di Gianfranco Vanzini
Nei giorni scorsi, in momenti diversi, tre dei miei nipoti mi hanno telefonato festanti: “Nonno sono ammalato, ho preso il Covid” e io (forse qualcuno mi penserà incosciente), ho risposto: “Evviva finalmente sarai libero di riprendere gli allenamenti”.
Io non credo di essere impazzito, invecchiato senz’altro, ma ancora lucido. Questi ragazzi fra i 21 e 14 anni fanno sport, chi in bicicletta e chi a tennis.
Vediamo che cosa è successo dopo l’entrata in vigore delle norme sul green pass.
Il green pass è una certificazione che non significa niente dal punto di vista sanitario, perché non ti rende né protetto dal contagio né dalla possibilità per te di contagiare altri, è solo una “immagine digitale” che certifica che ti sei vaccinato, e per questo ti fa ottenere il green pass, che ti rende “libero” di fare quello che vuoi (sia di contagiare che di essere contagiato), mentre i tuoi amici, che magari hanno fatto un tampone alcune ore prima e quindi, sono certamente sani, devono stare a casa e non possono allenarsi.
In questa situazione assurda, a uno che non si fida del vaccino e non se la sente di farlo, con valide motivazioni e timori anche solo personali, (un amico di mio nipote ciclista pure lui, dopo un vaccino ha dovuto smettere di andare in bicicletta; a ciò possiamo aggiungere la non ultimazione scientifica della sperimentazione dei vaccini) non resta che sperare di prendere il Covid.
Che è quello che è successo ai miei nipoti con gran gaudio dei loro nonni preoccupati di vederli avviliti in casa.
Questa però non è una vita normale. Visto l’andamento della pandemia, cari deputati e senatori al momento della conversione del DL in Legge, pensateci e lasciare cadere norme assurde e punitive, come vietare la vita all’aperto ai nostri giovani.