Tratto da la voce.info
DI FILIPPO DEL GROSSO, senior researcher presso FEEM e consulente nel settore energetico
Nel 2022 le bollette elettriche in forte rialzo hanno comportato un onere per la crescita economica e i bilanci delle famiglie. La soluzione va cercata in una riforma del mercato elettrico che tenga conto anche degli obiettivi di decarbonizzazione.
Un problema sistemico
Un anno fa il cittadino medio aveva forse motivo per essere più ottimista: quasi archiviata la pandemia e le sue storture, le previsioni erano orientate a un graduale recupero e al rimbalzo della crescita economica. La guerra russo-ucraina di fine febbraio 2022, unitamente alle sanzioni che ne sono derivate, ha certamente sparigliato le carte, con gli esiti infausti sul settore energia che conosciamo.
L’attenzione del decisore politico si è subito concentrata sulle questioni di sicurezza degli approvvigionamenti, di formazione delle aspettative e del prezzo del gas, individuate come causa primaria dello stress sul settore energia. Con la propria limitata sovranità energetica, l’Italia è dovuta nuovamente passare per le maglie dei processi decisionali europei, con il parto travagliato di un massimale sul prezzo del gas, la cui efficacia è ancora tutta da dimostrare.
Negli scorsi mesi, però, i segnali di prezzo sul benchmark europeo del gas (Title Transfer Facility – Ttf), più che la reale carenza fisica, hanno esercitato i loro effetti sul sistema elettrico italiano, vincolato alla generazione termoelettrica: Arera riporta, per l’utenza domestica nel segmento di maggior tutela, un incremento di prezzo dell’energia elettrica pari a circa 120 per cento tra il terzo trimestre 2021 e il terzo trimestre 2022. Va rilevato che entrambe le misurazioni siano direttamente comparabili, in quanto non inclusive degli oneri di sistema, in conformità con il decreto Aiuti-bis.
Complice un inizio d’inverno particolarmente mite nel Nord Europa, al danno pare essersi aggiunta la beffa di un differenziale particolarmente marcato del prezzo elettrico spot italiano rispetto ai nostri vicini europei, col quale abbiamo convissuto per l’intero mese di dicembre (grafico).
Ciò non solo ripropone l’annosa questione della competitività del sistema elettrico italiano in termini di dipendenza dal gas, ma, a detta di chi scrive, sollecita due ulteriori considerazioni:
come migliorare il disegno di mercato e il meccanismo di formazione dei prezzi all’ingrosso sulla borsa elettrica italiana?
come trasmettere ai consumatori il vantato beneficio di costo al kilowattora delle rinnovabili (in primis solare ed eolico), ora incamerato in forma di rendita inframarginale dai soli produttori?
È certamente lodevole lavorare sulle cause delle nostre sofferenze (il prezzo del gas), ma è forse possibile operare direttamente sulla cinghia di trasmissione attraverso cui i prezzi si riflettono sull’economia e le tasche dei cittadini.
Il toro viene preso per le corna in una recente proposta di riforma del mercato elettrico italiano presentata da Confindustria. Il nuovo disegno di mercato si declina nel medio e nel lungo periodo, rispettivamente con una soluzione transitoria, il segmento Maver (“Mercato di acquisto e vendita di energia rinnovabile”), e una definitiva, la piattaforma Ppa (Power Purchase Agreement). Entrambe le soluzioni vertono su un approccio di medio-lungo termine dei profili di consumo, in modo simile agli attuali contratti bilaterali, ma veicolato da segnali di prezzo locazionali e basati sugli effettivi costi delle rinnovabili (Lcoe – Levelized Cost of Electricity), meccanismi di cap & floor, garanzie di controparte, graduale estensione alla maggior parte del parco di generazione rinnovabile. A complemento, un segmento Time Shift, per integrare le risorse di flessibilità, come batterie e idroelettrico, a copertura delle discrepanze tra domanda e offerta date dall’intermittenza delle rinnovabili.
Una proposta simile, di segmentazione in due diversi sotto-mercati – uno per le fonti di energia rinnovabili e intermittenti e uno per le fonti di energia programmabili – era stata avanzata anche da Ref Ricerche. Interessante anche l’alternativa di un green pool, ossia un segmento di mercato che preveda la partecipazione attiva dell’autorità o del Gestore di rete in qualità di aggregatore sia di domanda che di offerta in modo da poter includere la maggior parte degli impianti di energia rinnovabile intermittente.
Oggi, nel principale segmento del mercato a pronti italiano, il Mgp (“Mercato giorno prima”), il prezzo è fissato dall’incontro di domanda e offerta costruite su ordine di merito, individuando un livello di prezzo marginale che remunera, in ottica pay-as-clear, la generazione dispacciata. Questo comporta che, nella misura in cui un impianto termoelettrico di picco o di mid-merit fissi tale prezzo, le rinnovabili sono remunerate con la cosiddetta rendita inframarginale.
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Il grafico sotto, tratto da dati Gme, mostra l’Indice di tecnologia marginale per il 2022, ossia quale tecnologia marginale ha fissato il prezzo nelle diverse zone di mercato del sistema elettrico italiano.
Appare evidente, nella fissazione del prezzo marginale, la sproporzione degli impianti a ciclo combinato, stabilmente sopra il 50 per cento delle ore (con punte del 60 per cento) in tutte le zone di mercato considerate, pur con un contributo del gas naturale alla generazione complessiva pari a circa 42 per cento e che si prevede in sostanziale diminuzione negli anni a venire.
Va poi sottolineato come nel 2022 il Prezzo unico nazionale, sulla scia dei prezzi del gas naturale, abbia raggiunto una media ponderata superiore a 300 €/MWh, che possiamo confrontare per magnitudine alle Tariffe di riferimento sugli incentivi FER1 pubblicate da Gse. Appare netta la perdita di benessere per il consumatore finale, causata da un algoritmo di mercato pensato per altri tempi, che non consente di trasferire i reali benefici economici delle rinnovabili.
Il mercato elettrico del futuro dovrà essere ripensato alla luce dei repentini cambiamenti indotti da una serie di fattori: i) obiettivi sempre più stringenti di decarbonizzazione; ii) rapida introduzione di capacità rinnovabile intermittente e graduale dismissione di impianti termici ad alto impatto emissivo; iii) nuovi paradigmi di approccio all’energia, come la generazione distribuita e i prosumer, le comunità energetiche rinnovabili; iv) disponibilità di nuove tecnologie per garantire flessibilità, come le batterie e il demand-side response (Dsr); introduzione di soluzioni di sector coupling, unite a vettori energetici innovativi (idrogeno, ammoniaca, gas di sintesi).
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