Tratto da lavoce.info
di Tito Boeri, professore di economia alla Bocconi
e Luigi Guiso, professore di Economia all’Einaudi Institute for Economics and Finance,
Fin dalla loro nascita le fondazioni bancarie avrebbero dovuto finanziare progetti di utilità sociale. La crisi in atto rende irrinunciabile questo ruolo a complemento delle misure decise dal governo. Dovrebbero dare garanzie per prestiti a famiglie e imprese in difficoltà.
Il ruolo disatteso e l’impegno necessario
Le fondazioni bancarie sono nate agli inizi degli anni Novanta con un ben preciso compito di pubblica utilità: riversare i proventi del patrimonio loro conferito nel finanziamento di iniziative socialmente utili nei territori di riferimento. Si trattava di obiettivi non profit di utilità sociale a favore delle comunità locali. La storia delle fondazioni in questi trent’anni è stata troppo spesso molto diversa. Troppo spesso, infatti, hanno messo le finalità sociali in secondo piano rispetto all’esercizio di un ruolo centrale nella governance delle banche conferitarie. Per questo, noi come altri, in diverse occasioni, abbiamo espresso dure critiche.
La pandemia Covid-19 offre alle fondazioni bancarie la grande opportunità di assolvere al loro compito primordiale. Il blocco delle attività economiche e la quarantena imposta a tutti hanno messo in ginocchio il nostro sistema produttivo, pressoché nella sua interezza. A differenza che nel 2008-2009 o nella crisi del debito sovrano c’è oggi il rischio di un impoverimento diffuso del ceto medio, con la cancellazione del patrimonio imprenditoriale di intere comunità locali. La chiusura repentina di oltre il 40 per cento delle attività produttive ha letteralmente azzerato il reddito di intere fasce di popolazione che non hanno accesso ai canali di supporto offerti dal nostro sistema di welfare. Le misure di distanziamento sociale e l’assenza della gente dalle strade ha reso impossibile o comunque molto più difficile l’aiuto sociale a quelle persone che la povertà costringeva a vivere per strada e a quelle che saranno ora costrette a riversarvisi. La pandemia ha messo a durissima prova il sistema sanitario e reso urgente il suo potenziamento. Sostegno al tessuto economico, intervento umanitario, investimento nella salute dei cittadini sono tipiche aree di azione delle fondazioni.
Oggi queste aree hanno bisogno di un aiuto straordinario, rapido, finanziariamente molto impegnativo. Lo stato italiano sta facendo uno sforzo notevole per gestire l’emergenza sanitaria e sociale, ma incontra sia limiti finanziari che di raggiungimento dei beneficiari attraverso i canali istituzionali.
Garanzie per la salvaguardia del tessuto socio-economico
Le fondazioni, grazie alla loro struttura decentrata, all’esperienza accumulata e alla snellezza amministrativa che le caratterizza, possono assolvere un ruolo cruciale. Oggi hanno un patrimonio ragguardevole di circa 40 miliardi. Può essere utilizzato a garanzia per contrarre direttamente prestiti sul mercato da destinare agli interventi indicati oppure come complemento alle garanzie offerte dallo stato per la concessione dei prestiti bancari. In questo modo, potrebbero concorrere a finanziare realisticamente fino a 120 miliardi di investimenti per contribuire al salvataggio del tessuto economico, sociale e sanitario del paese.
È fondamentale che, in quest’opera, le fondazioni trascendano i limiti territoriali che si sono date: solo 7 fondazioni bancarie su 88 sono localizzate nel Mezzogiorno, dove il disagio sociale è in questo momento più acuto. E il 75 per cento del loro patrimonio è concentrato in 18 fondazioni, tutte con sede nel Centro-Nord. L’impegno diretto e indiretto delle fondazioni nella tenuta del nostro tessuto sociale ed economico deve essere un impegno nazionale.
È un impegno che risponde pienamente alle finalità delle fondazioni. Lo sforzo finanziario che richiede conserva intatto il loro patrimonio. Ma imporrà loro di destinare parte dei futuri proventi al rimborso dei prestiti contratti direttamente o al pagamento di rate di prestiti bancari a imprese coperti dalla propria garanzia e non andati a buon fine.
Tutto questo, inevitabilmente, limiterà in parte le erogazioni future. Ma oggi c’è un’esigenza prioritaria: ogni singolo euro speso in questo momento per preservare il tessuto economico e sociale del paese vale molto di più di un euro erogato in circostanze normali. Il rischio da scongiurare è quello di trovarci presto di fronte a veri e propri cimiteri industriali. A quel punto, il compito di sostenere le comunità locali sarebbe vano.
Fin dalla loro nascita le fondazioni bancarie avrebbero dovuto finanziare progetti di utilità sociale. La crisi in atto rende irrinunciabile questo ruolo a complemento delle misure decise dal governo. Dovrebbero dare garanzie per prestiti a famiglie e imprese in difficoltà.
Il ruolo disatteso e l’impegno necessario
Le fondazioni bancarie sono nate agli inizi degli anni Novanta con un ben preciso compito di pubblica utilità: riversare i proventi del patrimonio loro conferito nel finanziamento di iniziative socialmente utili nei territori di riferimento. Si trattava di obiettivi non profit di utilità sociale a favore delle comunità locali. La storia delle fondazioni in questi trent’anni è stata troppo spesso molto diversa. Troppo spesso, infatti, hanno messo le finalità sociali in secondo piano rispetto all’esercizio di un ruolo centrale nella governance delle banche conferitarie. Per questo, noi come altri, in diverse occasioni, abbiamo espresso dure critiche.
La pandemia Covid-19 offre alle fondazioni bancarie la grande opportunità di assolvere al loro compito primordiale. Il blocco delle attività economiche e la quarantena imposta a tutti hanno messo in ginocchio il nostro sistema produttivo, pressoché nella sua interezza. A differenza che nel 2008-2009 o nella crisi del debito sovrano c’è oggi il rischio di un impoverimento diffuso del ceto medio, con la cancellazione del patrimonio imprenditoriale di intere comunità locali. La chiusura repentina di oltre il 40 per cento delle attività produttive ha letteralmente azzerato il reddito di intere fasce di popolazione che non hanno accesso ai canali di supporto offerti dal nostro sistema di welfare. Le misure di distanziamento sociale e l’assenza della gente dalle strade ha reso impossibile o comunque molto più difficile l’aiuto sociale a quelle persone che la povertà costringeva a vivere per strada e a quelle che saranno ora costrette a riversarvisi. La pandemia ha messo a durissima prova il sistema sanitario e reso urgente il suo potenziamento. Sostegno al tessuto economico, intervento umanitario, investimento nella salute dei cittadini sono tipiche aree di azione delle fondazioni.
Oggi queste aree hanno bisogno di un aiuto straordinario, rapido, finanziariamente molto impegnativo. Lo stato italiano sta facendo uno sforzo notevole per gestire l’emergenza sanitaria e sociale, ma incontra sia limiti finanziari che di raggiungimento dei beneficiari attraverso i canali istituzionali.
Garanzie per la salvaguardia del tessuto socio-economico
Le fondazioni, grazie alla loro struttura decentrata, all’esperienza accumulata e alla snellezza amministrativa che le caratterizza, possono assolvere un ruolo cruciale. Oggi hanno un patrimonio ragguardevole di circa 40 miliardi. Può essere utilizzato a garanzia per contrarre direttamente prestiti sul mercato da destinare agli interventi indicati oppure come complemento alle garanzie offerte dallo stato per la concessione dei prestiti bancari. In questo modo, potrebbero concorrere a finanziare realisticamente fino a 120 miliardi di investimenti per contribuire al salvataggio del tessuto economico, sociale e sanitario del paese.
È fondamentale che, in quest’opera, le fondazioni trascendano i limiti territoriali che si sono date: solo 7 fondazioni bancarie su 88 sono localizzate nel Mezzogiorno, dove il disagio sociale è in questo momento più acuto. E il 75 per cento del loro patrimonio è concentrato in 18 fondazioni, tutte con sede nel Centro-Nord. L’impegno diretto e indiretto delle fondazioni nella tenuta del nostro tessuto sociale ed economico deve essere un impegno nazionale.
È un impegno che risponde pienamente alle finalità delle fondazioni. Lo sforzo finanziario che richiede conserva intatto il loro patrimonio. Ma imporrà loro di destinare parte dei futuri proventi al rimborso dei prestiti contratti direttamente o al pagamento di rate di prestiti bancari a imprese coperti dalla propria garanzia e non andati a buon fine.
Tutto questo, inevitabilmente, limiterà in parte le erogazioni future. Ma oggi c’è un’esigenza prioritaria: ogni singolo euro speso in questo momento per preservare il tessuto economico e sociale del paese vale molto di più di un euro erogato in circostanze normali. Il rischio da scongiurare è quello di trovarci presto di fronte a veri e propri cimiteri industriali. A quel punto, il compito di sostenere le comunità locali sarebbe vano.