I duemila anni del Ponte di Tiberio: studiato per arginare la forza della corrente del Marecchia; novità emerse dagli scavi.
Non è solo un gioiello architettonico, capace di resistere al tempo mantenendo intatta la sua funzionalità e la sua bellezza. E’ stato anche un esempio della capacità di ingegneria idraulica dei Romani, avveniristica tanto da essere attuale nella concezione anche duemila anni dopo la realizzazione. Nella configurazione originale il ponte era stato costruito con apposite soluzioni progettuali in grado di assecondare la corrente del fiume, agevolare il deflusso delle acque e ridurre la pressione. In pratica cercando di rispondere a quelle esigenze che oggi, con le conseguenze che il cambiamento climatico ha sui territori e su come l’uomo riesce ad adattarsi ad essi, sono un’urgenza.
Queste ed altre indicazioni sono emerse in occasione degli scavi condotti nel 2022 dalla Soprintendenza nel settore corrispondente alla spalla orientale del Ponte di Tiberio, nel tratto tra l’intersezione di corso d’Augusto e via Circonvallazione occidentale, sul quale archeologici della Soprintendenza e studiosi stanno tuttora continuando a fare approfondimenti, come recentemente raccontato dall’archeologo Cristian Tassinari insieme alla dottoressa Annalisa Pozzi della Soprintendenza in occasione di una conferenza dell’ultima edizione del Festival del mondo antico.
Grazie a gli scavi del 2022 – realizzati in occasione di alcuni interventi di riqualificazione urbana e viaria dell’area – è stato possibile aprire nuove piccole finestre sul passato, capaci di restituire l’immagine originaria del monumento e illustrarne il complesso sviluppo storico. Si sapeva già che il fiume Ariminus era a carattere torrentizio con una grande portata d’acqua che scorreva in maniera piuttosto violenta, per cui il ponte di Tiberio era stato costruito con i piloni orientati in obliquo per assecondare la corrente del fiume e gli speroni frangiflutti sul lato monte per “spezzare” la forza dell’impatto sui piloni. Ciò che invece è emerso recentemente in occasione delle indagini è, che oltre alle arcate del ponte, nel muro delle rampe di accesso al ponte individuate durante gli scavi era presente un altro arco più piccolo, il cui scopo era proprio far passare l’acqua del fiume senza opporre la resistenza del muro, quindi alleggerendo ulteriormente la pressione. Considerata la lunghezza del ponte più la lunghezza delle rampe lato città e lato borgo il ponte acquisirebbe dimensioni importanti che ne confermano il primato.
La storia del ponte, le sue origini, i dettagli sulla sua architettura, l’apparato figurativo e il suo ruolo nei secoli sono contenuti nel volume “Il ponte perfetto. 2000 anni di storia del ponte di Augusto e Tiberio”, a cura di Angela Montemaggi, Orietta Piolanti e Francesca Minak, realizzato da Comune di Rimini, Musei Comunali e con la collaborazione della Soprintendenza archeologica belle arti e paesaggio.
“Il ponte di Tiberio non è solo elemento identitario della nostra città attraverso i secoli, ma si rivela essere un monumento ancora sorprendentemente attuale, che parla e insegna al mondo di oggi – sottolinea il sindaco di Rimini Jamil Sadegholvaad – Un’eredità della storia preziosa che abbiamo il dovere di non dare per scontata e che dobbiamo custodire, continuando in quel percorso di tutela e valorizzazione avviato con la pedonalizzazione, che ci ha permesso di ‘liberare’ il ponte dal peso del traffico restituendolo ai cittadini. Oggi proseguiamo con i prossimi interventi per il potenziamento e il miglioramento dell’illuminazione del complesso monumentale, che permetteranno di esaltarne ancor di più l’indiscutibile bellezza”.