ha fatto notare Drudi – crescono le società di capitali (+73 a quota 10.093): è un segnale positivo, perché significa che la nostra struttura imprenditoriale continua a rafforzarsi”.
Il presidente della camera di commercio ha parlato anche di occupazione: “Il tasso di disoccupazione della nostra provincia al 12,5% nel 2016 (era 11,6% nel 2015) è inaccettabile – ha detto Drudi – specie se paragonato a quello regionale salito l’anno scorso al 10,6% (dal 9,9%) e a quello nazionale, sceso all’11,7%. Significa che Pesaro Urbino ha bisogno, più di ogni altra provincia marchigiana, di una cura shock per invertire la rotta e, soprattutto, per dare ai giovani speranze di occupazione reali e stabili”.
Secondo i dati Excelsior, un’indagine previsionale sul mercato del lavoro e sulle necessità delle mille imprese del campione, nel periodo ottobre-dicembre sono previste 4.880 entrate, di cui 590 (12%) “non alle dipendenze” e 4.290 (88%) “alle dipendenze”: di queste ultime il 28% saranno contratti a tempo indeterminato, il 55% saranno a termine e il 17% assunzioni con contratto di apprendistato e altra tipologia. “Un contratto ha sempre un grande valore – ha osservato Drudi -, ma le incertezze sul futuro che avvertono ancora oggi gli imprenditori sono confermate e si riflettono sulla precarietà del rapporto di lavoro”.
Il 66,6% dei nuovi posti di lavoro sono previsti nelle piccole imprese (1-49 addetti), il 16,2% tra le medie (50-249 addetti) e il 17,2% per quelle oltre 250 addetti. I maggiori ingressi sono previsti nel settore dei servizi: 2.700 in totale, tra cui 800 entrate per alloggio e ristorazione, 570 nel commercio e 500 nei servizi alle persone. Nel manifatturiero sono previste 2.180 entrate, tra cui 470 nelle industrie meccaniche ed elettroniche, 330 in quelle metallurgiche, 320 nel mobile e 350 nelle costruzioni.
Sulla base del livello di istruzione, le entrate previste riguarderanno per il 9,4% i laureati (innanzitutto ingegneri), il 34,4% (1.680) i diplomati (soprattutto in amministrazione, finanza e marketing), il 33,4% i lavoratori con qualifica professionale e il 22,8% (1.110) i lavoratori senza nessuna formazione specifica. Rispetto alla classe di età, infine, sono previste entrate al 39% per i giovani fino a 29 anni d’età, al 32% oltre i 29 anni, mentre l’età diventa indifferente per il resto del campione di imprese che offrono lavoro.