Alfiero Gentilini (1930 – 1978)
Alfiero Gentilini, moriva il 14 luglio del 1978. Aveva 48 anni. Ieri, gli amici lo hanno ricordato in piazza della Repubblica, dove c’è il suo busto di bronzo a cera persa.
Lo chiamavi a notte fonda, alle due, tre, quattro, ed eri certo che Alfiero Gentilini arrivava in pigiama. Visitava l’ammalato, si tratteneva a fare quattro chiacchiere in dialetto a ricordare la Misano della sua infanzia e tornava a letto. Se arrivava in campagna, quando ancora le strade erano bianche, gradiva uova e il salame ben fatto. Alla romagnola. Spesso con la sua 500 accompagnava i pazienti all’ospedale Ceccarini di Riccione, o a Rimini, se erano bambini. Laurea in Pediatria a Parma nel 1963, è stato il medico condotto per antonomasia di Misano Adriatico negli anni ‘60 e ‘70; fino diventare un mito. Forse non c’è misanese sopra i 50 anni che non lo ricordi. Se gli eroi muoiono giovani, Gentilini ne ha seguito la sorte. Scompare prima del tempo a 48 anni; siamo nel 1978, il 14 luglio (giorno della Rivoluzione francese). Lascia la giovane e bellissima moglie, Nadia (le sorelle Gentilini erano una più bella delle altre) e due figli, Paolo e Romina.
Da anni, tra vecchi misanesi, si parlava di un libro che ne raccontasse la vita. Finalmente arriva. Lo ha curato Pietro Bisoni, un amico. Si intitola “Un medico d’altri tempi” (Silverbook, 96 pagine). Di grande formato, è impreziosito da decine di fotografie che oltre a saper raccontare Gentilini, affrescano la comunità misanese dagli anni Trenta fino a tutti i Settanta.
Professione albergatore, ristoratore, Siro, oltre ad essere uno degli amici del cuore, era il titolare del bar che frequentava assieme ad una combriccola di una quindicina di coetanei. Ogni tanto lo accompagnava nelle visite domiciliari notturne, lo ricorda così: “La professione non gli pesava, la svolgeva con gioia ad ogni ora ed era sempre disponibile… mai una lamentela. Per lui non vi era nessuna differenza tra ricco e povero. Bisognava solo curare. Aveva una mente veloce ed attenta, nel fare la diagnosi”.
Non solo medico amatissimo, Fiero (come lo chiamava la comunità), ma anche attento alla vita del suo paese. Il pensiero del sindaco Stefano Giannini: “Era un uomo che amava la compagnia e che, sebbene indaffarato a correre da tutti e a rispondere a tutti, trovava modo di avere genuini momenti di convivialità popolare. Era un uomo di passioni (politiche, sportive, sociali), ma mai divisivo e settario”.
Alfiero Gentilini, moriva il 14 luglio del 1978. Aveva 48 anni. Ieri, gli amici lo hanno ricordato in piazza della Repubblica, dove c’è il suo busto di bronzo a cera persa.
Lo chiamavi a notte fonda, alle due, tre, quattro, ed eri certo che Alfiero Gentilini arrivava in pigiama. Visitava l’ammalato, si tratteneva a fare quattro chiacchiere in dialetto a ricordare la Misano della sua infanzia e tornava a letto. Se arrivava in campagna, quando ancora le strade erano bianche, gradiva uova e il salame ben fatto. Alla romagnola. Spesso con la sua 500 accompagnava i pazienti all’ospedale Ceccarini di Riccione, o a Rimini, se erano bambini. Laurea in Pediatria a Parma nel 1963, è stato il medico condotto per antonomasia di Misano Adriatico negli anni ‘60 e ‘70; fino diventare un mito. Forse non c’è misanese sopra i 50 anni che non lo ricordi. Se gli eroi muoiono giovani, Gentilini ne ha seguito la sorte. Scompare prima del tempo a 48 anni; siamo nel 1978, il 14 luglio (giorno della Rivoluzione francese). Lascia la giovane e bellissima moglie, Nadia (le sorelle Gentilini erano una più bella delle altre) e due figli, Paolo e Romina.
Da anni, tra vecchi misanesi, si parlava di un libro che ne raccontasse la vita. Finalmente arriva. Lo ha curato Pietro Bisoni, un amico. Si intitola “Un medico d’altri tempi” (Silverbook, 96 pagine). Di grande formato, è impreziosito da decine di fotografie che oltre a saper raccontare Gentilini, affrescano la comunità misanese dagli anni Trenta fino a tutti i Settanta.
Professione albergatore, ristoratore, Siro, oltre ad essere uno degli amici del cuore, era il titolare del bar che frequentava assieme ad una combriccola di una quindicina di coetanei. Ogni tanto lo accompagnava nelle visite domiciliari notturne, lo ricorda così: “La professione non gli pesava, la svolgeva con gioia ad ogni ora ed era sempre disponibile… mai una lamentela. Per lui non vi era nessuna differenza tra ricco e povero. Bisognava solo curare. Aveva una mente veloce ed attenta, nel fare la diagnosi”.
Non solo medico amatissimo, Fiero (come lo chiamava la comunità), ma anche attento alla vita del suo paese. Il pensiero del sindaco Stefano Giannini: “Era un uomo che amava la compagnia e che, sebbene indaffarato a correre da tutti e a rispondere a tutti, trovava modo di avere genuini momenti di convivialità popolare. Era un uomo di passioni (politiche, sportive, sociali), ma mai divisivo e settario”.