Trato da lavoce.info
DI MARINA DE ANGELIS, È post-doc presso l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP) e membro del Laboratorio “Minerva” su disuguaglianze e diversità di genere della Sapienza Università di Roma
E MARCO MARUCCI,ricercatore presso INAPP – Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche
Spesso le misure contro la povertà non riescono a raggiungere le persone che più ne avrebbero bisogno, a causa di situazioni di grave emarginazione. Campagne informative e attività di sensibilizzazione rivolte ai beneficiari possono aiutare.
I dati del dell’indagine Inapp-Plus
Le misure di sostegno al reddito in Italia sono sempre sotto i riflettori, spesso soggette a critiche poco costruttive che non hanno un fondamento scientifico. Allo stesso tempo, tante valutazioni tentano di orientare i decisori politici verso un miglioramento della loro efficacia. Un tema fondamentale resta quello del corretto raggiungimento del target di beneficiari (take-up) che spesso, a causa di asimmetrie informative, resta escluso dai servizi di cui avrebbe diritto, come dimostrano i dati della recente indagine Inapp-Plus.
Secondo l’Osservatorio Inps sul reddito e la pensione di cittadinanza, nei primi due mesi del 2023 c’è stato un netto calo delle domande di sostegno al reddito rispetto agli stessi mesi del 2022. L’andamento è il frutto di una serie di ragioni: la mancata presentazione della Dsu aggiornata (Dichiarazione sostitutiva unica); la ripresa del mercato del lavoro, che ha segnato una crescita del numero degli occupati; l’aumento dei controlli e quindi delle domande rifiutate e la diffusione mediatica delle strette previste dalla nuova misura di inclusione attiva (Mia). I dati sono probabilmente parziali e verranno aggiornati nei prossimi mesi, ma sicuramente si registra una diminuzione importante nelle nuove richieste, soprattutto per i nuclei composti da una sola persona che rappresentano ancora larga parte dei beneficiari (il 46 per cento del totale percettori a febbraio 2023). I motivi però potrebbero essere legati anche alla presenza di asimmetrie informative che portano una larga parte di potenziali beneficiari, proprio i più marginali, a non chiedere il sostegno per mancata conoscenza della misura stessa, dei requisiti necessari e dei canali di accesso. Paradossalmente, come dimostrato dalla nostra analisi, a subire le asimmetrie informative, sono spesso le categorie più vulnerabili della popolazione.
Grazie all’indagine Inapp-Plus è stato possibile indagare sul grado di conoscenza di misure di sostegno al reddito. Dalle analisi risulta che solo il 59 per cento della popolazione dichiara di sapere cosa sia una misura di sostegno al reddito, il 63 per cento risponde che lo stato italiano ne è dotato, il 14 per cento dice che non esiste una tale misura in Italia e il 23 per cento afferma di non saperlo. Dunque, nonostante l’interesse mediatico sul Reddito di cittadinanza, il 37 per cento della popolazione ne ignora l’esistenza e la maggior parte delle persone scarsamente informate corrisponde a quelle più esposte al rischio di povertà e distanti dal mercato del lavoro (in particolare per inattivi che non hanno mai lavorato, vedi figura 1). Quasi a indicare, come già discusso dalla letteratura, che l’esclusione dal mercato del lavoro possa generare anche un’emarginazione sistematica dai circuiti sociali. Se ci si concentra solo sugli inattivi che non hanno mai lavorato, emerge infatti che il 49 per cento di loro risulta essere vulnerabile economicamente in quanto non in grado di affrontare spese impreviste superiori ai 300 euro (contro una media del 34 per cento). Si tratta dunque, presumibilmente, di persone che non possono permettersi la loro condizione di inattività, ma si sono in qualche modo arresi e hanno smesso di cercare lavoro, come anche di informarsi sulle misure di sostegno a loro rivolte.
Anche l’Indagine Inapp sui beneficiari del Rei, rivolta a un target eleggibile per una misura di sostegno al reddito, conferma la presenza di asimmetrie informative. Alla domanda se avessero presentato domanda, il 30 per cento dei non beneficiari del Rei, che erano comunque eleggibili e dunque poveri, dichiara che non ne era a conoscenza. Per il Rdc la quota è di circa il 6 per cento.
In letteratura è stato spesso sostenuta l’importanza del tema della conoscenza delle politiche sociali, osservando come la mancata informazione risulti essere una delle ragioni principali degli scarsi livelli di take-up delle politiche. Altre analisi hanno già evidenziato un’asimmetria informativa rispetto alla conoscenza del Rei che penalizzava proprio le persone che risultavano più esposte al rischio di povertà.
Approfondendo tale ipotesi abbiamo anche cercato di capire se ci fosse una mancata informazione sullo strumento dell’Isee. Dai dati risulta che il 20 per cento della popolazione non sa cosa sia l’Indicatore, senza grandi differenze a livello di macroaree regionali. Come risulta dalla classificazione proposta (figura 2) nella categoria riferibile alla povertà estrema (chi non può far fronte a “nessuna spesa” con risorse proprie) la frequenza di persone che non conoscono l’Isee è relativamente alta (il 33,3 per cento) rispetto alle altre classi. Di contro, classi più agiate, che possono affrontare spese impreviste oltre i 2 mila euro, hanno valori alti di conoscenza dello strumento, anche se non viene calcolato per probabile ineleggibilità o mancata necessità di prestazioni sociali.
Abbiamo poi analizzato la conoscenza dell’Isee per condizione occupazionale: gli inattivi rappresentano circa il 50 per cento di chi non conosce l’Indicatore (figura 3). E coloro che dichiarano di non essere disponibili a lavorare corrispondono al 22,9 per cento del totale delle persone che non sono a conoscenza dell’Isee. Se si escludono quelli che possiamo considerare più “agiati”, esiste un gruppo di circa 1,8 milioni di persone probabilmente “scoraggiate” che non hanno nozioni basilari sullo strumento principale di accesso ai servizi sociali. Pensiamo che questa platea costituisca un bacino di indagine interessante per capire se rappresenti davvero una tipologia di emarginazione sociale, intendendo con tale definizione un misto di disagio economico ed esclusione sociale tale da non permettere l’avere accesso ai servizi di sostegno non per ineleggibilità, ma per auto-esclusione.
In conclusione, anche considerando il notevole incremento del tasso di take-up che si è registrato nel passaggio dal Rei al Rdc (da circa il 40 per cento a circa il 75), alla luce dei dati, tra i poveri esiste probabilmente una fascia in grave emarginazione e poco o male informata. Crediamo quindi sia necessario sostenere campagne informative mirate, oltre ad attività per sensibilizzare la popolazione beneficiaria: ciò significa lavorare con gli attori del territorio, che sanno dove si trovano i più vulnerabili, perché le politiche loro destinate possano raggiungerli, visto che, spesso, non le conoscono o non sono in grado di rivolgersi a chi potrebbe aiutarli a far domanda. Migliorando il raggiungimento del target, queste attività renderebbero più efficaci gli investimenti cospicui per il contrasto alla povertà avviati in Italia.
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