Orfeo Grossi, fondatore di Virginia
di Gianmarco Galli
– Orfeo Grossi si è fatto da solo: “Grazie alla passione sfrenata per la moda”.
Siamo nei primi anni ‘60. Orfeo Grossi ha da poco aperto un magazzino di abbigliamento all’ingrosso in via Diaz (c’è ancora oggi sotto forma di merceria). Serve tutti i chioschi e i negozi estivi della nostra riviera, da Fano a Milano Marittima. Ricorda con orgoglio: “Vendevamo così tanto che ero sempre in Alt’Italia ad acquistare: costumi, pantaloncini, vestiti… Un giorno vado al maglificio calzificio torinese (tra i marchi di oggi spiccano Robe di Kappa, Superga), millecinquecento dipendenti. Fondato ai primi del ‘900, allora, come oggi, è uno dei gruppi più importanti d’Italia del tessile-abbigliamento.
Entro nell’ufficio del titolare, il dottor Vitale, un signore sui settant’anni che incuteva rispetto, per non dire timore.
Con un certo imbarazzo ed una certa forza, gli chiedo più merce: cinque o sei volte superiore alle mie possibilità economiche. Mi scruta e mi dice: ‘Caro Grossi, perché le dovrei far credito?’. Gli argomento di star tranquillo per almeno tre ragioni: maggioro i suoi capi del 30%, vendo solo a chi paga alla consegna e per finire gli garantisco che se non vendo, restituisco la merce.
Mi guarda. La risposta lo aveva sorpreso; mai nessuno gli aveva fatto tale ragionamento. Mi dice che sono il simbolo della nuova generazione che conserva i vecchi valori. Mi invita a pranzo in piazza San Carlo, nel cuore di Torino”.
Sono i travolgenti inizi di Orfeo Grossi, uno tra i più importanti imprenditori della storia di Riccione. Forse il maggiore per numeri di dipendenti: circa 150 nel massimo splendore. Un ragazzino che parte dal campetto sterrato di San Lorenzo e che finisce sotto le luci delle sfilate milanesi. Insomma, c’è di che essere fieri. Per sé e per la città.
La sua carriera inizia nel 1960. Apre un negozio all’ingrosso in via Diaz. Lo chiama Imar (acronimo di Ingrosso, merceria, abbigliamento, Riccione); c’è ancora oggi come merceria. L’iniziativa funziona. Insieme a due amici, Alver e Renzo, fondano un’azienda che produce pantaloncini corti solo nel periodo estivo; sede in via Siena, impiegava 30 dipendenti.
Grossi: “L’ingrosso cresce, la fabbrica va bene. Penso che producendo i costumi, i pareo e i capi estivi in proprio guadagno due volte: quando li vendo e quando li produco. Mi affranco dai fornitori”.
Siamo nel 1971, nasce Virginia, uno stabilimento produttivo di 3mila metri quadrati a Raibano, zona artigianale di Riccione.
“Un nome pulito, di una donna, di una sigaretta. Internazionale. All’inizio producevo capi semplici. Negli anni ‘70 ed ‘80 avevo circa 150 dipendenti. Alcuni hanno iniziato con me quarant’anni fa e lavorano tutt’ora. Sono come amici. Sono orgoglioso del fatto che non ne ho mai licenziato uno. L’essere stato dall’altra parte del banco come dipendente, mi ha aiutato a capirli. Non ho mai negato un permesso per qualsivoglia ragione: famiglia, salute”.
Virginia cresce e miete utili. La svolta successiva arriva nei primi anni ‘90, Grossi fa il salto di qualità con il prêt-à-porter. Assolda stilisti, sfila a Milano. Giorgio Armani gli consiglia qualche nome. Successivamente arriva Massimo Rebecchi, da Viareggio. Oggi, Virginia, col marchio Rebecchi, significa circa 140 dipendenti, 35 negozi monomarca in Italia. l’estero vale il 10 per cento del fatturato (Russia e Cina i principali mercati).
Sposato due volte (Maria Rosa e Rita), tre figli (Sandro, Silvio e Mirco), Grossi ha molte passioni: lo sci, il tennis, la bicicletta. Un giorno sì ed uno no macina 70 chilometri con i pedali. E’ stato tra i fondatori dello Sci Club Riccione.
Nonno carrettiere (il piccolo Orfeo lo accompagnava nel Conca con il mulo a caricare sabbia e ghiaia, ricorda con affetto), il babbo Silvio falegname, la madre, Teresa Semprini, contadina, a soli otto anni lo mandano a raccattare palline ed innaffiare i campi da tennis di Riccione, dove Benito Mussolini giocava. Successivamente fa il ragazzo di bottega, da Biagio il barbiere in viale Dante e da ‘E Nein’ (il soprannome), sempre barbiere, in viale Ceccarini. Gli sono rimasti scolpiti divertenti episodi di quelle esperienze. “Biagio mangiava solo sei uova al giorno. Due alla mattina, due a pranzo e altrettante a cena. Un giorno ne feci cadere due. Furono cavoli amari”.
Oggi, nonostante i tanti bernoccoli, ringrazia i genitori e i suoi maestri di lavoro.
A scuola d’inverno (ragioneria), in estate, come era consuetudine fino a pochi anni fa per i giovani riccioensi, lavora al Dancing Savioli, erano i primi anni ‘50. Riccione era al top e divideva la fama con Viareggio: “Noi avevamo il Savioli, loro la Bussola. Ci spartivamo la migliore clientela. Ho conosciuto Mina, Celentano, Modugno, Peppino di Capri, Sofia Loren e tanti altri”.
A diciassette anni è commesso presso l’ingrosso abbigliamento di Redo Petroni. Poi lavora come rappresentante di dolciumi per la Paganelli (cioccolato, torroni, dolciumi…) di Riccione; la ditta c’è ancora oggi.
“Orfeo – dice il signor Paganelli – sei un ragazzo che farà strada, perché fai il tuo mestiere con amore ed entusiasmo”.
A poco più di 20 anni decide di fare il primo importante investimento: aprire un magazzino all’ingrosso di merceria/abbigliamento. I genitori non gli danno una lira; devono finire di pagare i debiti fatti per la casa. Utilizza i suoi soldi.
“Il lavoro andava bene. Iniziai a correre. Passano gli anni ma la mia passione per il lavoro continuava”.
Non solo imprenditore ma anche figura pubblica. Orfeo Grossi ha ricoperto importanti incarichi a Riccione ed in provincia: presidente della Riccione Calcio (unica volta che la squadra giocò in serie C), presidente dello sci club, presidente di Assindustria Rimini (settore calzature/tessile/abbigliamento), consigliere della Fiera di Rimini e tutt’ora consigliere della Pala Riccione.
“Il mondo del lavoro è cambiato, la globalizzazione e tutto quello che ne deriva hanno penalizzato tante piccole aziende del manifatturiero e fatto nascerne delle nuove, soprattutto nel campo tecnologico e finanziario”.
Oltre a vestire i turisti, diversificando, Grossi è stato anche uno degli artefici della ristorazione del Riminese. Fu insieme a Walter Scarponi il fondatore del Trampolines (ristorante che ha fatto la storia di Riccione e non solo). Esce dopo una dozzina di anni.
Da solo, o con altri imprenditori, è anche nei settori dell’immobiliare, del turismo e della ristorazione.
Per Grossi la bellezza è espressione dell’intelligenza degli uomini. Trent’anni fa, si regala una delle case più belle di Riccione. Un’armonia di rigore, pulizia e luce. Alla sua tavola grande personaggi della società italiana. Ricorda per profondità ed umiltà il milanese Elio Fiorucci (ospite a cena) e Vittorio Tadei, il riccionese fondatore del Gruppo Teddy. Grossi fu tra i suoi primi fornitori.
Nella lunga chiacchierata si è più soffermato sui ricordi del nonno, dei genitori e delle stagioni estive come scuola di lavoro e di vita, che sui successi dei decenni del boom. Dal campetto di calcio sterrato di San Lorenzo alle sfilate milanesi, Grossi ha condotto e costruito la più grande azienda della storia di Riccione.