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Home Economia

Economia. Assegno unico per i figli: molti guadagnano, pochi perdono

Redazione di Redazione
2 Dicembre 2021
in Economia
Tempo di lettura : 6 minuti necessari
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Vignetta di Cecco

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Tratto dalavoce.info

 

DI DANIELE PACIFICO, Economista presso il Dipartimento Lavoro e Affari Sociali dell’OCSE

L’assegno unico rende più semplice e inclusivo il sistema di welfare. Il sostegno ai figli aumenterà per la maggior parte delle famiglie italiane, soprattutto per quelle oggi poco tutelate. E per i pochi che perdono, la misura si può ancora migliorare.

Cosa cambia con l’assegno unico e universale

L’assegno unico e universale (Auu) che entrerà in vigore a marzo 2022 rappresenta una piccola rivoluzione per il sistema di protezione italiano. L’obiettivo, ambizioso, è di razionalizzare il sistema di supporto alle famiglie con figli, finora caratterizzato da una molteplicità di interventi poco coerenti tra loro accumulatisi nel corso degli anni. Per esempio, le detrazioni Irpef per figli a carico decrescono al crescere del reddito imponibile individuale, ma, poiché non sono rimborsabili, non raggiungono i lavoratori incapienti, ovvero coloro che ne avrebbero maggiore necessità. Gli assegni al nucleo familiare (Anf) vanno anche agli incapienti, ma interessano principalmente le famiglie di dipendenti. Vengono quindi esclusi i disoccupati di lungo periodo e le famiglie di lavoratori autonomi. Il sistema attuale è inoltre poco generoso verso molte famiglie di lavoratori “atipici” (per esempio gli stagionali), in quanto sia gli Anf che le detrazioni Irpef sono pagati per i soli giorni effettivi di lavoro: danno dunque poco sostegno ai genitori con carriere discontinue o intermittenti.

Il nuovo assegno unico e universale sostituisce gli Anf, le detrazioni Irpef per figli a carico (sotto i 22 anni) e altre quattro misure (l’assegno per le famiglie numerose, il bonus bebè, il premio alla nascita, il fondo natalità per le garanzie sui prestiti). Rimane invece il bonus nido, mentre per i figli a carico sopra i 21 anni viene mantenuto il sistema di aiuti attuale (incluse le detrazioni Irpef per figli a carico).

La struttura del nuovo Auu è relativamente semplice: l’assegno è massimo per le famiglie con un basso Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) e decresce oltre una certa soglia Isee fino a un minimo corrisposto a tutte le famiglie, indipendentemente dal loro livello di reddito e patrimonio. Un sistema di maggiorazioni fornisce ulteriore sostegno a particolari tipologie familiari, come ad esempio quelle con più di due figli, con figli disabili o famiglie dove entrambi i genitori lavorano. Una tabella riassuntiva degli importi e delle maggiorazioni è disponibile in un recente articolo di Avvenire.

L’Auu ha una forte componente “universalistica”, dovuta non solo alla presenza di un importo minimo indipendente dalla situazione economica della famiglia, ma anche alla scelta di far iniziare la riduzione dell’importo massimo per valori molto alti rispetto alla retribuzione media lorda. Vedremo nel seguito come la componente universalistica potrebbe essere rimodulata per far fronte ad alcune possibili criticità del nuovo assegno (sullo stesso punto si veda anche il recente contributo di Francesco Figari e Carlo Florio).

I calcoli per famiglie tipo

Per provare a capire chi guadagna e chi perde con l’entrata in vigore del nuovo sistema a regime, abbiamo impiegato il modello Tax-Benefit dell’Ocse (TaxBen) per calcolare la variazione del reddito disponibile di alcune famiglie ipotetiche che riceveranno il nuovo assegno. Il vantaggio del calcolatore TaxBen è di tenere in considerazione le articolate relazioni tra tutte le componenti del sistema di fiscale e di welfare italiano per un insieme molto ampio di famiglie tipo. Ciò è fondamentale quando si analizza una riforma così complessa che modifica molte parti del sistema vigente.

Per iniziare, mostriamo i risultati per una coppia monoreddito con due figli di quattro e sei anni al variare della retribuzione dell’unico percettore (figura 1). Per semplicità, assumiamo che l’altro partner non riceva sussidi di tipo contributivo (come la Naspi), che la famiglia viva in affitto pagando un canone mensile pari a 550 euro (aspetto importante ai fini del calcolo dell’Isee), che non abbia alcun patrimonio mobiliare o immobiliare e che abbia accesso al reddito di cittadinanza qualora rispetti le condizioni di reddito e patrimonio previste dalla legge. Sulla base di queste ipotesi, il reddito disponibile della famiglia è dato dalla somma delle seguenti componenti di reddito (ove rilevanti): la retribuzione lorda del lavoratore (area grigia), l’assegno unico per i figli (area rossa) e il bonus dipendenti (area celeste). Per ottenere il reddito disponibile (linea nera), alla somma dei redditi percepiti bisogna sottrarre l’Irpef netta a debito (area blu scuro) e i contributi sociali pagati dal lavoratore (area viola).

I guadagni per la tipologia familiare mostrata in figura 1 sono generalizzati lungo la maggior parte dell’intervallo di reddito considerato: la linea nera (continua) del reddito disponibile con l’Auu è quasi sempre più alta della linea nera (tratteggiata) del reddito disponibile calcolata con la legislazione vigente. Le figure 2 e 3 generalizzano la figura 1 mostrando la differenza tra il reddito disponibile “pre” e “post” Auu per famiglie con 1, 2, 3 e 4 figli, con due percettori (figura 2) e con un solo percettore (figura 3). Come per la figura 1, i calcoli assumono che la famiglia viva in affitto e che non abbia nessun patrimonio.

Famiglie con due percettori

I risultati per le famiglie con due percettori sono stati calcolati ipotizzando che il secondo percettore abbia una retribuzione lorda pari a 22 mila euro l’anno. I risultati mostrano guadagni generalizzati per tutti i livelli di reddito nel caso di famiglie con uno o due minori (linee verde e celeste).

Anche per le famiglie con più di due figli (linee arancione e viola), la figura 2 mostra guadagni generalizzati e perdite solamente nei casi in cui il primo percettore abbia una retribuzione lorda inferiore a 13 mila euro (assumendo che la retribuzione dell’altro percettore rimanga costante a 22 mila euro/anno). La ragione della perdita è dovuta principalmente all’abrogazione dell’assegno per le famiglie con più di tre figli e della detrazione per le famiglie con quattro o più figli.

La figura 2 mostra inoltre il caso di una famiglia con due percettori e due figli appena maggiorenni (19 e 20 anni – linea verde). In questo caso, le perdite sono più cospicue, in quanto l’assegno unico per i ragazzi appena maggiorenni cala da 175 euro al mese a 85 euro al mese, rendendo quindi il sistema vigente più generoso per retribuzioni lorde del primo percettore inferiori a 23 mila euro.

I risultati per le famiglie monoreddito mostrano guadagni particolarmente rilevanti per retribuzioni lorde inferiori alla soglia di incapienza Irpef (ovvero per coloro che col sistema attuale non possono beneficiare delle detrazioni per figli a carico) e per retribuzioni lorde superiori ai 20-35 mila euro all’anno (a seconda del numero di figli). Per le famiglie monoreddito con uno o due minori (sopra i 12 mesi), i guadagni a regime sono pressoché generalizzati, con la sola eccezione delle famiglie con retribuzioni lorde comprese tra 14 mila e 20 mila (per le famiglie con un solo minore) e 17 mila e 22 mila (per le famiglie con due minori). La tabella 1 (parte sinistra) mostra ad esempio che per una coppia monoreddito con un minore e 18 mila euro di retribuzione lorda la perdita a regime (ovvero senza la clausola temporanea di salvaguardia) sarebbe di circa 760 euro a causa (principalmente) delle maggiori addizionali locali (i valori delle addizionali impiegate nei calcoli sono relative alla regione Lazio e al comune di Roma).

Per le famiglie monoreddito con più di due minori i guadagni a regime ci sarebbero solo per retribuzioni lorde superiori a 35 mila euro. Per esempio, come mostrato nella tabella 1 (parte destra), una famiglia monoreddito con una retribuzione lorda di 26 mila euro e quattro minori avrebbe una perdita di circa 1.500 euro causata della maggiore Irpef a debito (incluse le maggiori addizionali locali), il venir meno dell’assegno Inps alle famiglie con più di tre figli e della detrazione Irpef per famiglie numerose. Per una famiglia identica, ma con tre figli anziché quattro, la perdita sarebbe invece più contenuta (570 euro) e interamente dovuta alle maggiori addizionali locali.

L’assegno unico modernizza il nostro sistema di welfare rendendolo più semplice, trasparente e inclusivo. Il sostegno ai figli aumenterà per la maggior parte delle famiglie italiane, soprattutto per i genitori attualmente poco o per niente tutelati (autonomi, disoccupati di lungo periodo e lavoratori atipici).

Le problematiche riscontrate riguardano un numero di nuclei familiari molto limitato. Per esempio, i nuclei con più di due figli sono circa il 7 per cento del totale dei nuclei interessati alla riforma e solo una minima parte di loro perderà col passaggio al nuovo regime (allo scadere della clausola di salvaguardia). Inoltre, parte delle perdite potrebbero essere compensate in tutto o in parte dalla riforma dell’Irpef attualmente in discussione (la legge delega prevede per esempio il superamento delle addizionali locali).

Ciò, tuttavia, non esclude che l’attuale design dell’assegno unico possa essere migliorato in sede di conversione del decreto attuativo. Per esempio, si potrebbero includere due nuove maggiorazioni per i figli di età inferiore ai due anni e per i maggiorenni iscritti regolarmente a un corso di studi. Si potrebbero inoltre rimodulare le maggiorazioni per i nuclei con tre o più figli, evitando che i vantaggi siano concentrati maggiormente verso le famiglie “ricche”. Infine, si potrebbe modificare la maggiorazione per i genitori che lavorano, aumentandone l’importo e concentrando la maggior parte dei benefici verso i lavoratori con redditi da lavoro (non di Isee) sotto i 20 mila euro.

Il costo di queste modifiche potrebbe essere finanziato tutto o in parte nell’ambito della riforma stessa, per esempio rivedendo i valori Isee entro i quali avviene la riduzione progressiva dell’assegno (attualmente tra i 15 mila e 40 mila euro) e definendo una riduzione dell’assegno non più lineare, ma per segmenti con pendenza decrescente (simile a quanto già avviene per gli attuali assegni al nucleo familiare).

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