Sala rossa gremita per il Tema della serata Le metamorfosi delle religioni nella contemporaneità, una lectio tenuta dal professor Marco Gallizioli , pesarese e docente presso l’Università di Venezia e l’intervento finale e provocatorio del teologo e biblista don Giorgio Giorgetti. L’iniziativa rientra nel ciclo di incontri Le metamorfosi contemporanee, a cura del giornalista Paolo Montanari e organizzate dall’associazione culturale Pegasus e dall’Assonautica di Pesaro e con il patrocinio dell’Arcidiocesi di Pesaro, Regione Marche assemblea legislativa, Provincia di Pesaro e Urbino, Università agli studi Carlo Bo di Urbino, Amat, Biblioteca Bobbato, Comune di Mombaroccio e Pro loco di Candelara. Marco Gallizioli ha subito evidenziato due grandi modalità del credere oggi: la fondamentalista e quella soggettivistica.” Per comprendere in che modo oggi si crede,é necessario arrestarsi e cercare di comprendere qual’è l’humus culturale e filosofico entro cui si sviluppano anche i discorsi religiosi . Che cosa percepisce di sé l’uomo contemporaneo occidentale? Per il professor Terrin vi sono due grandi espressioni del filosofo francese Lyotard, che sono capaci di condensare in maniera sorprendentemente efficace i termini di autopercezione, che anche noi dobbiamo assolutamente adoperare per far luce sul nostro percorso ancora in ombra. In primo luogo, “ognuno è rinviato a sè”. La modernità con la sua fede nella ragione, nell’indagine conoscitiva basata sul metodo scientifico, con la sua pretesa illuministica di squarciare le tenebre dell’ignoranza, con le sicurezze delle sue speculazioni di matrice economicistica, ha finito con l’erodere tutte le certezze, i miti fondanti, le identità dell’uomo occidentale. Ciò ha provocato l’abbandono del soggetto alla deriva di se stesso e stordendolo in un individualismo, che è anche narcisismo ed egocentrismo, su cui è fiorita un’ampia letteratura sia nell’ambito sociologico che in quello psicologico e filosofico. La seconda folgorante espressione che Terrin cattura a Lyotard, è “il sé è poca cosa”. L’individuo lasciato a se stesso sperimenta un profondo senso di impotenza, che consiste proprio nel non essere più capace di organizzare grandi significati, nel faticare a orientarsi grazie ad un sistema etico di riferimento, nel non riuscire a riconoscere il valore dell’alterità , sperimentando proprio quello smarrimento che il Minotauro di Durrematt vive. ”
Riprendiamo le due più grandi modalità di credere oggi: il fondamentalismo e il soggettivismo religioso. “Da un lato, ha proseguito Marco Gallizioli, vi è chi va alla ricerca di nuove e incrollabili certezze, guardando indietro e immergendosi nel passato. Cioè il credente oggi cerca di riscrivere un vocabolario minimo del suo credere, ricercando in modo ossessivo le radici del proprio mondo, ossia tuffandosi all’indietro per riemergere dal passato con il salvagente dei fondamenti. La modernità viene negata e l’esperienza di Dio, coincide con una riscoperta del letteralismo interpretativo delle scritture, con l’appiattimento sulla tradizione, sconfessando le provocazioni continue della contemporaneità nella sua proteiformica essenza. Il fondamentalismo viene strumentalizzato, strattonato e tirato in ballo per avallare visioni politiche e ideologiche non in quanto fenomeno autenticamente religioso, bensì in forza della suapotenzialità. Nel mondo globalizzato si è sviluppata un’anima fondamentalista che non coincide con i fondamentalismi religiosi, ma che si impianta e si sviluppa anche sul fusto delle grandi religioni, fra cui il Cristianesimo e l’Islam . Dall’altra parte il soggettivismo religioso, che è una modalità secondo la quale è necessario mettere a frutto la frammentarietà nella quale si vive, intesa come policroma rifrazione di una verità profonda e armonica di un Tutto in relazione, fino ad individuare quel filo rosso che aiuti il soggetto a recuperare il proprio essere frammento di una totalità. ”
Da un punto di vista antropologico l’intervento del professor Gallizioli ha spaziato fra gli autori e studiosi contemporanei più autorevoli. Partendo da Radcliffe-Brown, che lanciava una grande accusa al mondo delle religioni. “Tutte le società producono ideologie che sono in funzione del mantenimeto del gruppo sociale stesso- Se tale visione è intollerabile per un credente, è tuttavia altresì importante che ogni credente tenti di confrontarsi con essa, perché indubitabilmente contiene un’intuizione notevole. La religione è anche figlia di un compromesso politico, culturale e dunque tutte le religioni rappresentano una sorta di appropriazione indebita del reale quando tentano di dclinare nel tempo e nello spazio quell’esperienza di assoluto di cui dichiarano di farsi mediatrici. Allora se in parte tutto ciò è vero, tutti abbiamo in noi un quid fondamentalistico che ritiene di poter sbalzare fuori da sé la differenza,l’estraneità. Nella contemporaneità il problema della lettura del mondo si acutizza e si complica, generando un sentimento diffuso di ansietà, smarrimento, paura e tensione. Per un verso il mondo si complica e ci stana dalle nostre abituali sicurezze,destrutturando le ideologie culturali e religiose e dall’altro la frenesia che sottoponiamo le nostre biografie impedisce di aver tempo di pensare, producendo così un senso di smarrimento generale. Ignoranza come sottolinea Morin, che deriva da un’ottusa cecità della conoscenza, cioè di quell’atteggiamento di chiusura e auto-soluzione che impedisce alle scienze umane di interroegare il proprio tempo.
Allora che fare, si chiede Gallizioli. “Se si vuole invertire questa rovinosa deriva fondamentalistica della cultura e delle religioni, occorre produrre nuovo pensiero in grado di vestire il nostro tempo di idee interpretative nuove. Nel campo delle religioni è necessario che le teologie si aprano al rischio dell’eresia, tornando ad esplorare le zone di confine, per individuare nuovi possibili varchi affinché le religioni possano dialogare senza delegittimarsi vincendevolmente. Bisogna riprendere i fili interrotti delle ricerche di ad esempio, di Dupuis, Pannikar, Bruni. Oggi con papa Francesco vi è questo tentativo di apertura, di uscita della Chiesa, che deve coincidere anche con una nuova pagina teologica nella quale la questione del pluralismo religioso venga messa al centro del sistema. Dobbiamo riscoprirci eretici alle nostre convinzioni più superficiali, quelle dettate dalla paura e dal senso del rischio, per fondare ideali in cui la condivisione e la collaborazione siano i nuovi imperativi. Si tratta di estendere al mondo del sacro quella che, nella vita quotidiana, è esperienza di tutti. Crescere nell’esercizio dell’ascolto, consentendo all’altro di essere se stesso senza saltare a conclusioni frettolose, non significa dimenticare il proprium religioso. A rischio di sconfinare nell’utopia occorre rilevare che l’autentico obiettivo del dialogo interculturale e interreligioso dovrebbe essere quello di favorire una crescita personale, emotiva, culturale e religiosa all’interno del proprio mondo di riferimento, comprendendo che esiste una parte del proprio universo pienamente svelabile solo attraverso l’alterità.”
La religione dell’abbandono e della nudità dei significati.
Il professor Gallizioli, ha di nuovo ripreso il tema di una “sorta di nebbia fondamentalistica che avvolge il mondo religioso contemporaneo. Al di là di questa interpretazione, c’è ne un’altra metaforica, cioé di una religiosità della spoliazione, della decostruzione e del silenzio, ossia di una modalità di esperire il divino che si declina come deriva mistica e apofatica, nuda di parole, ritualità esibite e dogmatismo. Il mondo religioso contemporaneo sembra oscillare proprio fra due sponde linguistiche: tra il linguaggio stentoreo, assertivo,rivendicativo, chiaro e insindacabile di un fondamentalismo più o meno consapevole, ed un linguaggio più sommesso,intimo, intuitivo e sfumato. Allorasiamo ad un bivio: o liberarsi da una religiosità che serve a qualcosa, ad esempio a contenere le paure e le angosce. Oppure vivere in profondità la propria fede che conduce a prendere coscienza di quante volte si usa la religione per nascondere la propria paura della relazione e della sessualità.”
Sulla mancanza di nuove idee teologiche si è soffermato don Giorgio Giorgetti, teologo e biblista dell’Arcidiocesi di Pesaro.”Nella nostra regione le Marche, siamo fermi agli anni ’80, per un confronto serio con quelle poche voci che possono dare nuove interpretazioni della Bibbia e dei Vangeli. Lo stesso cardinale Martini, quando fu invitato in quel periodo dai vescovi marchigiani, riscontrò questa chiusura di pensiero. Oggi mi pongo questo interrogativo : è più importante per il sacerdote per la chiesa andare incontro ai giovani, ai trentenni, quarantenni fino a 60 anni, sentire le loro esigenze e dialogare fra loro, o difendersi con una cultura religiosa tradizionale e conservatrice?”
Paolo Montanari